02 agosto 2021

El pibe de oro de los Xeneizes

 

Il legame di Maradona con l’Italia è stato, tutti quanti lo sappiamo, fortissimo, e rimane associato in particolare alla militanza partenopea del calciatore. Ma non va dimenticato che molti aspetti della sua leggenda sono strettamente connessi a un’italianità diversa e per certi aspetti più profonda, anteriore all’approdo di Diego alla squadra del Napoli: essi risalgono alla sua stessa origine argentina e al rapporto speciale che la nazione sudamericana, meta per circa un secolo, tra Ottocento e Novecento, di una massiccia immigrazione dall’Italia, intrattiene storicamente col nostro paese.

È ben noto infatti che circa la metà della popolazione ha oggi origini italiane, e che sotto diversi aspetti la cultura argentina nelle sue variegate manifestazioni (dalla lingua all’alimentazione, dalle arti alla musica e alla letteratura) risente in maniera fruttuosa di questo apporto.

In questo contesto, però, anche se Napoli e i Tanos (come vengono localmente definiti i Napoletani) hanno avuto un loro ruolo importante, ancor più significativa è stata l’influenza di un’altra cultura regionale e di un’altra città, Genova, per la elaborazione della cultura popolare della città di Buenos Aires, la metropoli e capitale del paese.

 

Manuel Belgrano e la bandiera biancoazzurra

 

Occorre del resto sottolineare come il peso avuto dall’immigrazione ligure nel paese sudamericano non fu tanto di carattere quantitativo (anche se dalla Riviera di Levante soprattutto presero la via delle America flussi numericamente consistenti di emigranti) quanto dovuto al fatto che i liguri furono i primi tra gli italiani a costituirvi comunità compatte. 

Già alla fine del Settecento in quelle che erano allora le spagnole Province del Plata i liguri erano numerosi, e tra essi figurano i genitori di uno degli eroi nazionali argentini, Manuel Belgrano, ideatore tra l’altro della bandiera biancoazzurra. Lo divennero ancor di più dopo il 1815, quando in molti, in polemica con l'annessione della Repubblica di Genova da parte della monarchia sabauda, abbandonarono il loro paese: sorse così, in particolare, la Boca di Buenos Aires, un sobborgo abitato esclusivamente da marittimi e pescatori liguri, destinato a diventare uno dei luoghi fondativi della cultura popolare rioplatense.

Proprio in relazione a questa presenza, già negli anni Trenta dell'Ottocento le relazioni dei consoli piemontesi sono ricche di riferimenti a «quei genovesi, che ostentavano una completa indifferenza, se non ostilità, verso gli agenti consolari sabaudi», dovuta soprattutto alla loro «antipatia nei confronti di casa Savoia, o al fatto di essere in molti casi criminali o disertori»: si trattava di una vera e propria «società di Genovesi determinati a contrariare la volontà del Governo del Re. Per dare a V.E. un’idea della popolazione genovese che risiede a Buenos Aires, mi sarà sufficiente dire che tra più di 5.000 individui che la compongono, sarà difficile trovare un cancelliere per il Consolato». Anzi, il povero diplomatico era persino costretto, quando li riguardavano, a far «tradurre i propri atti in lingua volgare genovese, per essere compreso» da quei sudditi riottosi.

D’altro canto, le testimonianze sull'uso del genovese nell’Argentina in quegli anni sono piuttosto numerose, e non soltanto alla Boca, dove già nel 1851 un viaggiatore «si sarebbe, per incantesimo illuso, udendo il genovese generalmente usatovi, di vivere sul litorale della solerte Liguria», ma persino lungo le grandi arterie fluviali dell'interno, dove «nei centri più importanti di popolazione […] dopo la lingua del paese, non si parla che in genovese, il quale suona un po’ imbastardito sulla bocca di barcaiuoli, di facchini, di tutta quella gente che si stringe insomma a’ panni del forastiero».

 

Il genovese della Boca

 

E la grande emigrazione doveva ancora cominciare: quando essa si fece più massiccia, nella seconda metà dell’Ottocento, essa arrivò a influenzare significativamente la stessa lingua del paese di adozione, come si rileva dalle numerose parole che lo spagnolo popolare di Buenos Aires (il lunfardo) ha preso in prestito,in particolare, dal genovese della Boca, nel quale era persino scritto un giornale fino alla metà degli anni Cinquanta del Novecento.

Meno spesso si sente menzionare l’esistenza, accanto al genovese e al lunfardo, di un’altra varietà, la lengua giacumina, una delle forme della commistione tra i due idiomi entrati in contatto: era essenzialmente il risultato del tentativo dei genovesi di parlare a castiggia, ossia lo spagnolo, adeguandolo alla fonetica della loro lingua materna e infarcendolo di parole e locuzioni liguri. Qualcosa di simile fu in seguito il cocoliche nato dal contatto tra lo spagnolo e i dialetti italiani, soprattutto meridionali, di altri immigrati, ma l’antichità e la compattezza della comunità genovese spiega non solo il diverso nome, ma anche la precocità delle attestazioni scritte, al punto che si parla di una «literatura giacumina». Il curioso nome della lengua giacumina è anzi legato proprio alle sue fortune letterarie: si ispira infatti al titolo di un fortunato romanzetto di Ramón Romero, Los amores de Giacumina. Escrita per il hicos dil duoño di la fundita dil Pacarito (1887), che racconta le avventure della vivacissima figlia, appunto, di un immigrato ligure.

 

Il primo pibe fu Ernesto Lazzatti

 

A questo punto in molti si chiederanno cosa c’entrino queste vecchie storie di immigrati e di mescolanze di lingue con Maradona, l’uomo e il mito. Vediamo subito di scoprirlo.

In tanti conoscono, in particolare, il soprannome del calciatore, «El Pibe de oro», ma forse non tutti sono al corrente del significato, “ragazzo d’oro” e soprattutto dell’origine dell’espressione, che risale ai tempi della militanza di Maradona nel Boca Juniors e che Diego ereditò da un altro storico calciatore dell’equipo, Ernesto Lazzatti (1915-1988).

Ora il Boca, si sa, nacque nel 1905 proprio come club sportivo del quartiere genovese di Buenos Aires, tanto che i suoi sostenitori si fanno tuttora un vanto di quell’appellativo, los Xeneizes (“i genovesi”, con grafia un po’ eccentrica). Esso accomuna ormai da tempo i sostenitori della squadra indipendentemente dalla loro origine, ma in passato gli hinchas (tifosi) del Boca erano anzitutto gli argentino-liguri, e la memoria di questa primogenitura è rimasta a tal punto radicata nella memoria collettiva che il sito ufficiale dell’equipo ha avuto i suoi testi (oltre che in spagnolo e in inglese) anche in genovese.

Il rapporto tra lingua e tifoseria, in passato, era fortissimo: quando, anni fa, realizzai un documentario sulle vicende del genovese in America, intervistando proprio alcuni sostenitori del Boca, uno di loro me lo descriveva in questi termini, in un pittoresco miscuglio, ricordando le pittoresche esternazioni del pubblico sugli spalti: «tutta la familia vegniva a veder al Boca e parlà u zeneise; e paròlle ciü belle l’éan belinùn… e quande quarchedün u fava ina mala zügata, belinùn!, ghe gridàvun» (“tutta la famiglia accorreva ad assistere alle partite del Boca per parlare genovese; la parola più gentile [nei confronti dei calciatori] era belinun… e se uno di loro sbagliava il gioco, belinun, gli gridavano”).

 

Quel pivello di Diego Armando

 

Bene, a sua volta pibe, appunto, è riconosciuto da tutti gli studiosi di lessico argentino come un termine d’origine genovese, passato alla lengua giacumina e di qui al lunfardo come abbreviazione di pibete, pebete, adeguamento locale di pivetto che ha tuttora in Liguria valore scherzoso di “ragazzino, pivello”: è successo un po’, insomma, come tra i giovani d’oggi, che amano dire “raga” invece di “ragazzi”.

El pibe de oro, lo storico soprannome di Maradona, altro non è insomma che una delle decine di parole liguri penetrate nella conversazione quotidiana degli argentini e degli uruguayani, esattamente come la fainá e il menestrún sono presenti da tempo sulle loro tavole quali conseguenze di una presenza che, come si anticipava, ha contribuito in maniera significativa alla elaborazione della cultura popolare rioplatense. «Dale Boca, belín!»: dovunque sia ora, e spero finalmente in pace, a Diego Armando questo incitamento risuonerà per sempre nelle orecchie.

 

 

Bibliografia

Abad De Santillán, Diccionario de argentinismos de ayer y de hoy, Buenos Aires, Tip. Editora Argentina, 1976.

 

Conde, Ó., Diccionario etimológico del lunfardo, Buenos Aires, Taurus, 2010.

 

Conde, Ó., Lunfardo. Un estudio sobre el habla popular de los argentinos, Buenos Aires, Taurus, 2011.

 

Devoto, F., Inventando a los italianos? Imágenes de los primeros inmigrantes en Buenos Aires (1810-1880), in «Anuario del IEHS», 7 (1992), pp. 121-135.

 

Fontanella de Weinberg, M. B., El español bonaerense: cuatro siglos de evolución lingüística (15801980), Buenos Aires, Hachette, 1987.

 

Galiñanes Gallén, M., La comicidad en Los genoveses somos así, in «Theatralia. Revista de poética del teatro», 22 (2020), pp. 269-280.

 

Gobello, J., Diccionario lunfardo, Buenos Aires, Peña Lillo Editor, 1982.

 

Marcato, C. (2009), Italianismi e dialettismi relativi al lessico alimentare in Argentina, in «Plurilinguismo. Contatti di lingue e culture», 16 (2009), pp. 153-160.

 

Meo Zilio, G. (1963-1964), Genovesismos en el español rioplatense, in «Nueva revista de filología hispánica», 17, 3-4 (1963-1964), pp. 245-263.

 

Toso, F.,  Xeneizes. La presenza linguistica ligure in America Meridionale, Recco, Le Mani, 2006.

 

Toso, F., I genovesismi nello spagnolo rioplatense. Alcune osservazioni, in Bombi, R. – Costantini, F. (cur.), Percorsi linguistici e interlinguistici. Studi in onore di Vincenzo Orioles, Udine, Forum, 2018, pp. 687-704.

 

Toso, F., O zeneise in America a-a giornâ d’ancheu. Voxe de l’Argentiña, do Perù e do Cile in «Lumina. Rivista di Linguistica storica e di Letteratura comparata», 3 (2019), fasc. 2-3, pp. 113-138.

 

Toso, F., Il mondo grande. Rotte interlinguistiche e presenze comunitarie del genovese d’oltremare. Dal Mediterraneo al Mar Nero, dall’Atlantico al pacifico, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2020.

 

Immagine: Grafiti de Diego Maradona en el barrio de La Boca, ciudad de Buenos Aires

 

Crediti immagine: Cadaverexquisito, CC BY-SA 3.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0>, attraverso Wikimedia Commons


© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata