Da cinquant’anni, com’è noto, l’opera di Pasolini ha suscitato dibattiti e aperto diverse prospettive di ricerca. Anche la musicologia si è interessata al suo “pensiero musicale” che prende forma già prima dell’approdo al cinema.
Egli progetta e recensisce spettacoli musicali, interviene nelle discussioni con riflessioni e pensieri personali, scrive versi per canzoni e saggi per cercare di entrare nelle pieghe più profonde dell’ars musicae e comprenderne il linguaggio (come accade, per esempio, per Studi sullo stile di Bach). In un breve periodo della sua vita, si cimenterà anche nello studio della musica e negli anni 1943-45 trascorsi a Casarsa, coltiverà la sua passione con l’aiuto di Pina Kalč, violinista sfollata a causa della guerra, che gli farà conoscere Janáček, le Sei sonate per violino solo di Bach e gli impartirà lezioni di violino. Pasolini rimane colpito da Bach, e specialmente dal II movimento della I sonata per violino solo, detto “il Siciliano”. Scriverà:
«rivedo ogni rigo, ogni nota di quella musica […] ogni volta che lo riudivo mi metteva, con la sua tenerezza e il suo strazio, davanti a quel contenuto: una lotta cantata infinitamente, tra la Carne e il Cielo, tra alcune note basse, velate, calde e alcune note stridule, terse, astratte. Come parteggiavo per la Carne! […] E come, invece, sentivo di rifiutarmi alle note celesti!» (Pasolini 1989: 70)
Pasolini aveva tutt’altro che una solida competenza musicale; possedeva un ristretto repertorio musicale (scorrendo la lista dei suoi dischi pubblicata da Roberto Calabretto, su 57 dischi di musica classica, ben 17 erano di Bach e 6 di Mozart), ma sapeva magistralmente usare i materiali sonori in suo possesso nell’unione con le immagini. «Vorrei essere scrittore di musica, /vivere con degli strumenti / dentro la torre di Viterbo [… ] e lì comporre musica / l’unica azione espressiva / forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà» (Pasolini 2003: 1288), così scriveva nel Poeta delle ceneri.
Musica di repertorio
Nel suo mondo poetico-cinematografico, la musica è un elemento fondamentale e, sfogliando le sceneggiature, sono evidenti abbondanti indicazioni “musicali” nelle didascalie a dimostrazione che già nella fase iniziale di scrittura, il film nasce con un’idea musicale. Era persuaso (e rimarrà fedele sempre a questa convinzione) che per il suo cinema fosse più adatta la musica di repertorio, una buona musica già collaudata, piuttosto che una mediocre partitura. L’interesse per Bach, testimoniato in Atti impuri, iniziato a scrivere nel 1947, sarà una costante dell’intero iter di Pasolini, specialmente nella produzione cinematografica, dove la musica bachiana fa da colonna sonora. In essa «ritroviamo ‘Carne e Cielo’, proiezioni di contenuti psichici, tenuti insieme dal filo della narrazione» (Calabretto 2019: 77). Pasolini utilizza la musica bachiana assegnandole il compito, come sostiene Serafino Murri, «di enfatizzare la condizione del povero Cristo [Accattone] che porta su di sé i peccati di tutto un mondo senza neppure il beneficio religioso della redenzione» (Calabretto 1998:371).
«Prima ancora di pensare ad Accattone, quando pensavo genericamente di fare un film, pensavo che non avrei potuto commentarlo altrimenti che con la musica di Bach; un po’ perché è l’autore che amo di più; e un po’ perché per me la musica di Bach è la musica a sé, la musica in assoluto... Quando pensavo ad un commento musicale, pensavo sempre a Bach, irrazionalmente, e così ho mantenuto, un po’ irrazionalmente, questa predilezione iniziale» (in Calabretto 2019:20).
Sempre in Accattone, alla rissa furiosa e carica di insulti fra Vittorio e il cognato («Ah, te la piji scherzando eh! Avanzo de galera che nun sei altro! Giusto la faccia tua ce vò a presentatte qua! Vattene! Che la faccia tua nun vojo che la veda, tu’ fijo! Nun vojo che se vergogni d’avecce avuto un padre così!») fa da contraltare il celebre Corale tratto da Matthaeuspassion BWV 244 (Wir setzen uns mit Tränen nieder und rufen dir im Grabe zu: / Ruhe sanfte, sanfte ruh’!) le cui parole «si rivelano straordinariamente efficaci a sottolineare le intenzioni pasoliniane di sacralizzare le vite dei sottoproletari» (Calabretto 2019:29). Mentre per Accattone Bach sarà una colonna portante, per Mamma Roma (1962) l’autore scelto sarà Vivaldi che si alternerà al duello di stornelli tra Anna Magnani ed il suo ex “pappone”.
Migliaia di uccelli cantavano, su scale diverse
La poetica pasoliniana è carica di una natura che liricamente “suona”. Nei Quaderni rossi «migliaia di uccelli cantavano, su scale diverse, alternandosi o sovrapponendosi, e laceravano dolcemente il silenzio ora con modulazioni umane ora con trilli e cavate animali» (Naldini 1989: 69) e in Petrolio i grilli in concerto, dal «linguaggio fraterno […] si sfiatavano a ripetere il loro indecifrabile messaggio» (Pasolini 2005:76). Anche nella sceneggiatura del Vangelo secondo Matteo, descrive «canti di uccelli e voci lontane di gente […] un’allodola che stride beata per i cieli» o ancora «il canto della rana, con la sua afosa veemenza, e quello del grillo, che penetra il cuore e quello che racconta antichi impeti d’amore mai capiti, dell’usignolo» (Pasolini 1991:160). Cristo, prima della sua Passio, si incanta ad ascoltare l’usignolo che «improvvisamente tace, in una inesplicabile assenza, in una crudele stasi» (Pasolini 1991:232). Non solo suoni, anche i rumori appaiono nelle pagine di questo capolavoro. All’inizio del film si ode il “battere” di un maniscalco quasi ad anticipare i chiodi conficcati nella carne durante la crocifissione, mentre il vento, da sottofondo alle beatitudini, aggiunge un’intensità tragica alle parole del Cristo. Fondamentale e con forte valenza simbolica è il silenzio dei personaggi in scena che al pari delle parole, delle musiche e dei suoni/rumore, è un significante rilevante. «Il silenzio “cinematografico”, quella commistione di rumori di fondo, quell’orizzonte sonoro puro, che non ha bisogno di parole» (Murri 1995) Elemento espressivo di vitale importanza nella dinamica del film, sarà proprio il silenzio a parlare e“camminare” insieme a Maria.
«C’è questo veneto che mi ha portato la Goffredo che si chiama Pier Paolo»**
Alla fine degli anni Cinquanta, Pasolini, grazie a Goffredo Parise, incontra Laura Betti (amica e musa inquieta per quasi vent’anni) che in un’intervista rilasciata a Roberto Chiesi dirà «c’è questo veneto che mi ha portato la Goffredo che si chiama Pier Paolo e a me fa effetto perché forse è il solo che non è oma, o magari lo è ma non si vede» (Calabrese 2018:119). Nel 1959, Laura Betti chiese agli amici poeti e scrittori, i testi per le canzoni dello spettacolo Giro a vuoto che debuttò a Milano nel 1960; furono in molti a rispondere, da Fortini ad Arbasino a Moravia e Flaiano. Pasolini scriverà (con musiche di Piero Umiliani e Piero Piccioni) Macrì Teresa detta Pazzia, Cristo al Mandrione e Valzer della toppa; la protagonista è sempre una prostituta («Me do alla vita / Da più de n’anno/ So’ disgraziata / Ma c’ho un ragazzo[…] / Je passo er grano») che preferirà farsi arrestare piuttosto che fare il nome del suo “pappone” alle forze dell’ordine, o si ritrova sbattuta in una grotta del Mandrione, allora ai margini Roma, dove negli anni Cinquanta esercitavano le prostitute meno piacenti («Ecchime dentro qua / tutta ignuda e fracica / fino all'ossa de guazza / 'ntorno a me che c'è? / Quattro muri zozzi, un tavolo, un bidè») o ancora s'è presa una ciucca, toppa in romanesco («Me so' fatta un quartino / M'ha dato a la testa / Ammazza che toppa /[…] E chi l’ha mai viste co’ st’occhi?»), e solo così pensa di essere felice. È proprio la Roma delle borgate quella che ritroviamo nelle canzoni per Laura Betti, «concepite più come sketches teatrali, beffardi o drammatici, che come canzoni destinate a un largo consumo popolare» (Biamonte 1961: 20). Per la seconda edizione di Giro a vuoto, Pasolini scrisse la Ballata del suicidio (musica di Giovanni Fusco) che Laura Betti incise solo in francese, La parade du suicide. Scriverà ancora per lei Marilyn per la terza edizione di Giro a vuoto che l’attrice reciterà con l’accompagnamento musicale di Marcello Panni e che, con il sottofondo musicale dell’Adagio di Albinoni, inserisce nel film La rabbia (1963). «Si tratta di testi intimamente pasoliniani per la disperata vitalità di ambienti e personaggi, per la forza di uno stile che mima l’oralità dei sobborghi, giungendo a sublimarsi nei toni della musica. Il timbro vocale della Betti tocca le corde di un’ironia amara e vibrante, e così i desolati paesaggi della periferia romana irrompono dentro il patinato mondo delle canzonette» (Rimini 2010:50).
Pasolini muore il 2 novembre 1975 e da quella data Laura Betti inizia a raccogliere libri, articoli e saggi che parlano del suo carissimo amico, anche se in un primo tempo sentì forte la necessità di voler fare chiarezza e verità sul delitto. Nel 1976 dirige Il silenzio è complicità (documentario sul suo omicidio) e nel 1977 cura il volume Pasolini: cronaca giudiziaria, persecuzione, morte. Nel 1991 cura e interpreta Una disperata vitalità, su testi di Pasolini, e con Michele Gulinucci Le regole di un’illusione. Dieci anni più tardi dirige assieme a Paolo Costella il documentario Pier Paolo Pasolini e la ragione di un sogno.
Pubblica nel 1979 Teta veleta, romanzo autobiografico, che attraverso la scrittura dà voce al rapporto mai interrotto con Pasolini, anche dopo la sua morte. Chiamata molto spesso la “giaguara”, a chi le chiedeva negli ultimi anni il perché di questo nome, diceva «che questa falcata non l’aveva più perché si era appesantita e anche di questo suo appesantimento diceva che era successo dall’1 novembre 1975, cioè dalla data della morte di Pier Paolo Pasolini» (Risset 2006:9).
Che cosa sono le nuvole?
Un sodalizio artistico quello tra Pasolini e Modugno, interprete dei titoli di testa e di coda (parole di Pasolini e musica di Morricone) di Uccellacci e uccellini (1966) e attore di un episodio del film Capriccio all'italiana (1967). Pasolini firma uno degli episodi della pellicola, Che cosa sono le nuvole? e racconta il dramma shakespeariano Otello i cui interpreti sono alcune marionette parlanti, metà uomini e metà pupazzi (Totò, Franco Franchi, Ciccio Ingrassia, Ninetto Davoli, Laura Betti, Adriana Asti). Nell’incipit del cortometraggio il manifesto è Las Meninas di Velázquez. Jago (interpretato da Totò) progetta alle spalle di Otello il tradimento falso di Desdemona con Cassio, magnificandosi con il pubblico della propria malvagità. Il pubblico insorge a difesa di Desdemona, invade la scena e, biasimando i comportamenti di Otello e di Jago, li fa a pezzi. Dalle suggestioni poetiche di Pasolini, create da un collage di alcuni versi di Shakespeare, Modugno costruisce il brano che si apre con un tema (in tonalità minore) affidato al mandolino e sostenuto dalla chitarra. Un arrangiamento semplice, in cui da tappeto ritroviamo un basso e le sonorità tipiche delle tastiere degli anni sessanta, per dare centralità alle parole che sono evidenziate dalla magistrale interpretazione vocale del cantante.
Domenico Modugno (il monnezzaro, già comparso all’inizio del film, mentre cantando, porta via i rifiuti dallo sgabuzzino del teatro), sempre cantando (»il mio folle amore lo soffia il cielo, così»), getta Iago e Otello in una discarica; qui il canto cessa e, rinforzato e esaltato dalla dolcezza malinconica dell’adagio tratto dal Quintetto K516 di Mozart, assistiamo al dialogo fra i due, affascinati a guardare le nuvole «“Iiih! E che so' quelle? “dice Otello. E Jago: Quelle sono... sono le nuvole... “E che so' ste nuvole? “risponde Otello. “Mah!”. “Quanto so' belle, quanto so' belle... quanto so' belle... “continua Otello. E dalla bocca di Jago, prossimo alla morte, vengono fuori le parole che manifestano la sua umanizzazione: “Ah, straziante meravigliosa bellezza del creato!”» ( https://youtu.be/pjlTcL8gNnM al minuto 3’ 37 ’’). E così alla fine dell’episodio Jago e Otello, «possono finalmente uscire da un sogno per entrare nella vita, o meglio una seconda vita più autentica, e scoprire le nuvole» (Calabresi 2017/18:251): nascere uomini.
Bibliografia
S. G. Biamonte, Poeti e scrittori in gara alla radio. Parolieri d’emergenza per salvare la canzone, in «Radiocorriere TV», 9-14 gennaio 1961.
A. Ferrero, Il cinema di Pier Paolo Pasolini, Marsilio, Venezia, 1986.
N. Naldini, Pasolini, una vita, Einaudi, Torino,1989.
P.P. Pasolini, Quaderni rossi, in N. Naldini, «Pasolini, una vita», Einaudi, Torino,1989.
P.P. Pasolini, Il Vangelo secondo Matteo in ID, «Il Vangelo secondo Matteo, Edipo re, Medea», Garzanti, Milano, 1991.
S. Murri, Pier Paolo Pasolini, Il Castoro, «L’Unità/Il Castoro», Milano,1995. Consultabile online in https://www.umbertocantone.it/il-vangelo-secondo-matteo-di-pasolini-sceneggiatura (pagina visitata il 10 gennaio 2022).
G. Magaletta, La musica nell’opera letteraria e cinematografica di Pier Paolo Pasolini, Quattro Venti, Roma,1998.
P. P. Pasolini, I parlanti, in «Romanzi e racconti», a cura di Walter Siti e Silvia De Laude, Milano, Mondadori, 1998, pp. 182-183.
S. Murri, Pier Paolo Pasolini, in R. Calabretto, «Pasolini e la musica», Cinemazero, 1999.
P.P. Pasolini, Poeta delle ceneri in «Tutte le poesie», a cura di Walter Siti, Meridiani Mondadori, Milano 2003.
A. Cadoni, Paesaggio a-sonoro nel cinema di Pasolini. La poetica del silenzio, in «XÁOS. Giornale di confine», Anno II, N.3 Novembre-Febbraio 2003/2004, URL: http://www.giornalediconfine.net/anno_2/n_3/14.htm.
R. Chiesi (a cura di), Bisogna nuotare nel forse. Intervista a Laura Betti, in «Cineforum», n.437, Roma 2004. Consultabile online in http://pasolinipuntonet.blogspot.it/2012/07/intervista-laura-betti-di-roberto.html (pagina visitata il 10 gennaio 2022).
E. Siciliano, Vita di Pasolini, Oscar Mondadori, Milano, 2005.
P. P. Pasolini, Petrolio, Mondadori, Milano, 2005.
J. Risset, Ricordo di Laura Betti, in «Prove di drammaturgia», XII, 1, luglio 2006, pp. 9-11.
S. Rimini, Corpo di bambola: Laura Betti e lo straniato divertissement di Italie magique, in «Studi Pasoliniani» Rivista internazionale, 4, Fabrizio Serra, Roma, 2010.
G. Santato Pier Paolo Pasolini. L’opera poetica, narrativa, cinematografica, teatrale e saggistica. Ricostruzione critica, Carocci, Roma, 2012.
M. Ponzi, Pasolini e Fassbinder. la forza del passato, Nuova Cultura, Roma, 2013.
D. Gallo, Pier Paolo Pasolini. Sulle tracce del sacro, Viator, Milano, 2014.
A. Dazzan, Patti Smith: fu Pasolini a indicarmi la strada, Il Centro, 02 agosto 2015.
R. Grasso, "L'alba dei tram", un progetto musicale per ricordare il poeta Pier Paolo Pasolini, la Repubblica, 27 ottobre 2015.
L. Martellini, Ritratto di Pasolini, Laterza, Bari, 2015.
R. Calabretto, Presenze musicali nelle sceneggiature di Pasolini, in F. Borin (a cura di), «La scrittura per il cinema. Atti dei convegni 2017 e 2018», Edizioni Università di Trieste, Trieste, 2019, pp. 14-37.
C. Calabrese, Pasolini e la musica, la musica e Pasolini. Cammino sonoro attraverso l'opera di Pasolini e le intonazioni di Bussotti, De Carolis e Modugno, Tesi di Dottorato in Storia e analisi delle culture musicali, Università la Sapienza, Roma, 2018.
C. Calabrese, Pasolini e la musica, la musica e Pasolini. Correspondances, Diastema, Treviso, 2019.
*La citazione è tratta da Studi sullo Stile di Bach in «Saggi sulla letteratura e sull’arte», Mondadori, Milano, 1999, p. 79.
**La citazione è tratta da C. Calabrese, Pasolini e la musica, op. cit., 2018, p. 119.
Immagine: Screenshot dal film Accattone (1961)