Due esempi per introdurre un tema centrale nella discussione sulle caratteristiche presuntivamente "nuove" della lingua della politica recente. Con la debita premessa che ci occuperemo ora della lingua destinata a una più immediata presa sul destinatario (il cittadino-elettore), veicolata dal canale dell'oralità. Il primo. Il 23 marzo del 1994 Enrico Mentana presenta un faccia a faccia tra Achille Occhetto e Silvio Berlusconi, nell'ambito della trasmissione Braccio di ferro su Canale 5. Si tratta di una "sfida" tra i due principali esponenti dei "poli" contrapposti, in vista delle elezioni politiche del 26 marzo. Il secondo. Il 13 aprile del 1996, durante il programma Linea 3, condotto da Lucia Annunziata, si trovano di fronte, questa volta, Silvio Berlusconi e Romano Prodi. In ballo ci sono, di nuovo, le elezioni politiche. Potremmo, estremizzando, sintetizzare in questo modo: la politica si fa televisione e, facendosi televisione, invera la "metafora del match", di cui ha scritto il semiologo Omar Calabrese. Politica spettacolarizzata e quindi politica come scontro tra titani. Che i tempi, i modi, le caratteristiche comunicative e dunque, come vedremo, in parte anche la lingua della politica sia mutata è confermato dal fatto che i commenti dei politologi si giocano, a differenza dal passato, più che sul peso e la qualità dei contenuti di cui nello scontro politico-mediatico i politici si sono fatti interpreti, sull'efficacia della strategia di presentazione di quei contenuti, all'interno di un reticolo di condizioni che quella presentazione abbiano reso più o meno televisivamente e dunque comunicativamente efficaci. Il linguaggio politico, come veicolo persuasivo di contenuti, diventa soltanto una delle componenti di tali condizioni. I due avversari: com'erano vestiti, chi era più a suo agio, come muovevano le mani, chi ha sorriso di più, chi ha detto gli slogan più brevi e incisivi, chi ha indovinato le parole chiave, chi è stato più aggressivo, chi più rassicurante? I picchi di audience hanno premiato questo o quello? Si sono verificati in corrispondenza degli interventi di questo o di quello? Studio dell'immagine televisiva del personaggio, analisi della prossemica e della gestualità, approfondimento dei possibili effetti psicologici della performance del politico-personaggio sul pubblico votante più che integrare l'analisi tradizionale della lingua e delle strategie retoriche adottate dai politici, finiscono con il sussumerle in un contesto semiotico insieme assai più ampio e più specifico - specifico poiché si tratta di un contesto mediatico.

Rileggendo i commenti sulle prestazioni televisive di Occhetto e Berlusconi nel '94 e di Prodi e Berlusconi nel '96, colpisce appunto che nelle analisi dei commentatori i risultati elettorali successivi alle "sfide" vengano legate direttamente alla maggiore o minore riuscita del "discorso" mediatico messo in circuito dai contendenti nel breve giro di un'ora e mezzo di esposizione televisiva. Il direttore del "Corriere della sera", Ferruccio De Bortoli, ripensando nel 2002 alla disfida televisiva di otto anni prima, ha sottolineato l'efficacia del "linguaggio nuovo, diverso", usato da Berlusconi nel faccia a faccia con Occhetto, rispetto al tradizionale politichese del suo avversario: tanto che in quella circostanza, secondo De Bortoli, Berlusconi avrebbe calamitato su di sé una non indifferente quota di voti di elettori fino a quel momento indecisi. Prodi, invece, nel '96 avrebbe spiazzato Berlusconi e dunque prevalso su di lui in virtù della sua aria bonaria, da "parroco di campagna", familiare e rassicurante, in grado di smontare l'aggressività ridente dell'avversario. Insomma, il Professore aveva mostrato di avere studiato e imparato le regole della nuova politica-tv.

Immagine: Totò. Crediti: fotogramma tratto dal film Gli onorevoli del 1963.