In omaggio a Victor Klemperer e alla sua analisi della lingua del Terzo Reich (Lingua Tertii Imperii), si pubblica di séguito un campionario di espressioni che caratterizzano l’ideologia razzista e neofascista del terzo millennio, indubbiamente favorita dalla crisi economica del 2007-2014, i cui effetti ricordano in parte quelli della Grande Depressione del 1929 (dopo la quale il partito nazista passò da 12 a 107 seggi nel Reichstag), con la non lieve differenza che oggi il capitalismo non si sente più minacciato dal comunismo e che l’ascesa di partiti autoritari corrisponde a un attacco al modello socialdemocratico.
Cruscotto statistico giornaliero
Nella XVII legislatura è stato inaugurato, sul sito del Viminale, il Cruscotto statistico giornaliero: «In questa pagina sono rappresentati i dati relativi al fenomeno degli sbarchi e l'accoglienza dei migranti presso le strutture gestite dalla Direzione Centrale dei servizi civili per l'immigrazione e l'asilo». La struttura del documento (in particolare, i grafici che mostrano la consistenza dei flussi migratori rispetto agli anni precedenti, nonché il censimento su base etnica dei migranti) non favorisce la cultura del diritto d'asilo, in quanto la tendenza suggerita, che i fatti hanno confermato, è quella di ridurre di continuo gli sbarchi, di anno in anno (anzi di giorno in giorno), per arrivare alla cifra ideale: lo zero.
Il sostantivo cruscotto (con accezione metaforica di ‘strumento di monitoraggio’) e l’aggettivo statistico danno un sapore tecnico, asettico, generico alla locuzione, che si perderebbe se si specificasse l’oggetto della rilevazione: ad es., Censimento quotidiano dei richiedenti asilo.
Mondialismo, mondialista, mondialistico
La risemantizzazione di questo concetto risalente agli anni Cinquanta-Sessanta (cfr. fr. mondialisme, mondialiste) ha spostato la connotazione dal versante politico-economico a quello dei flussi migratori, ovvero della libera circolazione delle persone, presentata come un fattore di per sé negativo (si noti il suffisso -istico). Il nesso con il cospirazionismo politico antisemita è garantito dalla figura del finanziere ebreo George Soros, nato in Ungheria, scampato alla Shoah ed emigrato nel Regno Unito nel 1947: il suo comprensibile interesse per l’importanza del diritto d’asilo e delle migrazioni come fattore di riscatto sociale lo ha spinto a investire per finanziare borse di studio e sostenere politiche di accoglienza, attraverso le varie fondazioni della Open Society.
Intervistato da Gad Lerner (34’45’’-36’57’’), Diego Fusaro ha detto: «Dal mio punto di vista, Soros rappresenta la mega-classe dominante oggi, che dopo il 1989 non è più la classe borghese, imprenditoriale, ma è una classe capitalistica, globalistica , finanziaria, basata su singoli individui delocalizzati, diciamo così, apolidi , che stanno letteralmente massacrando i lavoratori e il ceto medio. Abbiamo qui a che vedere oggi con una classe globale capitalistica , che (Marx docet) utilizza sempre nuovi schiavi per produrre a prezzi più bassi. I nuovi schiavi ideali oggi sono i migranti […] l’ideologia mondialistica dello sradicamento dei popoli […] Dal mio discorso non c’è nulla di antigiudaico , non foss’altro che per il fatto che il mio autore di riferimento è Carlo Marx».
Si noterà (oltre all’italianizzazione dell’antroponimo tedesco, tipica della xenofobia linguistica del fascismo) che Fusaro contrappone, attraverso un mediocre giochino di parole, la borghesia imprenditoriale al capitalismo, come se fino alla caduta del Muro vigesse, in Occidente, un’economia diversa da quella descritta nel Capitale di Marx; inoltre il tema dello sradicamento (simile a quello della scristianizzazione in Europa) richiama l’identità nazionale e la xenofobia; infine, è inquietante che si attribuisca agli «apolidi» la responsabilità della crisi del ceto medio, anziché ammettere che la crescita dei mercati in Europa orientale e in Asia ha inevitabilmente contribuito a una redistribuzione della ricchezza a livello globale, togliendo all’Europa e agli Stati Uniti il primato nella crescita economica.
Lo stereotipo del finanziere ebreo complottista ritorna presso vari giornalisti, compreso l’attuale direttore della RAI Marcello Foa, che nell’autunno del 2017 si scagliava contro la riforma della cittadinanza italiana (volta a integrare migliaia di giovani di origine straniera nati e cresciuti nel nostro Paese) e dipingeva a tinte fosche la normale attività di monitoraggio, da parte di Open Society, delle forze politiche dell’UE favorevoli all’accoglienza e all’integrazione: « Open Society di Soros può contare su 226 europarlamentari “affidabili” per promuovere i propri progetti di diffusione dei migranti in tutta Europa […] Quel Soros che lo scorso maggio fu ricevuto a Palazzo Chigi da un gaudente Paolo Gentiloni. Quel Soros che da anni tesse una meticolosa ed efficace rete di contatti negli ambienti progressisti italiani. Quel Soros che ha appena deciso di donare 18 miliardi del suo patrimonio a Open Society. È un uomo potente , influente, determinato, certo coerente con le sue convinzioni. E non è isolato. Fa parte di un mondo che persegue interessi che sono umanitari nelle motivazioni ufficiali ma dall’innegabile valenza politica pro immigrazione, contro la sovranità degli Stati , di aperta ostilità alle identità nazionali , ai valori e alle culture tradizionali» (Marcello Foa, Il cuore del mondo – blog, il giornale.it, 4 novembre 2017).
Il cospirazionismo antisemita ruota sempre intorno ai Protocolli dei savi anziani di Sion, citati anche da un senatore del Movimento Cinquestelle, Elio Lannutti, peraltro già presidente dell’Adusbef (Associazione Difesa Utenti dei Servizi Bancari e Finanziari), dunque, in teoria, esperto di banche e mercati. La sua condivisione, su Facebook, di un becero articolo di propaganda antisemita ha suscitato ampie polemiche, nonché un indagine in corso; il parlamentare si è scusato dicendo di non condividere il contenuto che aveva condiviso (il gioco di parole è quanto mai necessario).
Sostituzione etnica
Il saggio del 2011 di Renaud Camus, Le Grand Remplacement (espressione ripresa di recente dall’australiano islamofobo Brenton Tarrant, responsabile del massacro di Christchurch, in Nuova Zelanda, e autore di un opuscolo intitolato appunto The Great Replacement), ha dato massima eco a una teoria del complotto di tipo demografico, che dissimula la xenofobia (e, soprattutto, la melanofobia) attraverso la retorica dell’invasione africana. In Italia, nel febbraio del 2015, Matteo Salvini arriva perfino a parlare di pulizia etnica (terribile espressione da LTI) e di sostituzione etnica, addirittura presentando i migranti come terroristi: «I padani sono discriminati, vittime di pulizia etnica , di sostituzione di popoli […] è in corso un’operazione di sostituzione etnica coordinata dall’Europa […] L’Isis sta organizzando lo sbarco di 200.000 immigrati. Renzi e Alfano collaborano, mettendo a disposizione navi e alberghi. I confini vanno difesi!» (ilfattoquotidiano.it, 17 febbraio 2015). Si noterà, en passant, che nel 2015 esistevano ancora «i padani».
Taxi del mare
La campagna mediatica contro le organizzazioni non governative (ONG) che si occupano di salvataggi in mare aperto si è giocata sulla fortuna di una cinica metafora, tesa a trasformare una situazione di pericolo in una piacevole esperienza di viaggio. Il 24 aprile 2017, alle ore 18,15, l’AGI è costretta a pubblicare una rettifica: « In una precedente versione di questo articolo si riportava la frase: “Le navi delle organizzazioni umanitarie (...) usate dagli scafisti come taxi”. Tale frase era erroneamente attribuita alla pagina 32 del rapporto Frontex. Il lettore @elreytuqueque ci segnala che la frase non è presente nel rapporto. Abbiamo corretto e ci scusiamo con i lettori per l'imprecisione» (agi.it, 15 marzo 2017). Purtroppo, quando si cambia il titolo di un articolo online, il vecchio titolo resta nell’indirizzo di rete. I politici hanno fatto ampio ricorso alla locuzione taxi del mare, senza porsi alcun problema di ordine morale:
Al di là del fatto che le inchieste sulle navi di soccorso sono state archiviate, colpisce il cinismo elettorale nello sfruttare il dramma dei migranti (prima detenuti e torturati in Libia, poi liberati previo pagamento di un riscatto e abbandonati in mezzo ai flutti del Mediterraneo) pur di conquistare voti.
Del resto, parafrasando Marr (ma anche Salvini, alla rovescia), potremmo parlare di un vero e proprio business della xenofobia. Non è facile liberarsi dal crimine che paga, quando è socialmente accettato; ma, forse, conoscere la storia può ridurre il consenso e attribuire il meritato biasimo ai discorsi di odio.
Immagine: George Soros nel 2012 al Festival dell'economia di Trento.
Crediti immagine: Niccolò Caranti [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)]