Stella Domino

In italiano la parola idiota entra nel XIV secolo, riprendendo di peso per via colta il latino idiota. In latino, idiota significava 'incompetente, inesperto, incolto' e proveniva a sua volta dal greco idiótes. Idiótes voleva dire 'uomo privato', in contrapposizione all'uomo pubblico, il quale ultimo rivestiva cariche politiche e dunque era colto, capace, esperto; quindi già in greco idiótes valeva 'uomo inesperto, non competente'. Torniamo alla lingua italiana del Trecento: idiota vi significa (e di lì in poi significherà fino ai giorni nostri) 'che, chi è stupido, privo di senno, incapace di ben ragionare' e, anche per influsso della coeva poesia francese, 'incolto, ignorante'. Come per altri vocaboli di significato simile (stupido, scemo, imbecille ecc.) è possibile fare di idiota un uso, come dire, aggressivo, adoperandolo come epiteto spregiativo o colloquialmente scherzoso.

Idiota 'chi è malato di idiozia' risente di una tecnicizzazione medica del vocabolo idiozia e famiglia (idiota, idiotismo), che ci proviene dal francese dell'Ottocento. L'idiozia come 'grave malattia dello sviluppo mentale' ha cessato da tempo di costituire una fattispecie nosografica valida nella medicina. Insomma, oggi idiota e idiozia restano nel dominio esclusivo della lingua comune.

Per un celebre idiota letterario, basti citare L'idiota (titolo originale russo: Idiòt) del grande narratore Fëdor Dostoèvskij. L'"idiota" protagonista del romanzo, il principe Myškin, è però un idiota molto particolare, segnato da una forte valenza simbolica: un candido, un buono integrale, un angelo che cerca di farsi uomo e, in quanto tale, riguardato dagli altri esseri umani - di animo molto meno nobile - come una sorta di socialmente disadattato, di mentecatto, di malato di idiozia (nel senso tecnico del termine, allora in voga): un idiota, appunto.

L'idiota della locuzione utili idioti è, come mostra di sapere il signor Cristofori, un "idiota politico": in origine, appena dopo la seconda guerra mondiale e per molti anni ancora, l'espressione (coniata da Stalin ma immediatamente fatta propria dagli anticomunisti) si riferì a coloro che, per ingenuità, finivano col fare gli interessi dei partiti di sinistra (e specialmente del Partito comunista), pur non militandovi. In séguito, per estensione, pur mantenendo il significato originario, la locuzione ne ha sviluppato uno più generico, riferendosi a chiunque agisce a vantaggio di altri senza che il proprio merito sia riconosciuto e senza guadagnarci nulla.