Forse nei secoli passati e, in particolare, nelle opere letterarie del Seicento e in quelle tra Ottocento e Novecento, quando si faceva un abbondante ricorso alle maiuscole, sarebbe potuto capitare di leggere i nomi dei giorni, dei mesi e delle stagioni con l’iniziale maiuscola.

In realtà, i nomi di giorni, mesi e stagioni non prevedono obbligo di maiuscola. Pertanto è opportuno scriverli con la minuscola iniziale. Resta inteso, in questo come in altri casi, che una precisa volontà soggettiva di dare enfasi al nome può portare all’uso della maiuscola iniziale. Pensiamo, per esempio, ai famosi concerti vivaldiani intitolati, per l’appunto, alle quattro stagioni. Si tratta dei quattro concerti per violino che aprono Il cimento dell’armonia e dell’invenzione, op. VIII: La primavera, L’estate, L’autunno, L’inverno. In questo caso, dal 1725 (data di prima pubblicazione del Cimento) a oggi si è assistito a un’oscillazione continua tra iniziale minuscola e iniziale maiuscola dei quattro sostantivi. Semplicemente, chi ha scritto le stagioni vivaldiane con la maiuscola ha inteso e intende conferire peso e valore alla dignità dell’opera; peso e valore, peraltro, che l’uso della minuscola non sottrae all’opera stessa.

Uno scopo di nobilitazione, anzi sacralizzazione, sottende la frequente scrizione maiuscola di alcuni giorni della settimana nelle locuzioni di significato religioso e liturgico Mercoledì delle ceneri, Giovedì Santo, Venerdì Santo, Sabato Santo, Domenica di Pasqua, Lunedì dell’Angelo.

La maiuscola, fuori dai casi in cui è effettivamente obbligatoria, ha dunque una funzione reverenziale in dipendenza da usi, abitudini, riti, intenzioni particolari.