21 novembre 2013

La casa editrice Einaudi in tutte le sue pubblicazioni scrive l'avverbio “più” con l'accento acuto sulla “u”. Come mai? Ma non è un errore?

La resa dell'accento grafico si è stabilizzata relativamente da poco tempo nella nostra lingua, ovvero nella prima metà del Novecento. Il sistema consigliato prevede l'accento grave nei tre casi in cui è impossibile distinguere tra differenti gradi di apertura delle vocali (à, ì, ù), mentre alterna l'accento acuto con quello grave a seconda della obbligatorietà (o della volontà) di segnalare la chiusura della vocale (perché; córso della Corsica') o, viceversa, la sua apertura (dòsso). Da notare che la o finale è sempre aperta (contò, ohibò, paltò, sospirò).

Esiste però una consuetudine minoritaria, fatta propria dalla casa editrice Einaudi nelle sue opere a stampa, in base alla quale si adopera l'accento acuto per tutte le vocali considerate chiuse (é, í, ó, ú) e l'accento grave per tutte le vocali aperte (à, è, ò).

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