Un’idea molto diffusa pretende che ogni animale faccia un verso (e uno solo) e esista un nome (un verbo) per indicare l’azione che l’animale compie quando fa quel verso. Non è così. Gli animali fanno tanti versi, non uno solo. Pensiamo al gatto. Il gatto, per esempio, secondo la nostra esperienza, mica si accontenta di miagolare. Certo, miagola, ma anche miaula, gnaula, mugola, fa le fusa, fa ron-ron, soffia, ronfa… Nel corso dei secoli abbiamo imparato a conoscere molti versi che fanno i gatti (e i cani) e quindi la nostra lingua, l’italiano, ha un nome per tutti quei versi. E può capitare che certi verbi vadano bene per i versi di diversi animali: per esempio, soffiare si può dire, oltre che del gatto, anche di bufalo, cavallo, gufo, tigre e serpente. Ognuno, ovviamente, soffia a modo suo.

Ma il coccodrillo? Fa parte della nostra vita quotidiana da secoli? Alzi la mano chi ha video di nonni e nonne che fanno una tranquilla passeggiata con un coccodrillo al guinzaglio o un selfie di zie o cugini mentre danno da mangiare a un coccodrillo una enorme ciotola di croccantini, nel giardino o in cucina. Dei versi che fa il coccodrillo che cosa possiamo mai saperne noi, in Italia, oggi, o possono mai averne saputo i nostri nonni, bisnonni, antenati?

Allora vogliamo lasciare muto il coccodrillo? Ma no, qualcosa possiamo fargli “dire”: il creatore del blog “Una parola al giorno” ha fatto una semplice ricerca su YouTube e si è guardato un po’ di video sui coccodrilli. Alla fine, ha scoperto che i rettiloni fanno fondamentalmente due versi, per i quali non c’è bisogno di inventare una parola esotica come trimbulare: i coccodrilli sibilano e ruggiscono, un po’ come possiamo immaginare che facessero alcuni loro antenati dinosauri.

Per chi è interessato, ecco il link a un articolo sui versi degli animali scritto per la Treccani dal linguista Fabio Rossi.

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