Lingua Italiana

Andrea Cartotto

Andrea Cartotto è coordinatore didattico e membro del Registro internazionale dei formatori per la didattica innovativa I.E.T. e tutor presso Ente di Formazione con Accreditamento multi-regionale. Iscritto al Registro nazionale dei formatori professionisti A.I.F., è tra i pochi Edu (Educational) Designer certificati d'Italia e si occupa di formazione professionale in ambito informatico e tecnologico. Opera come Formatore Senior dei docenti degli istituti scolastici di vario ordine e grado sulle T.I.C. e sull'uso della L.I.M. per la didattica, oltre a supervisionare l'attuazione dei progetti di didattica digitale "Scuola 2.0" secondo le direttive ministeriali e a svolgere attività di esperto e progettista nell'ambito del P.O.N. Organizza e cura numerosi eventi sulla sicurezza informatica e sul web, con un focus particolare sui rischi connessi con il cyberbullismo.

Pubblicazioni
/magazine/lingua_italiana/articoli/scritto_e_parlato/autoeducazione.html

A scuola di (auto)educazione on line

 

Nel film di fantascienza Bis as Ende der Welt (“Fino alla fine del mondo”, 1991), una delle opere più visionarie di Wim Wenders, vengono arguite alcune previsioni (a tratti distopiche) circa le future tecnologie della comunicazione, oggi capillarmente diffuse in ogni settore, tanto pubblico quanto privato.

Nell’intuizione cinematografica del cineasta di Düsseldorf, infatti, un piccolo apparecchio emula la funzionalità di un moderno smartphone – attraverso un micromonitor a colori e un GPS – e alcune potenzialità che suggerisce, come per esempio la videochiamata, segnano la via verso l’odierna comunicazione massiva multicanale, in grado di raggiungere simultaneamente persone diverse e molto distanti tra loro. Ma c’è di più: il film di Wenders, oltre a precorrere i tempi, allude chiaramente ai pericoli dell’impatto nefasto di una produzione continua e massificata di stimoli audio-visivi sulla psiche umana, tra i quali il cosiddetto effetto conversione, secondo cui i messaggi - soprattutto quelli veicolati dai Media - provocano un cambiamento d’opinione nel ricevente, spesso secondo le finalità dell’emittente. Sic stantibus rebus, la comunicazione massiva può portare a credere a messaggi futili e inopportuni, che influenzano negativamente la percezione della realtà attraverso modelli e concetti non privi di importanti riflessi nella vita quotidiana o nella personalità degli individui.

 

Gli illetteralismi

 

Oltretutto, a prescindere dall’origine sociale o culturale di tale incapacità di comprensione di stimoli e messaggi, i dati OCSE P.I.S.A. 2018 e P.I.A.A.C. 2019 (che suffragano i precedenti del 2016 nonché quelli ISTAT del gennaio 2017) attestano che la decodifica dei messaggi – orali e scritti – è operazione complicata per almeno il 28% della popolazione italiana: molte persone, anche mediamente scolarizzate, finiscono per rapportarsi in modo stentato e approssimativo con testi, informazioni di varia natura o qualsiasi altra forma culturale e artistica.

Ma veniamo al focus del problema: se l’analfabeta strumentale (o primario) non ha mai imparato a leggere e a scrivere e l’analfabeta “di ritorno”, senza l’esercizio delle proprie competenze alfanumeriche, regredisce perdendo la capacità di formulare messaggi, oggi è l’analfabeta funzionale il più diffuso; costui infatti sa decifrare uno scritto o far di calcolo, ma è incapace di utilizzare in modo efficiente le proprie abilità di lettura e scrittura nelle comuni situazioni di vita quotidiana; di fronte a un evento complesso, infatti, non è capace di rielaborarlo se non in modo elementare o approssimativo, senza costruire analisi articolate e non andando oltre l’orizzonte talora ristretto delle proprie esperienze dirette.

In altre parole, l’analfabetismo funzionale (o illetteralismo) impedisce agli individui di elaborare correttamente le informazioni provenienti da un testo e, di conseguenza, non permette loro di fare le giuste deduzioni: l’analfabeta funzionale trova dunque difficoltà non solo nella lettura di testi in prosa (articoli, libri di narrativa), ma anche nella decodifica di semplici documenti (grafici, tabelle, report) o nell’esecuzione di ordinari problemi di calcolo (illetteratismo quantitativo).

 

L’incrocio con il mondo digitale

 

Ora, sempre più di frequente l’analfabetismo funzionale s’incrocia col mondo digitale, dato che quest’ultimo pervade il nostro quotidiano continuamente e lo ha fatto in modo ancor più massiccio a seguito del lockdown, effetto collaterale dell’emergenza sanitaria tuttora in corso.

Ci aspettavamo, forse, che l’evento pandemico migliorasse, equilibrasse o ricomponesse alcuni aspetti della nostra vorticosa quotidianità; abbiamo scoperto, invece, che tale processo orientato verso un apprezzabile progresso sociale e comunicativo è ancora lontano dal potersi definire compiuto.

Ci siamo comunque confrontati con un’indubbia evoluzione della comunicazione: in tempo di crisi, infatti, anche il registro comunicativo necessita di un’accurata scelta delle parole, del loro accostamento a stati d’animo e circostanze, della scelta degli strumenti più idonei a veicolarle. La risposta, in tal senso, è giunta dalle tecnologie digitali, quelle che, soprattutto nei contesti educativi, definiamo con l’abbreviazione T.I.C.1 (Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione); e, alla prova dei fatti, abbiamo preso coscienza che le italiche competenze nell’uso consapevole degli strumenti digitali risultano essere difformi e lontane dalle aspettative. Il Covid-19 ha favorito l’accesso nel nostro ordinario registro linguistico di alcuni acronimi, primo tra tutti D.A.D. (Didattica a Distanza, di recente sostituito dal più aulico D.D.I, ovverosia Didattica Digitale Integrata) e ha consolidato l’utilizzo di anglicismi quali smart working (solo con un certo timore lo si definisce lavoro agile), ma una larga parte della cittadinanza e degli addetti ai lavori si è trovata a fare i conti con un grado di educazione all’uso del digitale assolutamente inadeguato.

In questo articolato contesto, sono balzati agli onori della cronaca il mondo del Lavoro e quello dell’Istruzione, e proprio nel contesto scolastico-educativo è stato scoperchiato un vero e proprio vaso di pandora2, contenente virtù (poche) e vizi (molti).

 

Quanti internauti a rischio

 

L’Istat, in una ricerca pubblicata al termine del 20193, segnalava l’aumento esponenziale dell’utilizzo di Internet da parte della popolazione italiana, ma evidenziava al contempo come il 41,6 % degli internauti – il variegato popolo della Rete – palesasse competenze digitali basse. Ecco come il Web, proprio per la sua natura democratica e partecipativa (anche in assenza di specifiche competenze), presta il fianco con facilità alla pubblicazione e diffusione di contenuti fallaci e ingannevoli da parte di utenti scaltri, in mala fede o – ancor peggio – inconsapevoli di quanto una certa superficialità nell’utilizzo del digitale possa risultare nociva: siamo dinanzi all’imperversare di notizie e fonti dalle quali occorre tenersi alla larga, le fake news.

 

Vedere che cosa c’è dentro (e dietro) il motore di ricerca

 

Ci siamo mai chiesti, davvero, come elabori i dati un motore di ricerca? Cosa accade quando effettuiamo una comune ricerca su Google, citando il motore di ricerca più blasonato eppure non unico attore del web? Ebbene, Google riceve da parte dell’utente parole chiave, termini neutri a cui un sistema informatico non può attribuire un giudizio di valore. Li digerisce in pochissimi secondi, cerca e sceglie all’interno dei suoi indici (costruiti ed arricchiti ogni giorno dal suo algoritmo) e restituisce all’utente quello che ritiene sia il risultato più pertinente. Pertanto viene seguito un algoritmo piuttosto che un processo logico, che invece dovrebbe sempre condurre l’utente nell’effettuare una ricerca. Il motore restituisce risultati classificati di fatto per popolarità e non per reale pertinenza: un insegnamento che occorrerebbe trasmettere quotidianamente e capillarmente, in ogni aula scolastica del nostro paese.

Come possiamo, dunque, fornire il nostro contributo individuale alla collettività – soprattutto in un tempo di crisi come quello in cui ci troviamo – orientando comunicazione e comportamenti al fine di bonificare la rete internet ed i processi di circolazione dell’informazione e del sapere, con ricadute importanti anche sul mondo del Lavoro e dell’Istruzione, oltre che sulla società nella sua interezza?

 

Duck Duck Go e QWant

 

Intanto leggiamo con cura e attenzione, ad ogni ricerca nel web: titolo, sottotitolo, denominazione esatta del link individuato ed eventualmente la breve descrizione del sito a cui stiamo per accedere. Poi, se desiderassimo una maggiore oggettività e un maggior equilibrio, impariamo a servirci anche di motori di ricerca indipendenti, che non profilino le nostre abitudini di consumo in rete quali Duck Duck Go4 o QWant5. Educhiamoci infine ad affiancare a programmi informatici proprietari (sviluppati e commercializzati da aziende, a pagamento, con licenza d’uso da parte dell’utente) il software libero: un insieme, cioè, di programmi informatici o applicazioni direttamente sul web, che rispondono de facto a criteri di inclusività, gratuità e qualità del prodotto finale. Basti pensare, tra gli altri, alla suite LibreOffice6, impiegabile nel contesto domestico, in un contesto professionale o in contesti scolastici di ogni ordine e grado.

 

 

Note al testo

1 https://www.treccani.it/enciclopedia/tic_%28Enciclopedia-della-Matematica%29/

2 https://www.vanillamagazine.it/il-vaso-di-pandora-il-mito-greco-dietro-una-delle-metafore-piu-famose/

3 https://www.istat.it/it/files//2019/12/Cittadini-e-ICT-2019.pdf

4 www.duckduckgo.com

5 www.qwant.com

6 Download gratuito della suite LibreOffice da it.libreoffice.org

 

 

Bibliografia/sitografia di riferimento

 

Analfabetismo funzionale: famiglia e scuola sono le possibili soluzioni, in “L’Orientamento”, in www.asnor.it

 

Elisa Murgese, Analfabeti funzionali, il dramma italiano, in www.espresso.repubblica.it, 7 marzo 2017

 

Beatrice Eleuteri, Analfabetismo funzionale: perché ci serve ancora saper leggere e scrivere?, in www.aibstudi.aib.it, V. 59, N. 1-2 (2019)

 

Luca Serafini, Che cos’è l’analfabetismo funzionale e perché riguarda la metà degli italiani, in www.tpi.it, 20 febbraio 2019

 

Daniele Scarampi e Andrea Cartotto, Il cittadino alfabetizzato e le bufale in Rete, in Treccani.it (Lingua italiana), Istituto della Enciclopedia Italiana, 23 settembre 2017

 

https://www.istat.it/it/files//2019/12/Cittadini-e-ICT-2019.pdf

 

www.duckduckgo.com

 

www.qwant.com

 

https://www.treccani.it/enciclopedia/tic_%28Enciclopedia-della-Matematica%29/

 

 

Immagine: Screenshot dal film Fino alla fine del mondo di Wim Wenders (1991)

 

/magazine/lingua_italiana/articoli/scritto_e_parlato/bufale.html

Il cittadino alfabetizzato e le bufale in Rete

 

«Una lettera – lo arguiva la nota scrittrice americana Cathleen Shine alla fine dei '90 – nel momento in cui la si imbuca cambia completamente. Finisce d'esser mia e diventa tua: quello che volevo dire è sparito, resta solo ciò che capisci tu».

E questo è il punto. Ormai, anche se il referente è chiaro e il contesto comunicativo noto, la decodifica di un messaggio (tanto orale quanto scritto) non è operazione né agevole né scontata, come in realtà parrebbe.

Istruzioni travisate, continui fraintendimenti, messaggi o testi incompresi. Ecco la frontiera del (relativamente) nuovo analfabetismo, conosciuto come funzionale.

L'Italia, chiosava qualcuno, è diventata la Repubblica degli asini. Ebbene: secondo l'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE), organismo internazionale di indiscutibile prestigio, il 47% degli italiani ha una mera capacità di analisi elementare; il che significa che stenta nel rapportarsi con la complessità dei fenomeni culturali, sociali, politici e civili, avendo di essi una comprensione soltanto approssimativa. L'analfabetismo funzionale infatti, sentenzia l'OCSE, impedisce a una persona di leggere, scrivere e far calcolo in maniera elementare e ordinaria: ne consegue che l'analfabeta funzionale non è in grado di intervenire attivamente nella società o di sviluppare correttamente le proprie conoscenze; perché, di là da ciò che concerne i bisogni suggeriti dagli impulsi primari, costui non riesce a capire un articolo di giornale, riassumere un testo e men che meno ad appassionarsi a qualsivoglia forma culturale e artistica.

 

Atrofizzazione del sapere

 

Dati OCSE alla mano (ottobre 2016), in Italia solo il 3,3% degli adulti raggiunge livelli di competenza linguistica 4 o 5 - i più elevati - contro l'11,8% della media dei Paesi dell'Unione Europea e il 22,6% del Giappone, il Paese al vertice dell'indagine. Di contro, il 27,7% degli adulti italiani possiede unicamente competenze linguistiche di livello 1 (o inferiore), contro il 15,5% della media dei Paesi presi in esame. Un quadro avvilente e preoccupante, destinato purtroppo a peggiorare; come sovente confermato dal compianto Tullio De Mauro, secondo cui sarebbe in atto già da tempo un «processo di atrofizzazione del sapere costante e lievitante».

Preoccupazioni più che giustificate: sebbene infatti l'analfabetismo strutturale (ossia l'incapacità di apprendere qualsiasi lettera o cifra) si sia ormai attestato al 5% della popolazione italiana complessiva, la diffusione capillare dell'analfabetismo funzionale è altrettanto pericolosa, perché relega chi ne è affetto in un'area che sta al di sotto del livello minimo di comprensione orale e scritta, con enormi disagi nella vita quotidiana. L'analfabeta funzionale (condizione che per altro tutti possono sfiorare) non sa seguire istruzioni elementari, non sa scrivere una mail, non riesce a trovare le parole per esprimersi coi propri simili, non riesce a decifrare il bugiardino di un medicinale, non riesce a intendere una notifica, un avviso, un suggerimento. Ora, ricercare le cause di questo progressivo e inesorabile impoverimento culturale e sociale non è semplice, tuttavia i recenti dati ISTAT (gennaio 2017) potrebbero dare una valida indicazione: il 18,5% degli italiani, cioè quasi uno su cinque, lo scorso anno non ha mai aperto un libro o un quotidiano e ha vissuto utilizzando la televisione come unico strumento informativo di riferimento.

Eppure uno degli obiettivi della politica comunitaria in materia d'istruzione e di formazione, sin dagli albori dell'Unione Europea, è stato la creazione di una società della conoscenza (intellettuale e pratica), luogo ideale in cui coltivare imprescindibili prerogative quali l'inclusione sociale e la cittadinanza attiva.

 

Scarsa cultura digitale

 

Ora, tra gli elementi chiave della società della conoscenza spicca lo sviluppo culturale in genere; esso, a sua volta, necessita di individui in grado di gestire contesti sociali sempre più complessi e mutevoli, attraverso la capacità di cogliere il significato delle cose all'interno dei grandi flussi d'informazione, per poi comprendere, valutare e (soprattutto) decidere.

Essere cittadino attivo, infatti, significa anzitutto saper comprendere testi o immagini provenienti da più fonti, nonché decodificare informazioni allo scopo di sviluppare i poteri del discernimento e del senso critico, indispensabili per districarsi in una società in continua evoluzione.

Sfortunatamente, la piaga dell'analfabetismo funzionale sta sabotando gli obiettivi comunitari, esponendo la cittadinanza a importanti insidie.

Una di queste, forse la più pericolosa, è la diffusione capillare delle bufale online, ovvero notizie mistificate e tendenziose (non verificate, prive di fondamento e dai toni sensazionalistici) sovente travisate e accettate come autentiche da una parte consistente del popolo del web.

L’accesso ad Internet - la Rete telematica che ha una portata dirompente nelle nostre vite -  è ormai divenuto sinonimo di facilità di accesso alla conoscenza, di arricchimento culturale e di servizio universale (pur con i limiti geografici e infrastrutturali che ancora, in alcune zone del mondo, creano il cosiddetto digital divide), ma non può prescindere da uno strumento formidabile in nostro possesso e, purtroppo, non sempre esercitato: il buon senso.

Se poi mescoliamo l’assenza di buon senso alla non ancora adeguata cultura digitale in Italia e, soprattutto, all'incapacità dilagante di comprendere ed elaborare testi orali e scritti, ecco spiegato il proliferare, proprio sul web, delle bufale. Esse, di per sé più o meno innocue, hanno assoluta rilevanza all’interno della Rete e, per questo, debbono essere monitorate e portate alla conoscenza del grande pubblico: pensiamo, infatti, alla velocità di propagazione di una notizia fasulla e potenzialmente dannosa per il protagonista della notizia stessa, grazie ad applicazioni di messaggistica immediata come Whatsapp e ai social media come Facebook, Twitter e altre note piattaforme; oltretutto, occorre evitare di credere che Internet sia uno spazio virtuale in cui i nostri comportamenti, i nostri scritti e le nostre azioni possano avere ripercussioni più lievi rispetto a ciò che accade nella vita quotidiana. Chiarire che la Rete è un esempio assoluto di vita reale, seppur digitale per via degli strumenti che utilizziamo, ci consentirà certamente di essere sentinelle attente e fruitori più consapevoli.

 

Quattro suggerimenti anti-bufala

 

Ora, quali tipi di bufale possiamo impegnarci  a contrastare?

Anzitutto, dovrebbe essere buona abitudine di ogni cybernauta una semplice e per nulla scontata verifica delle fonti mediante il motore di ricerca Google, attraverso l'inserimento delle parole chiave del titolo (o sottotitolo) di una notizia che s'intende approfondire.

Evitiamo, quindi, di condividere una notizia presente sui social media senza averla prima letta e atteniamoci ad alcune semplici regole, riassunte graficamente anche sul Portale Valigia Blu:

 

1) Controllare che titolo, immagini e didascalie di una notizia, corredata magari da immagini, siano tra loro coerenti: queste sono le tipiche azioni che i giovani, con fatica, mettono in pratica. Il rischio che la rete divenga un “oracolo” infallibile è per loro tendenzialmente più alto;

2) Diffidare dai titoli sensazionalistici e verificare che non si tratti di fake già noti o manipolati: per questo, possiamo comodamente e gratuitamente consultare il sito Bufalopedia, che cerca di racchiudere un catalogo, anche simpatico, delle notizie fasulle circolanti in digitale;

3) Distinguere la notizia falsa dalla satira: portali web come “Lercio”, che chiaramente non vogliono neppure provare a emulare un’agenzia di stampa come l’Ansa, sono ormai entrati a far parte di una consuetudine satirica e possono strappare anche più di un sorriso;

4) Rinunciare ad accodarsi alla massa, in particolare su un social network famoso ed utilizzato come Facebook: avere i nostri contatti in punta  di dita, mediante uno smartphone o un tablet, ci può indurre ad un facile dibattito ma – ce lo insegna l’ingegneria sociale – rischiamo con troppa facilità di farci fuorviare dalla pubblicazione del commento precedente al nostro, da quello precedente ancora e così via, al punto di perdere poi di vista la notizia che intendevamo commentare.

 

Internet ha un forte potere aggregativo e rappresenta una meravigliosa opportunità di informazione e di conoscenza; ciò nondimeno l'utilizzo dello spazio online deve essere razionale e consapevole, propositi seriamente minacciati dalle conseguenze dell'analfabetismo funzionale.

Conseguenze che, per altro, incidono seriamente - a prescindere dalla dimensione digitale -  sulla nostra percezione della realtà, sui nostri vissuti o nei vari momenti quotidiani: a scuola, sul lavoro, all'interno delle relazioni sociali, di qualunque tipo e grado.

 

Bibliografia e sitografia di riferimento

  1. Cathleen Shine, La lettera d'amore, Adelphi, 1999
  2. http://www.cittadellascienza.it/centrostudi/2016/01/la-societa-della-conoscenza/)
  3. http://nuovoeutile.it/istruzione-tullio-de-mauro-se-un-mattino-di-primavera-un-governante/
  4. http://www.ilconservatore.com/attualita/indagine-ocse-lanalfabetismo-funzionale-colpisce-quasi-meta-degli-italiani/
  5. http://www.prismomag.com/analfabetismo-funzionale/)
  6. http://www.lastampa.it/2017/01/10/blogs/il-villaggio-quasi-globale/il-per-cento-degli-italiani-analfabeta-legge-guarda-ascolta-ma-non-capisce-MDZVIPwxMmX7V4LOUuAEUO/pagina.html
  7. bufalopedia.blogspot.com
  8. http://www.valigiablu.it/