di Luigi Fontanella*

In quest’ultimo scorcio d’estate sono andato centellinando, verso dopo verso, un bellissimo poemetto di Rodolfo Di Biasio: Mute voci mute (Ghenomena, 2017), summula quintessenziale del poeta, narratore e studioso formiano, quest’anno giunto all’età di ottant’anni, al quale porgo, pubblicamente, i miei calorosi auguri di Buon Compleanno.

Tre i “rovelli” attraverso cui Di Biasio articola la sua rogazione: la Guerra, la Fame, la Peste. Sono loro a costituire l’eterno dolore del mondo, fin dai tempi in cui l’umanità è venuta alla luce. È lo stesso autore a dichiararlo nella toccante Nota finale: «Sono passati secoli e l’uomo si trova sempre di fronte alla guerra, alla fame e alla peste. La nuova peste è l’avvelenamento del pianeta: è una peste di cui siamo tutti untori».

Da qui la dolente meditazione di Di Biasio: un canto struggente alla Terra che ci ospita – ricordo per inciso che proprio Poesie dalla terra s’intitolava uno dei suoi migliori libri incipitali (1972), uscito in quella mitica collana di poesia, amorevolmente diretta da Romeo Lucchese per l’editore De Luca a Roma, che nei primi anni Settanta ospitò poeti italiani tra i più nobili e indipendenti (Libero de Libero, Giorgio Caproni, Fabio Doplicher, Lanfranco Orsini, Carlo Felice Colucci, ecc.) – una Terra che noi stessi andiamo disfacendo, guastando, irreparabilmente corrompendo.

È un canto, profondamente ed essenzialmente elegiaco, che non può non rivolgersi al Passato, quel passato che nella mente fervorosa di Rodolfo non è finito ma continua a parlarci (torna di colpo alla memoria una celebre annotazione di Faulkner in Requiem for a Nun: “The Past is never dead. It’s not even past”); quel Passato che può rifiorire come auspicabile moto di rinnovamento della nostra natura, malgrado lo sciupìo costante a cui essa viene quotidianamente sottoposta.

Di Biasio rivive i momenti più terribili della Guerra da lui vissuti da bambino: il suo stupore misto a terrore, quel senso diffuso di smarrimento, gli angosciosi ricoveri nel buio di una stalla, «Mi furono sola compagnia / il buio della stalla per ricovero / i fiati caldi, il fetore del chiuso, / un remoto cielo // Il sole era fuori / inarrivabile / vano esso splendeva / ‒ ricordo di quelle ore i morti / che soldati portavano a dorso di mulo / a macerare nella scarpata / per salvarli dal graffio dei corvi / dai cani che non avevano più casa ‒» (pp. 12-13). Il tutto avveniva sotto quel cielo dei monti Ausoni e Aurunci, azzurrissimo, che mai veramente appartenne al bambino Rodolfo («Quel sole non mi appartenne mai»).

Binomio inscindibile dalla Guerra fu la Fame, quintessenziata in quel tedesco tozzo di pane nero il cui sapore sarebbe rimasto sigillato, indelebile, nella bocca di quel bambino, troppo precocemente diventato uomo adulto, fornendogli nutrimento e pietà.

Culmine straziante è la terza parte di questo elegante libriccino, dedicata alla Peste. Ne riporto la prima strofa (pp. 20-21): «La peste è dell’anima / vi si annida / vi scava purulenti anfratti / e apre a un tempo malcerto / Né giunge a segno / la parola salvifica / Siamo stati untori di noi stessi / Viviamo una terra / dove il vento / in un buio cielo soffia / plastiche una ferrosa polvere / e a folate intristisce pini marini».

Compendio estremo, altamente emblematico e intratestuale della poiesi di Di Biasio, Mute voci mute conferma definitivamente la qualità, il pudore e la coerenza di un poeta saggiamente rimasto fuori da ogni cricca e combriccola di parte, con una sua personalissima voce, netta, polita e distillata.

Foto di Daniele Di Biasio

*Luigi Fontanella, poeta, critico e narratore, è Ordinario di Letteratura italiana presso la State University di New York. Fra i suoi libri più recenti: il romanzo Controfigura (Marsilio, 2009); L’angelo della neve. Poesie di viaggio (Mondadori, Almanacco dello Specchio, 2009); Bertgang (Moretti & Vitali, 2012); Migrating Words (Bordighera Press, 2012); Disunita ombra (Archinto, 2013); La morte rosa (Stampa, 2015); L’adolescenza e la notte (Passigli, 2015, Premio Pascoli, Premio Giuria-Viareggio, ora anche in lingua francese, L’adoscence et la nuit_, tr. Philippe Démeron, RAZ Ed., 2017);_ Lo scialle rosso. Poemetti e racconti in versi (Moretti & Vitali, 2017); e il romanzo Il dio di New York (Passigli Narrativa, 2017). Dirige, per la casa editrice Olschki, la rivista internazionale di poesia italiana «Gradiva».

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