Stefano Tonietto

Altri dodici Cesari

Roma, Exòrma, 2022

Si è mai sentito parlare di C. Vanesius Suetoniectus e della sua Historiola Augustula? No, impossibile, perché sia lo scrittore latino sia la sua opera sono frutto della fantasia dell’autore di Altri dodici Cesari. Stefano Tonietto, che insegna latino e italiano in un liceo di Padova, ha immaginato un personaggio «non altrimenti noto», tale Svetonietto (un po’ Svetonio e un po’ Tonietto?), che, a sua volta, ha biografato dodici immaginarî imperatori romani (anzi tredici, considerando l’ultimo descritto nell’Appendice).

Come in un gioco, in cui le regole devono essere rispettate per far sì che tutti i partecipanti si divertano, Tonietto ha elaborato una cornice storico-letteraria plausibile, conferendo verosimiglianza sia all’Historiola sia al narratore. Già nell’Introduzione: «questo florilegio di biografie di imperatori romani si colloca come epigono da un lato del De vita Caesarum di Svetonio, di età adrianea, più noto come Vite dei dodici Cesari, dall’altro della cosiddetta Historia Augusta, una raccolta di vite imperiali del II e III secolo d. C. […]».

Illustrando che cosa manca al testo di Svetonietto, l’autore, per contrasto, enumera le caratteristiche delle opere menzionate in precedenza: «Da entrambe le opere succitate tuttavia il presunto Svetonietto differisce per una minore attenzione alla credibilità delle fonti, per una maggiore approssimazione storiografica e per un approccio disinvolto alla prosa d’arte». E ancora: «L’elegante costruzione della frase, l’imprevedibile ricorso alla variatio, lo scintillare dei concetti e l’incisività delle sententiae sono tutti elementi che in quest’opera decisamente mancano». L’autore non ricorre al Phishing for compliments, sminuirsi per ‘andare a pesca di complimenti’: si fa burla dell’opera di Svetonietto in tono giocoso per introdurre il lettore nella materia dell’opera.

Per esempio, si dice che non vi è un ordinamento cronologico delle vite narrate ma una scelta basata sui primati. «Obbedendo alla passione che gli antichi nutrivano per l’individuazione della priorità, sia nell’arte che nella filosofia che nelle altre attività umane (il concetto di pròtos euretès, il “primo inventore”), il nostro biografo individua nella serie a lui nota dei reggitori dello Stato imperiale Romano coloro che si sono distinti appunto per priorità, sia in senso positivo che in senso negativo».

Vale la pena citare tutti i personaggi della narrazione, perché già dal nome trapela molto dello spirito del libro e della personalità dei protagonisti. Stavolta in ordine di apparizione ecco il primo imperatore plebeo (Imperator Cæsar Spurius Glebanus Augustus), il primo imperatore donna (I. C. Bonus Fortunatus A. - Bona Fortuna), il primo imperatore inesistente (I. C. Flavius Apoculatus A.), il primo imperatore tossico (I. C. Quintus Ovvius Lapalissianus A.), il primo ultimo imperatore (I. C. Iunius Papius Alienus A.), il primo imperatore repubblicano (I. C. Cocceius Dextalinianus A.), il primo imperatore doppio (I. C. Titus Absynthius Laudanus A.), il primo imperatore sportivo (I. C. Decimus Petronius A.), il primo imperatore non umano (I. C. Caius Iulius Incitatus A.), il primo imperatore filosofo (I. C. Gaius Aperitivus A.), il primo imperatore insicuro (I. C. Sextus Dissidius Ethicus A.), il primo imperatore veramente degno (si vedrà perché privo di nome) e, come anticipato, in Appendice, si narra la Vita sacri regis generici Romanorum Imperatoris semper Augusti, cioè del primo imperatore monaco.

Tra il serio e il faceto, una sorta di nota filologica arguta e ironica e, allo stesso tempo, ricca di informazioni vere o verosimili, precede ciascuna biografia, descrivendo, per esempio, l’impianto, le fonti e lo stile, spesso, come si diceva, per sottrazione. Come nel caso di Decimo Petronio: «La varietà meravigliosa di Erodoto, il rigoroso metodo tucidideo, la lucidità analitica di Polibio, l’enfasi retorica di Tito Livio qui sono del tutto assenti».

Con sapiente ironia, in questa narrazione giocosa (ma verosimile) si amalgamano realtà e finzione, letteratura e fantaletteratura latina, personaggi esistiti e altri del tutto inventati, opere note e opere dai nomi estrosi, elementi reali (si veda il garum, una salsa di pesce di cui erano ghiotti i Romani) e invenzioni ingegnose.

La satira è un genere che affonda le radici nella letteratura latina e così la penna di Stefano Tonietto non risparmia quasi nessun Cesare, con la chiara eccezione del «primo imperatore rivelatosi in tutto e per tutto degno del titolo, del trono, della corona e dell’amore e lealtà dei sudditi». Di questa figura, quasi mitologica, non si sa nulla né si conoscono le generalità: dopo le ultime parole del proemio, il testo sfuma nella pagina bianca, quasi un richiamo alla fantasia dei lettori, che dovranno immaginare colei o colui all’altezza di qualità inarrivabili. In fondo alla pagina, una nota chiarisce: «Qui s’interrompe il testo del libro XII giunto fino a noi, probabilmente per la caduta di un foglio nell’archetipo».

I ritratti dell’autore sono concepiti in un’immaginaria latinità, un mondo costellato di umanissimi quanto strampalati antieroi che, dato il ruolo rivestito nella società, si fanno portatori di una critica garbata e spiritosa (ma non meno efficace) delle istituzioni e del potere in generale, della sempiterna vanità dell’essere umano, dell’incapacità dei governanti, condannati ad allontanarsi sempre più dai governati e dai paradigmi positivi che dovrebbero incarnare. Allora come ora?

«In un’epoca di declino della storiografia e di abbassamento del livello culturale del pubblico, quale era quello della decadenza imperiale (III-V secc. d. C.), Svetonietto offriva ai suoi lettori preferibilmente notizie spicciole e curiosità, malignità, pettegolezzi, dettagli pruriginosi. Nemmeno noi d’altronde possiamo dirci esenti da tale propensione; chi ha frequentato le scuole del nostro paese ricorderà che Caligola fece senatore il proprio cavallo, che Nerone incendiò Roma, che Vespasiano inventò i pubblici orinatoi, che Traiano edificò una colonna istoriata. La memoria del non specialista conserva particolari di questo genere, impressi nella sua esperienza scolastica di fanciullo, e non ricorda, o peggio non ha mai avuto accesso alle corrette e articolate conclusioni della seria ricerca storiografica.

Questo dovrebbe indurci a qualche riflessione. La vera e valida azione politica di un governante, nel bene e nel male, non regge ai secoli, rimane solo il dettaglio curioso, magari non verificato, il luogo comune, questo sembra dirci Svetonietto; così verrà forse un’epoca futura in cui le masse ricorderanno di Napoleone soltanto che rubò la Gioconda, di Churchill che mostrava “V” con le dita, di Mussolini che faceva arrivare i treni in orario».