di Stefania Spina*

Dal Vocabolario Treccani.it, s. v. ripresa, s. f.: «r. economica (e analogam. r. produttiva), o assol. ripresa, l’incremento dell’attività economica di un settore o di tutto un sistema economico che succede a una fase di ristagno o di depressione».

Auguro a tutti gli italiani di riprovare e condividere l’ammirazione che un’Italia in robusta ripresa e in corsa per i suoi primati saprà suscitare in futuro intorno a sé. (Discorso d’insediamento alla Camera di Silvio Berlusconi, 13 maggio 2008)

Di solo risanamento l’Italia muore. Dopo più di un decennio senza crescita le politiche per la ripresa non possono più attendere. Semplicemente: non c’è più tempo. (Discorso d’insediamento alla Camera di Enrico Letta, 29 aprile 2013)

Tra le due importanti occasioni istituzionali in cui i brani dei discorsi citati sono stati pronunciati, il nostro paese ha vissuto un quinquennio di sensibile inasprimento della crisi economica mondiale; dal punto di vista lessicale, questo ha portato ad un parallelo incremento dell’uso del termine riferito ad una situazione sempre più evocata (o invocata) da politici e comunicatori: la ripresa.

La ripresa è intesa innanzitutto come ripresa economica; l’espressione è usata in modo occasionale fin dalla fine dell’800, e in modo sistematico, ad indicare il recupero dell’economia dopo una fase di depressione, a partire dal primo decennio del 1900.

Nell’uso assoluto in voga in questi ultimi anni, ripresa sembra tuttavia fare riferimento, oltre che agli aspetti legati all’economia, più in generale al recupero del vigore di un intero paese, delle sue energie produttive ma anche morali e culturali.

La metafora a cui il concetto di ripresa è spesso associato è quella della malattia e della guarigione; l’Italia è un paese depresso, debole nell’economia ma anche nello spirito di reazione. Di fronte a questo perdurante stato di sofferenza, si evoca quasi ossessivamente la guarigione, il miracoloso recupero delle forze, la ripresa.

Proprio come una parola magica, la ripresa è vagheggiata in particolare dai politici, che la agitano come la repentina soluzione di tutti i problemi, e dal mondo dell’informazione, che, nel riportare e commentare le parole dei politici, contribuisce in modo determinante a renderla un ennesimo cliché.

Per i politici è un miraggio o è a portata di mano?

Nelle parole dei politici che fanno attualmente parte della coalizione di governo, la ripresa è un evento astratto, indefinito, ma al tempo stesso talmente vicino che possiamo quasi riuscire a toccarlo; l’astrattezza e l’indeterminatezza del termine si vestono di un’aura metafisica quando l’esistenza stessa di una ripresa viene addirittura contraddetta dai dati:

Nel 2014 la ripresa è a portata di mano, ci sono segnali che possono consentirci di invertire la tendenza. I dati ancora non si vedono, ma sulla fiducia possiamo ripartire (Enrico Letta, 13 novembre 2013).

Di certo, comunque, le opinioni dei politici sulla presenza di segnali di ripresa sono tutt’altro che concordi:

Leggi il #dossier: Secondo l'#OCSE la ripresa italiana è ancora un miraggio @ilpdl (Renato Brunetta, Twitter, 3 settembre 2013).

La metafora più utilizzata, oltre a quella della malattia, è quella del viaggio, del percorso da compiere per giungere alla meta; questa strada, tuttavia, è presentata dai politici come un cammino impervio e pieno di ostacoli:

I segnali di ripresa ci sono ma il clima sociale è molto faticoso e pieno di difficoltà: è questo il rischio più grande per l’autunno (Enrico Letta, agosto 2013)

Tra gli ostacoli che soprattutto si frappongono tra noi e la meta, il più insidioso è l’instabilità, che tradizionalmente caratterizza la vita politica italiana:

Se il governo cade, la ripresa è a rischio (Fabrizio Saccomanni, Ministro dell’Economia, 6 settembre 2013)

L'instabilità minaccia la ripresa, una crisi renderebbe incerta ogni prospettiva (Enrico Giovannini, Ministro del Lavoro, 6 settembre 2013).

La ripresa - ci suggerisce dunque la politica - è un viaggio insidioso e pieno di ostacoli, nel corso del quale tuttavia, come un miraggio, a tratti intravediamo la meta, che, di conseguenza, non può essere lontana.

L’uso insistito di queste metafore non è esente da fraintendimenti: nel trasferire un concetto complesso come quello di ripresa su un terreno concreto e di impatto immediato (la malattia, il viaggio), la metafora comporta necessariamente anche una sua forte semplificazione; della ripresa suggerisce solo alcuni degli aspetti che la caratterizzano - il fatto, ad esempio, di essere vicina, al punto da poterla quasi toccare, o di richiedere pazienza, perché per raggiungerla ci vuole tempo. Altri aspetti - quelli meno facili da perseguire - sono invece oscurati e restano nell’ombra: i complessi fenomeni di tipo economico e sociale, come ad esempio il calo della disoccupazione, che sono il presupposto della ripresa, vengono del tutto occultati da questi usi metaforici del termine.

Per i giornalisti è una debole illusione

Da una breve indagine condotta in un corpus di articoli pubblicati negli ultimi 5 mesi (giugno-ottobre 2013) dall’Huffington Post e da Il fatto quotidiano (versione online), è emerso che ripresa è un lemma molto presente anche sulla stampa: mediamente è stato usato in questi mesi più di due volte al giorno.

Molto più che dai politici, la ripresa è descritta dai giornalisti soprattutto nei suoi aspetti di fragilità: è modesta, debole, fragile, appesa a un filo; ciò che stiamo vivendo sono i primi e incerti segnali, o i vagiti di ripresa. Per dirla come Il Fatto quotidiano (25 settembre 2013), «la ripresa è una debole illusione».

Un fenomeno interessante è l’associazione ripetuta del sostantivo con particolari verbi; agganciare la ripresa, ad esempio, è un’espressione ricorrente sulla stampa, che suggerisce un’altra immagine, quella di un ipotetico appiglio che dobbiamo afferrare se vogliamo procedere più spediti verso il recupero. Su «Repubblica» la locuzione è attestata fin dal 1984, ma sembra diventare di uso corrente solo dopo il 2000, ed incrementare la sua frequenza soprattutto negli ultimi due anni.

Non è un miracolo

Recentemente, l’immagine dell’appiglio da afferrare è stata messa in discussione e sostituita da un’altra:

Sento dire che dovremmo incrociare la ripresa, agganciarla, come se fosse un autobus, ma la ripresa si costruisce, non si aggancia (Matteo Renzi, 17 settembre 2013)

La sensazione è che il termine si sia nel tempo svuotato di significato, e che i suoi confini semantici siano progressivamente evaporati, fino ad indicare genericamente uno stato di cose migliore di quello presente, vagheggiato, fortemente auspicato come un evento miracoloso, ma assai poco concretamente analizzato. Ciò che colpisce in particolare è la descrizione della ripresa come un evento, che, dopo un periodo più o meno lungo di difficoltà, si manifesterà tutto insieme, in modo repentino. Questo atteggiamento non è del tutto nuovo, come dimostra un titolo di _«_Repubblica» di tre decenni fa,

A gennaio scoppia la ripresa. I consumi di elettricità sono aumentati («Repubblica», 31 gennaio 1984)

ma sembra comunque essersi consolidato nel corso del 2013.

Di certo, se la ripresa arriverà, non si manifesterà come un evento soprannaturale, agganciato al volo dagli italiani, ma sarà la conseguenza di una serie di cambiamenti economici e sociali, messi in moto e favoriti da azioni politiche concrete, frutto di scelte precise, che tuttavia così raramente vengono analizzate nelle parole della politica e della stampa.

*Stefania Spina è ricercatrice di Linguistica all’Università per Stranieri di Perugia, dove insegna Metodologia della ricerca linguistica. Si occupa in particolare di linguaggio dei mezzi di comunicazione (ha pubblicato di recente Openpolitica. Il discorso dei politici italiani nell'era di Twitter_, FrancoAngeli, 2012) e di linguistica dei_ corpora_. Cura il blog_ In parole povere.

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