C’è, crediamo, un equivoco di fondo alla base di questo spiacevole episodio, per cui un illustre rappresentante della comunità di Castelvetere in Val Fortore (BN), il professor Elio Buontempo, è rimasto colpito dolorosamente dalla risposta al quesito, da lui stesso riportata nella sua replica. L’equivoco – del quale possiamo senz’altro farci carico, per parte nostra – nasce dal fatto che non ci è sembrato che la domanda intendesse esprimere la profondità delle indagini, degli studi, della documentazione acquisita sul merito della questione, né che fosse su quella base, non esibita, che poneva il quesito: sembrava, viceversa, porre un quesito che astraeva dalla complessità della storia, chiedendo conto di una “correttezza” formale e non sostanziale. Sulla base di un formale riscontro delle collisioni omofoniche abbiamo dunque dato una risposta (col debito tono di cautela), evidentemente senza alcuna intenzione di mostrarci superficiali o, meno che mai, di offendere la cultura e la tradizione locale di Castelvetere in Val Fortore e dei suoi abitanti.

Ciò detto, chiediamo scusa se abbiamo male interpretato il senso del quesito, ben consapevoli, in realtà, che da tempo è acclarata la consistenza dell’etnico Castelvetrese, come attestato anche nell’autorevole DETI, il Dizionario degli etnici e degli antroponimi italiani di Teresa Cappello e Carlo Tagliavini.