Elisabetta Favi

Basette, basettoni, fedine, favoriti, scopettoni: tutti i vocaboli citati - in genere adoperati al plurale - si affacciano all'uso dell'italiano scritto nel XIX secolo. Si noterà che fedine e favoriti designano una certa foggia di basette tipica della moda ottocentesca: un'estensione dei capelli che viene lasciata espandersi ai lati della faccia fino a giungere al mento, lasciandolo libero - è sufficiente richiamare alla memoria certi ritratti di Camillo Benso conte di Cavour. Già qui, però, è necessario distinguere, sia sotto il rispetto dell'analisi lessicologica, sia facendo ricorso a considerazioni extralinguistiche. Favoriti è, nel significato che ci interessa, un calco del francese favoris, attestato in francese dal 1786. La parola suscitò l'immediata reazione dei puristi nostrani, dal Molossi all'Arlìa e al Fanfani, proprio per la sua natura di forestierismo semantico, con echi che giungono fin dentro alle istanze puristiche del secolo XX: basti leggere, s.v. Favoriti, l'inizio dell'analisi che della voce fa Paolo Monelli (Fiorano Modenese, 1891 - Roma, 1984) nel suo Barbaro dominio (II edizione riveduta e corretta, 1943): «Anche questa parola è contrabbando forestiero». Monelli afferma che «veramente ci dorrebbe che per questo solo vocabolo andassero in disuso le altre parole», cioè scopettoni («bellissima espressione») e fedine; e poi nota come «in tutta Italia si dice anche basette e basettoni», anche se propriamente «basette indicano fedine di pelo corto e che si arrestano al sommo delle gote». Nel  suo Dizionario del dialetto veneziano (1829, 1856), Giuseppe Boerio (Lendinara, Rovigo, 1754 - Venezia, 1832) dice di Le favorite  che è neologismo importato dalla Francia per definire quelle particolari strisce di barba divenute di moda «dopo la nostra rivoluzione politica del 1797». Ci chiediamo perciò se il signore incontrato casualmente dalla signora Favi sia veneto.
Il termine fedine e il referente cui esso rimanda hanno tutt'altra storia. L'etimo, come indicò Bruno Migliorini (Rovigo, 1896 - Firenze, 1975) nella sua Storia della lingua italiana (1960), sta in fede, intesa come simbolico certificato di lealtà al governo austriaco, in quanto chi portava le fedine non faceva che imitare le abitudini del regnante Francesco Giuseppe. Il termine, pur ampiamente attestato nell'italiano di Toscana, dovette irradiarsi dal Lombardo-Veneto.
Di basette e basettoni (i quali ultimi, in fin dei conti, si riferivano allo stesso referente di fedine e favoriti), si dirà che si tratta di termini coevi ai succitati e dalla carica connotativa neutra, insomma ideologicamente non sospettabili. Va aggiunto, però, che, ancora nell'Ottocento, v'era una certa oscillazione nell'uso di basette, poiché il termine, ricevuto per via scritta dalla tradizione letteraria antica, indicava originariamente la striscia di peli fatta crescere sotto il naso, cioè i baffi. Le attestazioni letterarie ottocentesche e primonovecentesche, infatti, si spartiscono a metà i due significati del termine; poi basette 'baffi' scomparirà.

Gli scopettoni - tanto amati dal Monelli -, in virtù dell'identificazione analogica con l'arnese per le pulizie domestiche, hanno via via ristretto il loro uso a contesti scherzosi.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata