Dobbiamo ammettere che la parola innamorabile – assente nei dizionari e scarsissimamente rappresentata nella lingua dei giornali contemporanei (tre attestazioni dal 1984 a oggi nella “Repubblica” e una volta nel “Corriere della sera” dalla fine dell'Ottocento a oggi) – pone un problema di fondo: gli aggettivi in -(ib)ile e -(ab)ile hanno un valore di potenzialità passiva: leggibile è ciò che può essere letto, mangiabile è ciò che può essere mangiato ecc. Presuppongono, quindi un verbo che abbia una forte modalità transitiva.

Innamorabile, invece, presuppone un verbo, innamorare che ha usi o antiquati o fortemente letterari ma non diffusissimi, oggi, della modalità attiva. Leggiamo (s. v. innamorare, nel Vocabolario on line Treccani.it) che, come transitivo, innamorare può usarsi in una frase del tipo con la sua grazia lo innamorò ma che è molto più diffuso il supporto del causativo fare: lo fece innamorare.

Questa motivazione retrostante non è una pura faccenda di regolette ma risponde anche, e fortemente, all'uso davvero esiguo dell'aggettivo, Ma – c'è un ma – se nel tempo più di una/o dovesse usare innamorabile in un modo efficace (memorabile = che si può ricordare, che è degno di essere ricordato) e l'aggettivo prendesse piede anche in testi di vario registro, allora... perché no?