Vera Gheno
Parole contro la paura. Istantanee dall’isolamento
Milano, Longanesi (edizione digitale), 2020
In attesa che tutto finisca, ci sforziamo di capire quanto la pandemia muterà la nostra vita, le nostre abitudini e il nostro modo di stare al mondo, senza forse accorgerci che è già cambiato tutto.
Il tempo potrà solo fornirci maggiori strumenti interpretativi e la giusta distanza emotiva per analizzare correttamente questo momento storico, per trovare parole utili a dire quanto e perché abbiamo sofferto, per elaborare teorie certe e inconfutabili, cui seguiranno numeri con le virgole al posto giusto.
Quanto più saremo distanti dall’oggi, tanto più saremo in grado di analizzare con lucidità ciò che è accaduto e che sta accadendo – allo stato attuale il futuro è difficilmente prevedibile. Il cambiamento è qui tra di noi, aleggia nelle nostre città e nei nostri pensieri, così come la paura, della quale nostro malgrado abbiamo imparato a conoscere le sfumature più cupe e imprevedibili, e della quale nemmeno l’essere più immaginifico avrebbe mai pensato potesse avere la forma di una nanoscopica corona.
Chi ha potuto permettersi il lusso della rinuncia ha iniziato a fare a meno del superfluo, rinchiudendosi nella propria casa più o meno dorata, più o meno equipaggiata per affrontare la nuova vita, osservata dal balcone della propria abitazione, dal monitor del computer e dallo schermo del televisore. Chi non ha potuto scegliere, è stato costretto a perdere e basta, a stare chiuso senza balconi né monitor e a contare i giorni con quattro linee verticali tagliate da un tratto obliquo. Tutti però, sia i fortunati sia gli sfortunati, hanno dovuto confrontarsi con le parole per dirlo. Un lessico fatto di espressioni e termini premuti a forza nella lingua di tutti i giorni, che ci ha permesso di comprendere meglio che cosa stava succedendo intorno a noi e in che modo difenderci, come turisti catapultati d’improvviso in un Paese sconosciuto, costretti ad imparare in breve tempo un idioma straniero per capire e per farsi capire.
Non più di un mese fa, sarebbe stato impossibile sentir pronunciare nelle lunghe file dei supermercati (per molti giorni unico vero luogo di socializzazione) parole come lockdown (più in voga di isolamento), autodichiarazione o focolaio, magari da anziane signore che non hanno ancora metabolizzato il passaggio dalla lira all’euro.
Sono molti gli studiosi della lingua che si sono dedicati ad analizzare il terreno fertile del lessico dell’emergenza, immersi anche loro in questa «situazione che molti non esitano a definire distopica».
Vera Gheno, sociolinguista e social media manager, con la capacità di leggere l’attualità e la sensibilità che la contraddistinguono, ha elaborato Parole contro la paura. Istantanee dall’isolamento, un libro appena pubblicato in versione digitale da Longanesi.
Un’idea assai originale, che ha preso vita dall’acuta intuizione di fotografare il momento attuale attraverso un sondaggio realizzato tra i frequentatori del profilo Facebook della Gheno (le prime tre parole venute loro in mente in questo periodo), la quale, da esperta di infosfera, ha poi organizzato in modo brillante le informazioni ottenute facendone un libro.
Dall’isola Covid è stata lanciata in mare aperto una sorta di bottiglia, al cui interno i naufraghi hanno inserito istantanee dall’isolamento: bigliettini di parole, sentimenti, stati d’animo, dubbi e molto altro di un mondo assediato da un nemico onnipresente. Chi raccoglierà la bottiglia avrà qualche strumento in più per leggere gli incredibili (ma veri) giorni in cui la vita sulla Terra è cambiata.
Come la Gheno sottolinea, «se è pur vero che un’immagine vale, normalmente, mille parole come ovviare all’overdose di esse?». Le immagini vere e proprie sono talmente tante che si perdono, si mischiano nella nostra mente: anche le più belle, le più drammatiche o le più significative corrono il rischio di essere dimenticate semplicemente perché sono troppe. Così Vera Gheno le ha trasformate in un «album di “polaroid di parole”» e ha costruito una «narrazione più intimistica, più personale, dell’evento che ci vede tutti coinvolti: una sorta di visione magari alternativa a quella delineata dai mezzi di comunicazione di massa».
Ventisei “nuvole” composte da parole di dimensioni differenti, grandi e piccole, che narrano lo «spirito del tempo», con rigore scientifico, sobria leggerezza e amabile ironia, per mezzo di etimologie, significati, collegamenti semantici, rimandi a musica, cinema, articoli di giornale e a molto altro, in una navigazione che rende tutta la vitalità e le contraddizioni dell’attualità.
Alla fine di ciascun capitolo, il racconto è corredato di due parole collaterali, una appartenente alla Panmedìa («il filone delle parole direttamente legate al racconto della pandemia sui media) e l’altra allo Zeitgeist («termini che sono emersi, o tornati in auge, di questi tempi, e che in qualche modo contribuiscono a delinearne, appunto, lo spirito»).
Dalla A di attesa alla Z di zombie ogni capitolo è narrato con la grazia e la ricchezza di un racconto. Un lemma circondato da altre parole disposte come satelliti che orbitano attorno a un pianeta principale, che con esso condividono la lettera iniziale e la vita nuova assunta in questa speciale circostanza.
Prendiamo ad esempio il capitolo dedicato alla V (di vuoto, vitamina D, vino, virus, vita e tanto altro). Inizia con la citazione di un brano del gruppo musicale Nine Inch Nails (che è possibile ascoltare cliccando sul link del titolo Into the void, ‘Nel vuoto’), da cui origina la spiegazione dell’irrefrenabile sensazione di «scivolare via» nel vuoto, «dal latino parlato *VOCITU(M), variante di *VACITU(M), participio passato di *VACERE ’essere vuoto’», un aggettivo che «da sempre indica qualcosa che è totalmente privo di contenuto».
Poi dalla nuvola si stacca vino, bene di consumo consolatorio sì ma non univocamente definito di “prima necessità” (si rimanda a un articolo su un uomo multato perché aveva acquistato solo bottiglie di vino in un supermercato). La parola del box Panmedìa è virus, in cui si legge anche un’interessante riflessione sulla denominazione virus cinese, «deleteria e potenzialmente istigatrice di razzismo». Nel box Zeitgeist c’è Video-*, un prefissoide che non è «stato mai produttivo quanto in queste settimane», che ha dato vita a tutte quelle occasioni sociali, formative e lavorative cui è stato sottratto il contatto umano, sostituito nella parola da video-. Ecco quindi videoconferenze, videolezioni, videoseminari, videoformazione, videoriunioni, ma anche videoaperitivi e videopranzi. Quando potremo tornare a frequentarci, elimineremo video- per partecipare a conferenze, seminari e organizzare pranzi o aperitivi.
Mai come in questo momento la lingua è intrisa di vita e del suo contrario; le parole, negli ultimi tempi spesso usate senza cura, svuotate di significato e di forza, ritornano sulla scena da protagoniste, traboccano di verità, anche perché non è più tempo di dire sciocchezze. Se vorrete conservare la sostanza di questo periodo, non dimenticare, nonostante tutto, conservate questa istantanea coinvolgente e appassionata. In genere è nella narrativa e nella poesia che ritroviamo noi stessi, Parole contro la paura è una bella eccezione.