Lorenzo Scarpelli

"L'umanità [...] la divido in cinque categorie: gli uomini, i mezz'uomini, gli ominicchi, i (con rispetto parlando) pigliainculo e i quaquaraquà". Questa bella citazione dal romanzo di Sciascia si trova nel Vocabolario della lingua italiana Treccani, che, in qualche modo, dà una definizione articolata e onnicomprensiva: "chi parla troppo, quindi chiacchierone (e, nel gergo della mafia, delatore), o anche a persona alla cui loquacità non corrispondono capacità effettive, e perciò scarsamente affidabile". Grosso modo sulla stessa linea interpretativa si muove il Grande dizionario della lingua italiana del Battaglia, nel quale manca però l'ampliamento metonimico riferito a persone poco capaci e sostanzialmente inaffidabili. Per l'etimo, si annette la voce al campo del fonosimbolismo, in quanto essa ricorderebbe il verso delle oche (così il Treccani; nel Battaglia, la soggiacente voce quaquarà si definisce come imitativa del verso di quaglie, oche, papere e sim.; in due esempi su tre, la voce si riferisce alle quaglie). Lo studioso siciliano Salvatore Claudio Sgroi ha fatto le pulci a queste definizioni, spiegando che "la parola proviene dal siciliano quacquaraquà e vale 'individuo senza spina dorsale, inutile, inconcludente'" e annotando che in dialetto il termine indica in particolare il verso della quaglia. In siciliano è presente anche la variante quaquaraquà - nella grafia, cioè, più correntemente adottata in lingua -, nel significato di 'zolfataio di scarso rendimento'. Niente a che fare, comunque, secondo Sgroi, con la mafia e l'eccessiva loquacità. In seguito, Manlio Cortelazzo e Carla Marcato, nel Dizionario Etimologico - I dialetti italiani, hanno fatto propria l'interpretazione data da Sgroi ("uomo da nulla, uomo vile").

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