Lo spazio in cui ci muoviamo e che contribuiamo attivamente a costruire è fatto di nomi: quando parliamo, noi nominiamo, descriviamo e cataloghiamo ogni cosa che ci circonda. L’atto di attribuire nomi è innato, è proprio dell’essere umano ed è profondamente influenzato dalla cultura popolare. Il soprannome è il fenomeno più emblematico e creativo tra le diverse forme del nominare e nient’altro è se non il riflesso delle caratteristiche fisiche, delle abitudini, del mestiere e della provenienza geografica del soggetto e della famiglia del soggetto a cui fa riferimento. Lo studio dei soprannomi pertiene all’antroponimia, uno dei rami dell’onomastica, e risulta particolarmente fruttuoso per quanto riguarda la penisola italiana, ricca in tal senso. L’onomastica, dunque, può chiarire molti dubbi sulle nostre origini e il posto che occupiamo in una comunità, mediante l’analisi scientifica dei soprannomi (Caffarelli, 2013: 4). Essi possono essere detti subcognomi, schitöm (da scotume per costume) a Brescia e dintorni, sorenòm nel Friuli, costumaia (da costume, inteso come comportamento abituale, usanza) nel veronese, strangianomme o cuntranomme a Napoli e provincia, ngiurie, nciùrie (i.e. ingiurie, offese) nel dialetto siciliano, razze in alcune parti della Puglia. Soprannome è una parola usata già in italiano antico ˗̶  documentato nel quattordicesimo secolo ˗̶  con oscillazioni nella grafia, per cui si aveva: sopranome, sovranome, sopra a nome, sopra nome (Marcato, 2009: 89).

Dall’individuo alla famiglia

Nella maggior parte dei casi, quelli che chiamiamo “soprannomi di famiglia” nascono come soprannomi individuali, per poi estendersi al nucleo familiare. Ci sono, però, numerosi casi in cui il soprannome di famiglia nasce per distinguere quei nuclei familiari che abitano la stessa area geografica e hanno lo stesso cognome, pur non essendo imparentati tra di loro, come nel curioso caso di Chioggia. Generalmente, il soprannome non è ufficiale e a differenza di nome e cognome non figura sui certificati anagrafici, fatta eccezione per il comune appena citato. Nella piccola Venezia, i due cognomi più diffusi sono Boscolo e Tiozzo e i casi di omonimia riguardano circa un quinto della popolazione. Dal 2009, lo Stato italiano ha riconosciuto come ufficiali i soprannomi chioggiotti, formalizzandone la presenza nel registro dell’anagrafe, così da sveltire la macchina burocratica. A Chioggia i soprannomi vengono ereditati de iure.

A livello psico-sociale, il soprannome agisce su diversi piani, muovendosi in più direzioni: se da un lato contribuisce alla definizione del Sé nella comunità, dall’altro si rivela uno strumento di vero e proprio controllo sociale, in grado di condizionare la considerazione che si ha di un individuo o, ancora, stigmatizzarne e punirne comportamenti poco condivisibili (Putzu, 2000: 201).

Funzione distintiva

La funzione dei soprannomi è distintiva. Ad esempio, per il soprannome Palermu, la funzione distintiva si basa sulla identificazione della provenienza geografica; nel caso del soprannome Chitarra, la funzione distintiva si basa sulla predilezione di una o più persone per questo specifico strumento musicale. Risulta evidente, dunque, il rapporto iconico di “somiglianza complessiva e diretta” (Putzu, 2000: 167) che intercorre tra il soprannome ideato e l’individuo che esso designa.

Circa l’aspetto formale dei subcognomi, essi possono essere maschili e femminili, singolari e plurali: si fa derivare una forma dall’altra, a seconda dell’occorrenza. Pertanto, a Grado, prov. di Gorizia, da Patovelo si ricava il femminile Patovela e dal singolare Caspareto il plurale Caspariti (Marcato, 2009: 103).

Gli Annarbau dell’ammuffito e i Betù della gran Bettina

Relativamente all’evoluzione dei soprannomi di famiglia, portiamo qui due esempi interessanti, presi e analizzati singolarmente. A Mogoro, prov. di Oristano, tra i soprannomi di famiglia figura Annarbau, ‘ammuffito, andato a male’. Nasce probabilmente per riferirsi alla pelle olivastra del soprannominato. Sembrerebbe, dunque, che tale aggettivo abbia conosciuto una particolare evoluzione, passando dal designare qualcosa di rovinato al designare uno specifico colore della pelle, per un singolare processo di traslazione semantica.
Spostandoci più a nord, incontriamo il subcognome Betù, in uso a Gussago, prov. di Brescia. La storia all’origine di questo soprannome di famiglia viene raccontata dagli stessi canali d’informazione locali: alle soglie degli anni Sessanta, i fratelli Faita restarono orfani e vennero così accuditi da una loro sorella, Elisabetta, da loro detta Bettina. Sembra che ella fosse una donna dalla presenza fisica importante e fosse per questo motivo chiamata dalla gente del posto Bètùnâ, rispettando quella locuzione latina Nomen omen. Ben presto, anche i fratelli, della quale era affidataria, cominciarono a essere conosciuti come i Betù. Tale soprannome di famiglia resiste ancora oggi, anche tra le generazioni più giovani, sebbene spesso esse ne ignorino la motivazione storica. Per risalire ai motivi - cioè l’aspetto fisico di una loro antenata ˗̶  dietro alla nascita di questo subcognome, sarà loro necessaria una ricerca più approfondita ˗̶  sia essa condotta in ambito familiare, chiedendo chiarimenti alle generazioni più anziane, sia essa svolta tra le pagine di Internet.

Nickname come nuovi soprannomi

Oggi trascorriamo molto tempo online e questo ha delle ripercussioni, che spesso passano inosservate, sui nostri usi linguistici. Difatti, non è raro che tra amici ci si chiami con il nome utente, quello usato per iscriversi ai social network più in voga. Tale fenomeno interessa maggiormente giovani e giovanissimi che non i più attempati, perché i primi sono molto più connessi dei secondi. In un attimo, inizialmente per scherzo, il nome utente diventa il nostro nuovo nome: smette di essere quello che abbiamo creato per noi stessi e diventa quello con cui gli altri ci identificano. Questo fatto, per quanto possa sembrare recente, è in realtà assai antico. Succedeva con i cognomi, ma prima ancora c’erano i subcognomi. Il subcognome era il nickname, il nome utente del passato e, proprio come questi nuovi appellativi, assicurava un posto specifico nella società. Gli altri lo sceglievano per noi, ma finiva per diventare nostro. Questi “secondi cognomi” funzionavano esattamente come i primi, quelli scritti sui documenti.

Il subcognome ha perso fascino nel tempo, eppure con la tecnologia a nostra disposizione potremmo inventare nuovi modi per farlo rivivere. Si potrebbe attingere al cognome di famiglia per creare il proprio nome utente online (ad es. @alemaruchett, dove Maruchett è un soprannome lombardo, usato per indicare l’abbronzatura, un tempo contadina). Tuttavia, non ci si dimentichi di altri modi attraverso i quali preservare i subcognomi. Gli artisti emergenti, per esempio, potrebbero usare il cognome di famiglia come nome d’arte, qualora esso non sfociasse nel turpiloquio o nell’ingiuria. Sarebbe possibile formare un gruppo musicale dal nome originale: I Viulìn, soprannome di famiglia usato a San Michele al Fiume, località di Mondavio, prov. di Pesaro e Urbino, potrebbero duettare con Ludovico Einaudi.

Una genealogia dei subcognomi

Un’interessante iniziativa sarebbe quella di prendere spunto dai già esistenti alberi genealogici online e crearne di nuovi, prettamente relativi ai subcognomi: ogni utente potrebbe specificare il comune di nascita, registrare il proprio subcognome e, ove possibile, scrivere brevemente la storia a esso soggiacente. A chi naviga basterebbe selezionare la regione d’interesse o inserire nella barra di ricerca il soprannome di famiglia desiderato.

Infine, a metà tra nuovi e vecchi canali: i racconti. Che siano interamente inventati o liberamente ispirati a storie di vita vissuta, i racconti potrebbero dare un’identità ai tanti protagonisti di una vicenda attraverso i subcognomi. Sarebbe infatti facile appassionarsi a una virtuale disfida tra gli Angiliḍḍi, soprannome usato a Cammarata, prov. di Agrigento, e i Riàvoli, subcognome usato a Sant’Antonio Abate, prov. di Napoli.

Fonti:

1. Caffarelli, Enzo (2013). Dimmi come ti chiami e ti dirò perché. Storie di nomi e cognomi. Bari: Editori Laterza.

2. Marcato, Carla (2009). Nomi di persona, nomi di luogo: introduzione all'onomastica italiana. Bologna: Il Mulino.

3. Putzu, Ignazio (2000): Il soprannome. Per uno studio multidisciplinare della nominazione. Cagliari: CUEC Editrice.

Immagine: Albero genealogico dei Marchesi del Monferrato. Tratto dai "Compendi Historici" 1668.

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