"Il lessico politico è cangiante ma effimero, appiattito sul presente" (Riccardo Gualdo). Difficile infatti che in molti ricordino il Partito della bistecca, costituito nel 1953 a Firenze da Corrado Tedeschi, autore di pubblicazioni di enigmistica, il cui obiettivo era di ammannire ogni giorno a tutti gli italiani riuniti attorno al desco quotidiano, per l'appunto, una bistecca. Epperò molti slogan e termini della politica dell'immediato dopoguerra, nell'Italia uscita distrutta e prostrata dal conflitto, sono preziosi ed evocativi segnali dell'aria che si respira e delle priorità dettate alla propaganda politica dalla necessità di rispondere in qualche modo ai bisogni più urgenti, bisogni primari, espressi dalla popolazione avente diritto al voto.

Lo "stomaco della Repubblica" - per citare il titolo di un'acuta ricostruzione storica del giornalista Filippo Ceccarelli, dedicata alle vicende politiche dell'Italia contemporanea, viste sub specie gastronomica - reclama di essere sfamato materialmente. I comunisti tacciano i democristiani di essere forchettoni (1953) e definiscono la Dc Partito della greppia, citando una dichiarazione di Mario Scelba, secondo cui bisogna che gli italiani si abituino "a vedere democristiani a capo di grandi aziende industriali e finanziarie". Da poco è terminato il periodo in cui "L'americani de giorno / e li negri poi de sera / se venneno l'America / tutta a la borsa nera", se diamo ascolto a una canzoncina popolare che accoglie l'espressione di recente conio (1940) borsa nera, riferita "durante e dopo la seconda guerra mondiale a ogni forma di commercio clandestino, tollerato o combattuto dall'autorità" (Vocabolario della lingua italiana Treccani), di generi di prima necessità razionati o rari a prezzi maggiorati. Se borsa nera si è guadagnato un posto stabile nei dizionari della nostra lingua, dicevamo che altri termini più o meno coevi, di ambito più dichiaratamente politico o politico-giornalistico, hanno perso ogni trasparenza all'occhio di chi non sia lessicografo o storiografo: se oggi tutti sanno che dietro l'appellativo antonomastico di Cavaliere s'inamida il completo Caraceni di Silvio Berlusconi, pochi rammenteranno che dietro all'egualmente antonomastico Microfono di Dio sventolava la tonaca nera di Riccardo Lombardi (omonimo dell'uomo politico socialista), sacerdote vicino alla filodemocristiana organizzazione dei Comitati Civici, il quale, nel triennio 1948-1950, tenne comizi radiofonici per incitare gli elettori a fare diga con il voto "cristiano" contro il pericolo del comunismo.

Non è necessario peraltro andare troppo a ritroso per avere la conferma che il setaccio della memoria storico-linguistica e lo scrutinio lessicografico lasciano cadere e scivolare via con facilità le acuzie neologiche espressione di contingenti patologie affioranti dal contesto storico e politico. Oggi quanti sanno decrittare l'acronimo Caf? Siamo nel maggio del 1989 e il trio Craxi-Andreotti-Forlani sancisce (in un camper, ai margini del 45 Congresso del Psi) l'alleanza che scalzerà dal soglio della Presidenza del Consiglio Ciriaco De Mita, l'"intellettuale della Magna Grecia", secondo la sarcastica definizione che dell'avellinese politico democristiano dà il segretario del Psi Bettino Craxi. Facciamo un passo indietro, fino ai primi anni Settanta: chi sa dire chi è quella cubista che si agita? Le discoteche della fine degli anni Novanta e le cubiste che ballano sovrastando la folla dei giovani e dei non più giovani in pista sono di là da venire. I cubisti e le cubiste nel 1970 non si esibiscono a suon di techno o di house ma prediligono le note dell'Internazionale e dell'Inno dei lavoratori, che scandiscono le marce in corteo per le vie cittadine e i raduni in piazza. Cubisti e cubiste militano nei Cub, Comitati unitari di base, organizzazioni di protesta che caldeggiano lo "spontaneismo operaio" in dura contrapposizione al "revisionismo" dei sindacati ufficiali. Se arretriamo ancora, tentando di ricomporre in un semi-continuum rettilineo i vari segmenti spezzati sparsi fin qui un po' a spaglio lungo l'asse diacronico, scopriremo che nessuno, o quasi, oggi ricorda il significato di doroteo. Eppure, si potrebbe dire, è cosa dell'altroieri: il 1959, per la precisione (nel mese di marzo, volendo puntualizzare), anno in cui, in occasione del Consiglio Nazionale della Democrazia Cristiana, riunitosi alla Domus Mariae di Roma, una frangia del partito ripara nel vicino convento di Santa Dorotea per dare vita a una corrente d'opposizione interna ai seguaci del potente Amintore Fanfani. Nascono così i dorotei, che saranno accompagnati presto, in una proverbiale concordia discors, dai morotei, dai basisti, dai forzanovisti... La politica è sempre stata prodiga di parole e non ha mai avuto paura di spenderle, a costo di sperperarle.

Immagine: Totò. Crediti: fotogramma tratto dal film Gli onorevoli del 1963.

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