Niccolò Machiavelli

Lettere

Direzione e coordinamento di Francesco Bausi

Roma, Salerno Editrice, 2022

Che la corrispondenza privata degli autori costituisca un patrimonio prezioso sia sul piano storico e documentario sia per la conoscenza dell’uomo e dello scrittore, la cui officina vi si offre in tutti i suoi segreti di fabbricazione, è un dato sufficientemente acquisito, al punto che negli ultimi decennî l’editoria italiana ha ritenuto di riservare al genere uno spazio più che congruo: si pensi soltanto ai carteggi Contini-Pizzuto, Nencioni-Pizzuto, Cecchi-Contini, Contini-Gadda, Contini-Sinigaglia.

Ora, per l’Edizione Nazionale delle Opere di Niccolò Machiavelli, realizzata dalla Casa romana con la collaborazione del «Centro Pio Rajna», Francesco Bausi dà fuori in tre corposi tomi (magistralmente curati con Alessio Decaria, Diletta Gamberini, Andrea Guidi, Alessandro Montevecchi, Marcello Simonetta, Carlo Varotti, Luca Boschetto e Stella Larosa) il carteggio privato del pensatore e letterato cinquecentesco (non allestito — come, ad esempio, quello del Petrarca — in modo “umanistico”, ossia al fine di automonumentalizzarsi, ma mai rielaborato e persino trascurato), di gran lunga il territorio più inesplorato (sinora privo d’un’edizione critica con basi scientifiche e di un commento esauriente), fondamentale per la comprensione della storia fiorentina e italiana dei primi anni del Cinquecento (1497-1527), definito dallo storico Roberto Ridolfi non solo «il complemento ma il necessario commento delle opere politiche, storiche e letterarie; né queste potranno essere considerate che nel contesto di quello, se si voglia cavarne un giudizio equanime, oltre che sullo scrittore e sul pensatore, sull’uomo»; e Michele Ciliberto: «la dimensione autobiografica è il basso continuo della meditazione di Machiavelli […]. Nella sua vicenda intellettuale riflessione storica ed elementi autobiografici sono intrecciati in modo inestricabile».

Così il coordinatore nella sua documentatissima Introduzione:

La generalizzata e inveterata propensione, quando ci si occupa di Machiavelli, da un lato a privilegiare l’approccio teorico-filosofico, dall’altro a spingere con forza il pedale dell’attualizzazione e dell’“appropriazione”, spiega non solo lo scarso interesse per le lettere private in quanto “opera”, ma anche la loro persistente “sfortuna” e la resistenza a farle entrare a pieno titolo nel circuito critico ed esegetico: ogni carteggio — a maggior ragione quando sia, come quello machiavelliano, una raccolta di lettere “autentiche”, e non un “epistolario” costruito dall’autore a mo’ di autoritratto ideale — è infatti la pietra di paragone con cui ogni interprete e ogni interpretazione devono fare i conti. Non è un caso, né è dipeso esclusivamente da circostanze materiali, che tra gli scritti machiavelliani quello che più diffidenza e sospetto ha generato, e che di conseguenza più ostacoli ha dovuto superare per approdare nella sua interezza alla stampa, sia proprio il carteggio privato, la cui prima edizione completa — completa, s’intende, per le conoscenze dell’epoca — fu approntata da Edoardo Alvisi solo nel 1883; eppure, nonostante le polemiche sollevate fin dall’inizio dalle opere politche del Segretario, nonché le critiche feroci, le accuse e le censure da cui esse furono a lungo colpite, tutto il Machiavelli maggiore nel 1532 era già disponibile a stampa, nel 1549 furono pubblicati anche gran parte degli scritti letterari fino ad allora rimasti inediti, e a partire dalla prima metà del XVI secolo queste opere non hanno di fatto mai cessato di essere ripubblicate e tradotte, in Italia e all’estero […]. Una lettura del carteggio spassionata e attenta ai dati “positivi” che esso fornisce può ancora oggi valere come ausilio alla più piena conoscenza del Machiavelli uomo e scrittore, e può contribuire a gettare un po’ di luce su alcuni aspetti controversi della sua vita e della sua cultura. Dettagli, piccoli indizi, quelli che si reperiscono nelle lettere: ma dettagli e indizi da non trascurare, perché provengono da documenti — come le lettere private — che possiedono un grado di attendibilità e di “sincerità” certo superiore a quello di altri testi, e che per questo possono contribuire a mettere in discussione certi luoghi comuni e a rivelare l’infondatezza di certe tesi. (pp. XI-XII, XX).

Le lettere contraddicono innanzitutto l’opinione vulgata che dipinge un Machiavelli peritissimo filologo e classicista, mentre il carteggio contiene non più di tre passi tratti dalle Metamorfosi di Ovidio e pullula, per converso, di citazioni d’autori volgari (oltre alle Tre Corone, Burchiello, Pulci, Poliziano, Ariosto); né pare fondata la tesi secondo la quale il Segretario sarebbe stato un profondo conoscitore d’opere filosofiche, giacché le lettere non contengono una sola citazione di filosofi antichi e moderni. Quanto all’immagine d’un ateo anticlericale, «Certo, Machiavelli non era un bigotto, un estimatore di preti e frati, o un uomo particolarmente pio e devoto. Ma non mi pare che questo basti a dipingerlo come un miscredente, e non solo perché saltare qualche messa o parlar male del clero non significa esserlo, né perché le sue valutazioni del Savonarola sono essenzialmente valutazioni politiche, o perché nella lettera su fra Girolamo e in quella su Francesco da Montepulciano trapela soprattutto l’avversione alle pratiche più superstiziose e fanatiche della religiosità popolare; ma anche e ancor più perché in quelle frasi machiavelliane agiscono palesemente il gusto tipicamente fiorentino del dileggio e della beffa […] e la fedele adesione alla propria “maschera” di uomo anticonformista e insofferente delle convenzioni, delle pratiche religiose e della morale corrente» (Introduzione, p. XXVI).

Il carteggio consta di 82 lettere di Machiavelli e 272 di corrispondenti, tra i quali spiccano il Vettori e il Guicciardini, oltre a Biagio Buonaccorsi, Agostino Vespucci, Filippo de’ Nerli e Filippo Strozzi. Le ricche appendici comprendono la minuta di una lettera di Machiavelli a Francesco Vettori e di una responsiva del destinatario; due missive escluse dal corpus (a firma di Biagio Buonaccorsi e di Piero Soderini); sei lettere ufficiali “estravaganti”; quattro lettere scritte dal Segretario per conto di altri; quattro testi paraepistolari; due testamenti di Machiavelli; una lettera di Piero Machiavelli a Francesco Nelli; avvertenze di Giuliano de’ Ricci alle lettere di Machiavelli.

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