A me bastava anche solo lontanamente sentire in un imputato l’odore della vittima perché subito mi prendesse la frenesia oratoria. E che frenesia! Una tempesta! Diventavo un mattatore del foro, ma con il cuore in mano. Era davvero come se la giustizia venisse a letto con me tutte le sere. Sono sicuro che lei avrebbe apprezzato l’esattezza del tono, l’impeccabile misura della mia emozione, la persuasività e il calore, l’indignazione trattenuta delle mie arringhe.

Albert Camus

Il causidico per antonomasia: l’inconfondibile Azzeccagarbugli

Nell’opinione comune alla categoria degli avvocati e in generale degli uomini di legge appartengono anche professionisti di scarso valore o traffichini, noti con diverse denominazioni.

Il causidico, dal latino causidĭcus  (composto di causa ‘causa’ e il tema di dicĕre), nell’antichità classica e nel medioevo era chi agiva in giudizio in rappresentanza della parte, distinto dall’avvocato (a cui spettava di trattare il punto giuridico della questione); nel tempo è passato a indicare in senso scherzoso o ironico un avvocato di scarsa abilità e di poco valore. Nei primi secoli di lingua se ne trova solo un’attestazione (cfr. TLIO s.v.), nel fiorentino Libro del difenditore della pace del 1363:

E ora per la corruzzione del ghovernamento delle chiese, la magior parte de' preti e vescovi nella santa scrittura savi sono poco, e sse ddire sia lodevole, sono non sufficienti, però che 'l tenporale de' benifici che sseghono alli ufici anbiciosi, quvitosi, e chausedicies  (cioè avoghadi) ottinere volglono e ottenghono per servigi, preghiere o pregio, o ssequlare possanza.

Anche la letteratura è foriera di ritratti di causidici e più generalmente di caricature dell’uomo di legge: è diventata senza dubbio paradigmatica la «felicissima rappresentazione» dell’Azzeccagarbugli manzoniano che diventerà poi per antonomasia l’avvocato da strapazzo (Tesi 2005: 44-45). Il soprannome azzeccagarbugli (composto di azzeccare e il plurale di garbuglio) si documenta dal 1865 (sulla rivista «La Perseveranza» secondo il DELIN, sulla base di Masini 1977: 126); il termine era probabilmente corrente nel fiorentino cinquecentesco: è attestato in una lettera diretta a Machiavelli del 1510 (nelle Delegazioni) e da lì Manzoni, grande conoscitore ed estimatore di Machiavelli, avrebbe tratto spunto per il soprannome del suo personaggio che nella prima stesura compariva con altro nome, il dottor Pettola. Il termine è registrato anche nel Dizionario milanese di Francesco Cherubini (Milano 1843), zaccagarbùj ‘scioglitore di nodi’, che Manzoni avrebbe quindi italianizzato, anche se sembra più plausibile l’ipotesi del prelievo machiavelliano.

L’episodio, ben noto, si trova nel terzo capitolo dei Promessi Sposi: il personaggio dell’avvocato causidico è un ritratto feroce della cultura giuridica forense. Lo stanzone che viene descritto è un caso di quel realismo di ambiente che un celebre capitolo di Mimesis di Auerbach (2000) esemplifica mirabilmente con alcune pagine di Balzac, «metafora di una cultura decrepita che preferisce all’inquietudine del pensiero il sostegno incondizionato delle ragioni del più forte». Così Manzoni presenta lo stanzone dell’avvocato:

Era questo uno stanzone, su tre pareti del quale eran distribuiti i ritratti de’ dodici Cesari; la quarta, coperta da un grande scaffale di libri vecchi e polverosi: nel mezzo, una tavola gremita d’allegazioni, di suppliche, di libelli, di gride, con tre o quattro seggiole all’intorno, e da una parte un seggiolone a braccioli, con una spalliera alta ...

Caricaturale è anche la descrizione di Azzeccagarbugli che si presenta in veste da camera, con una toga consunta, «che gli aveva servito, molt’anni addietro, per perorare, ne’ giorni d’apparato, quando andava a Milano, per qualche causa d’importanza», e che a Renzo confessa senza mezzi termini:

Se non avete fede in me, non facciam niente. Chi dice le bugie al dottore, vedete figliuolo, è uno sciocco che dirà la verità al giudice. … Se volete ch’io v’aiuti, bisogna dirmi tutto, dall’a fino alla zeta, col cuore in mano, come al confessore. …  perché, vedete, a saper ben maneggiare le gride, nessuno è reo, e nessuno è innocente.

Così come è sempre l’avvocato a liquidare Renzo indietreggiando al solo nome di quel prepotente di don Rodrigo con un pilatesco ‘me ne lavo le mani’:

«Andate, vi dico: che volete ch’io faccia de’ vostri giuramenti? Io non c’entro: me ne lavo le mani.» E se le andava stropicciando, come se le lavasse davvero. «Imparate a parlare: non si viene a sorprender così un galantuomo.»

Legulei e legisti

Un termine usato per indicare l’uomo di legge cavilloso e sofistico è leguleio, che si diffonde soprattutto a partire dal Seicento (cfr. Lubello, 2017: 219-27). Si tratta di una voce dotta (dal latino, già di Quintiliano, leguleius, un derivato di lex) che indica in senso e con tono spregiativo un avvocato, un uomo di legge pedante o cavilloso o talvolta anche di scarsa capacità professionale. Stando ai dati riportati dal GDLI (s.v.), la prima attestazione è quella nel Divorzio Celeste di Ferrante Pallavicino (ante 1644) già nel significato dispregiativo di ‘legale cavilloso’:

La quale sconvenevolezza, uscita dalla penna di qualche imprudente leguleio e non seguita da’ migliori di loro..., ben vede ognuno quanto sia in veri­ simile nella voce d’un tal papa.

Perentorio sulla figura del leguleio anche Giovan Battista De Luca nel Proemio alla sua summa giuridica in volgare, il Dottor volgare (del 1673):

Non si nega... che, così ne’ giudici come negli avvocati e difesori di cause, per ben intendere e praticare le leggi, sia necessaria non che opportuna l’erudizione di altre lettere, particolarmente e sopra tutto nella parte isterica e al­ meno in qualche parte nella politica; sicché un puro legu­leio meriti d’esser diprezzato.

Il termine leguleio gode di una lunga fortuna fino al Novecento, passando dall’inconfondibile e fulminante ritratto verghiano del «leguleio unto e sciamannato» che «parlava col cappello in capo» (Il marito di Elena del 1876) a quello di Eugenio Montale (nella Farfalla di Dinard, 1960) che usa il termine come sinonimo di persona pedante, dalla mentalità ristretta e dallo spirito gretto:

L’Italia è diventata una terra di burocrati e di pedanti. Com’è nata la leggenda della nostra incurabile anarchia? Siamo formalisti, con­servatori e legulei anche nelle più innocue faccende.

Alla stessa base latina ma con significato neutro si riconduce legista (più raro leggista), già del lat. medievale, che indica semplicemente chi è dotto nella scienza delle leggi, giurista, giureconsulto; nelle università medievali erano chiamati legisti i professori di diritto civile, in contrapposizione ai canonisti, cioè i dottori di diritto canonico. Il termine è attestato fin dalla Rettorica di Brunetto Latini (1260-61) e in diverse sfumature di significato come registra il TLIO (s.v.): ‘esperto di diritto’, ‘giurista specializzato in diritto civile’, ma anche ‘chi emana le leggi, legislatore’ (come nel quarto canto dell’Inferno in riferimento a Mosé) e ‘uomo istruito, sapiente’ anche in associazione a medico per indicare i dotti e gli autorevoli (come nel Convivio di Dante):

Potrebbe qui dire alcuno medico o legista: 'Dunque porterò io lo mio consiglio e darollo eziandio che non mi sia chesto, e della mia arte non averò frutto?’ (Convivio, IV, cap. 27)

Trasseci l'ombra del primo parente, / d'Abèl suo figlio e quella di Noè, / di Moïsè legista  e ubidente... (Inferno, 4.57).

Quanti avvocati! Soprannomi, nomignoli … e macchiette

Girovagando tra usi regionali, locali e tra soprannomi di avvocati di spicco, si incontrano storie e nomi divertenti.

In Campania e in varie aree del sud paglietta è il soprannome nel parlato per indicare un azzeccagarbugli, un avvocato di scarso valore e di dubbia moralità professionale, non alieno da pratiche disoneste (molti gli esempi forniti dal GDLI, s. v. paglietta). Tale uso sarebbe derivato, secondo il vocabolario del Rocco, dall’abitudine fra gli avvocati napoletani di indossare cappelli di paglia ricoperti di seta nera. Lo menziona anche Gramsci nei Quaderni dal carcere: «Nel Mezzogiorno predomina ancora il tipo del 'paglietta', che pone a contatto la massa contadina con quella dei proprietari e con l’ap­parato statale».

Una maschera di origine bolognese, della commedia dell’arte, il dottor Balanzone, talvolta chiamato dottor Graziano o solo il Dottore (nel Servitore di due padroni di Goldoni ha il nome di dottor Lombardi), raffigura un dottore in Legge, di solito saccente e presuntuoso e caricatura del leguleio bolognese, raffigurato in maschera come un uomo paffuto, rubicondo, propenso a una vivace gesticolazione e vestito con toga nera, colletto e polsini bianchi, come i professori dell’Università bolognese; il nome deriverebbe dal bolognese balanzån, che è un accrescitivo di bilancia, il simbolo della Legge.

Tra i molti soprannomi di avvocati famosi si può almeno menzionare Francesco Carnelutti (Udine 1879 – Milano 1965), che pare si facesse chiamare ironicamente Francesco d’assise per le numerosissime difese penali assunte.

Un nome antico, che in Toscana indica anche la libellula, è quello di cavalocchio (o, meno diffuso, cavalocchi) dalla locuzione cavare l’occhio, che anticamente era l’esattore dei tributi pubblici, e anche meno comunemente ‘avvocato in cause di poca importanza o senza averne titolo; avvocato che esercita la professione senza eccessivi scrupoli; maneggione, imbroglione’ (attestato tra gli altri anche in Gabriele D’Annunzio, cfr. GDLI, s.v.).

La serie sarebbe lunga e si potrebbe arricchire anche di una ricca e variopinta fraseologia (per es. il modo di dire molto frequente fare l’avvocato del diavolo, su cui torneremo tra qualche mese).

Per chiudere ecco uno stralcio di una divertente satira del cattivo avvocato per mano del letterato e dottore in legge Francesco Sansovino nel suo trattatello L’avocato  del 1559 (Arato 2015:  27-8):

Del rimanente non haver cura di quel che tu dica: ma favella a ventura. Grida più che tu puoi: suda, e scaldati assai: percioché quante goccie ti cascano dalla fronte, tanti scudi ti piovono in borsa, conciosia che gli ascoltanti, vedendo che tu difendi le cause di cuore, ti corrono a casa [...]. Et se bisognasse rispondere all’avversario, di’ tutto il contrario e non fallirai di molto [...]. Le qual cose se tu farai con altre insieme, ch’io ti dirò quando che sia, senz’alcun dubbio, diverrai sommo avocato.

Insomma per tornare alla spudorata dichiarazione dell’Azzeccagarbugli manzoniano: «All’avvocato bisogna raccontar le cose chiare: a noi tocca poi a imbrogliarle».

Riferimenti bibliografici

Arato 2015 = Franco Arato, Parola di avvocato. L’eloquenza forense in Italia tra Cinque e Ottocento, Torino, Giappichelli.

Auerbach 2000 = Erich Auerbach, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, Torino, Einaudi, 2 voll. (I ed. 1956; trad. it. dell’ediz. Bern, A. Francke Verlag, 1946).

Cherubini = Francesco Cherubini (1839-1856), Vocabolario milanese-italiano, Milano, Società tipografica de’ Classici italiani, 5 voll. (rist. Milano, Martello, 1968)

DELIN = M. Cortelazzo e P. Zolli, Il nuovo etimologico. DELI. Dizionario Etimologico della Lingua Italiana seconda edizione a cura di M. Cortelazzo e M.A. Cortelazzo, Bologna, Zanichelli, 1999.

GDLI = Grande Dizionario della Lingua Italiana, fondato da S. Battaglia e poi diretto da G. Barberi Squarotti, 21 voll., Torino, Utet, 1961-2002.

Lubello 2017 = Sergio Lubello, L’italiano del diritto, Roma, Carocci.

Manzoni 2013 = Alessandro Manzoni, I promessi sposi. Testo del 1840-1842, a cura di T. Poggi Salani, Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani, «Edizione nazionale ed europea delle opere di Alessandro Manzoni».

Masini 1977 = Andrea Masini, La lingua di alcuni giornali milanesi del 1859 al 1865, Firenze, La Nuova Italia.

Rocco = Emmanuele Rocco, Vocabolario del dialetto napolitano, a cura di Antonio Vinciguerra, Firenze, Accademia della Crusca, 2018.

Tesi 2005 = Riccardo Tesi, La lingua moderna e contemporanea, Bologna, Zanichelli.

TLIO = Tesoro della Lingua Italiana delle Origini (consultabile al link: http://tlio.ovi. cnr.it/TLIO/).

Vocabolario Treccani on line.

Il diritto da vicino: parole (giuridiche) per un anno è un ciclo curato e scritto da Sergio Lubello. Le puntate precedenti:

Immagine: Tratta dal film The Devil's Advocate (1997), di T. Hackford

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