Quante e quali lingue parla il teatro contemporaneo in Italia? Certamente, non parla un italiano soltanto. Senz’altro, ama, usa e riusa il dialetto. Apre il Novecento l’italiano tradizionale di Luigi Pirandello, autore spartiacque per temi, contenuti e strumenti espressivi: il suo italiano è medio e tradizionale ma non è neutro, perché è usato come un grimaldello per demistificare l’insieme di stratagemmi e convenzioni agìti da un sistema di «adattamento sociale, fondato anche su una rete di tatticismi e di finzioni», come scrive Pietro Trifone nell’intervento di apertura di questo Speciale. C’è l’italiano (anche regionale) di Eduardo De Filippo, che persegue la naturalezza linguistica, combinando lingua e diverse modalità di dialetto napoletano, per rendere in modo duttile e aderente una realtà locale che racconta, «spesso attraverso i riflessi di una famiglia in crisi» (Nicola De Blasi), un secolo intero di storia d’Italia. C’è, quasi a capofila della linea antinaturalistica, parallela e antitetica a quella pirandelliana, il repertorio plurilinguistico, giocoso e surreale di Ettore Petrolini, che trasforma in arte «ciò che fino a lui era rimasto confinato negli scenari rionali della città» di Roma (Claudio Giovanardi). C’è poi, il dopo, anzi, “l’oltre”-Eduardo di Enzo Moscato (con la sua “lingua napoletana” «musicale, fonica, sonora, corale, plurale», scrive Antonia Lezza) e di Ruggero Cappuccio (con «un raffinato e originale pastiche verbale carico di sonorità», secondo Carmela Lucia), che riscrivono la lingua teatrale in fuga centripeta dal naturalismo. Al Nord, invece, l’«acre fricassea di idiomi diversi» (Luca D’Onghia) dell’Ambleto di Giovanni Testori consegna i suoi teatranti girovaghi (gli scarozzanti) al ghigno doloroso del mondo dei vinti. Che per Dario Fo, a leggere i contributi di Stefania Stefanelli e Alessio Arena, vinti sono fino a un certo punto, se l’attore-mimo-spadaccino dei gesti e delle parole li rende magistralmente protagonisti in scena di uno sberleffo dei dialetti e delle lingue (anche inventate, come il grammelot) contro i potenti di tutti i tempi.
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