18 novembre 2014

Populismo e parolacce nella comunicazione politica: Beppe Grillo

di Stefano Ondelli*
 
Sin dal Movimento dell’Uomo Qualunque di Guglielmo Giannini, i politologi hanno evidenziato il riemergere in Italia di qualunquismo, populismo e antipolitica. Di recente, a partire dalla Seconda Repubblica, l’etichetta di populista è stata assegnata a Umberto Bossi e Silvio Berlusconi, spesso accusati di comportarsi come padri padroni dei loro schieramenti e di vellicare i più bassi istinti degli elettori. Negli ultimi anni, poi, è stato Beppe Grillo, il leader del M5S, a rilanciare la retorica della demonizzazione dell’avversario, del rifiuto della politica tradizionale, della pretesa di parlare a nome dei cittadini comuni, di una certa violenza verbale.
 
I temi del populismo
 
1) Il popolo: comunità idealizzata, omogenea e virtuosa, identificata su base etnica o geografica; può coincidere con l’uomo ordinario, lavoratore e di buon senso.
2) I nemici del popolo:l’establishment, cioè politici, intellettuali, mass media, amministrazione pubblica, potere giudiziario, finanza, ecc. Si tratta di una casta di parassiti ipocriti e inconcludenti, che complottano contro il popolo per mantenere un potere conquistato senza merito.
3) La democrazia: l’espressione diretta della volontà popolare. La vera democrazia è in pericolo e, per risolvere la crisi, il popolo deve affidarsi al movimento e al suo leader.
4) Il capo: un primus inter pares dotato di grande carisma, che si presta per senso del dovere a rappresentare il popolo. Non è un politico di professione e dice con parole semplici quello che gli altri non osano, esprimendo in modo drammatico tutta l’esasperazione del popolo tradito.    
 
La lingua di Beppe Grillo: caratteri generali
 
Per questa ricerca ho approntato tre corpora di circa 75.000 parole ciascuno, comprendenti discorsi e scritti attribuibili a Silvio Berlusconi, Umberto Bossi e Beppe Grillo. Ho elaborato il materiale con Taltac2 e Treetagger per vedere quali lemmi comparissero solo nel corpus di Beppe Grillo o vi fossero sovrarappresentati. Prima ho però analizzato le parole non riconosciute: possono essere errori dell’analisi automatica o anche indice di creatività linguistica, proprio perché non compaiono nelle banche dati del software. Grillo ne produce più di tutti: spicca il prefisso non (non-portavoce, non-statuto) a sottolineare la differenza tra il M5S e le altre forze politiche; sono numerosi i diminutivi, per sottolineare ironicamente quanto poco basti per cambiare le cose («il wi-max è un'antennina che manda segnali a 50 km di raggio»), oppure per deplorare il comportamento dell’establishment («cominciamo col prendere un miliardino di euro di rimborsi elettorali»). Compaiono neologismieforestierismi del campo dell’ecologia (una delle 5 stelle: ecoballa, compost) e della tecnologia (mentre Berlusconi predilige i termini economico-finanziari). Come già nell’Uomo qualunque, il rapporto tra populismo e progresso è ambivalente: da una parte si ha l’inevitabile perdita delle tradizioni popolari, dall’altra le nuove tecnologie permettono al popolo di accedere alle informazioni ed esercitare la democrazia diretta. Non è un caso che per Grillo la Rete e il Blog costituiscano un’agorà virtuale che sostituisce lo studio televisivo di Berlusconi e il prato di Pontida di Bossi. Ma alla fine sono i nomi propri a creare i maggiori problemi al riconoscimento automatico, non solo perché Grillo menziona molti personaggi di origine extraeuropea («la moralità pubblica è ai livelli di Bokassa e di Idi Amin»), ma anche perché conia a getto continuo nomignoli e storpiature dei nomi degli avversari (come facevano Giannini e Bossi): Bersanetor o Gargamella (Bersani), Bin Loden o Rigor Montis (Monti), Frominchioni e Forminchione (Formigoni), Topo Gigio o Uèltron (Veltroni), l’ebetino di Firenze o Renzie (Renzi), l’ultrasettantenne inceronato o lo psiconano (Berlusconi), ecc. Tra destra e sinistra non c’è alcuna differenza, infatti troviamo Veltrusconi, Forza-DS e PDmenoelle.
 
Parla come mangi (speriamo di no!)
 
L’identificazione del leader col cittadino comune è assicurata dai colloquialismi (ammanicati, menarmelo) e da voci dialettali e regionali(ammuina, danè, inghippo, madunina, mortacci, ecc.), sorprendentemente più numerosi in Grillo che in Bossi, che comunque attinge solo dal repertorio lombardo. Tuttavia, il passaggio dal paradigma della superiorità a quello del rispecchiamento (i politici in passato parlavano “difficile”, oggi parlano come i loro elettori) è segnalato in Grillo soprattutto dal grande ricorso al turpiloquio, che esprime l’esasperazione nei confronti della cattiva politica (come già l’uso del dialetto, una strategia che ritroviamo in Giannini). Al di là del riscontro quantitativo (cazzo, con 100 occorrenze, è il lemma esclusivo più frequente, sebbene solo come rafforzativo: «Ma dove cazzo è il popolo sovrano?»), ciò che colpisce è la perfetta coerenza delle parolacce con le tematiche populiste. Per esempio, le espressioni con culo (terzo lemma esclusivo più frequente) identificano da una parte il popolo virtuoso e lavoratore:
 
[…] donne che non hanno le labbra di polistirolo e i culi di gomma. Sono donne che lavorano, che tirano su la famiglia, sono donne che si fanno un culo così dalla mattina alla sera […]
 
in opposizione all’establishment nullafacente:
 
[…] tre anni, trentasei mesi, più di mille giorni perché quattro senatori muovessero il culo per ascoltare 350.000 cittadini […]
 
di cui, ovviamente, ci si deve liberare:
 
Cari partiti ci sarà qualche decina di cittadini che in Parlamento vi farà un culo così.
 
L’insulto di Grillo accomuna politici di professione, mass media e mondo finanziario:
 
[…] queste facce da culo, perché è rappresentata la faccia tipica del politico di oggi […]
[…] basta con i servi dell’informazione a leccargli il culo, a non fare mai una domanda.
[…] allora, ci sono due banchieri che stanno facendo riordino a questo paese, ma non riordinano il popolo italiano o l'Italia, parano il culo alle banche.
 
Nei testi analizzati, colpisce la polisemia del turpiloquio, per cui lo stesso lemma può essere utilizzato in accezione positiva o negativa. Così da una parte si paventa la crisi:
 
L’Italia è un sistema capitalistico/mafioso con le pezze al culo, basato sul debito pubblico e sulle concessioni dello Stato.
 
Dall’altra si prospetta la salvezza:
 
[…] ed è un miracolo, stiamo salvando il culo a tutti i partiti, perché se va male questo movimento che è l'unico pacifico, è finita.
 
Dal corpus emergono moltissimi esempi analoghi, per es. merda (settimo lemma esclusivo più frequente):
 
La politica diventa merda…
Basta con la merda di Fede e di Riotta!
Il Paese andava nella merda…
Come fai a riformare una merda?
 
Chi meglio di un comico?
 
Diversi fattori limitano la validità di un confronto Berlusconi e Bossi da una parte e Grillo dall’altra. Grillo è “sceso in campo” molto più di recente (ma senza ricoprire cariche elettive), non è mai stato al governo e si esprime in contesti scarsamente istituzionali (blog, comizi, conferenze stampa). Se, almeno per il lessico, Berlusconi si dimostra il meno caratterizzato dei tre, Bossi evidenzia una notevole variazione (a Pontida parla in modo diverso che a Montecitorio), mentre Grillo dimostra una forte continuità tra l’impegno politico e i trascorsi da comico, continuità che reclama a più riprese:
 
Io ho sempre fatto questo lavoro qua, facevo il comico e adesso faccio il politico, non so più chi sono.
 
In particolare, come negli spettacoli degli esordi e come ogni comico che si rispetti a partire dai fool scespiriani, Grillo reclama la facoltà di denunciare la pazzia del mondo un cui vive:
 
Siamo un Paese impazzito, fuori di sesto e di senno, senza voce.
Ripianare un debito con un altro debito è pazzesco.
 
La grande differenza, però, è che, come politico, non si limita a esporre le contraddizioni del contesto in cui vive, ma vuole anche indicare delle soluzioni:
 
Ci hanno definiti populisti, demagoghi, qualunquisti, violenti, volgari solo perché volevamo riaffermare il principio di democrazia in questo Paese. È il vero virus del mondo! Spazzerà tutti i tetti questo movimento! Sì! Spazzerà tutto! Movimento 5 stelle nazionale, l'abbiamo creato sul blog con un non-statuto. Abbiamo il primo movimento che ha un non-statuto, è una meraviglia! Ognuno decide e clicca e vota, perché è solo online, e uno vale uno: non c'è mai stata una democrazia così in Europa, che uno vale uno, invece qui siamo milioni che non valgono un cazzo!
 
Letture consigliate
Sul populismo in Italia:
Albertazzi Daniele & McDonnell Duncan, Populists in Power, Routledge, London, 2015.
Bobba Giuliano e McDonnell Duncan, Does Populist discourse in Italy change during the crisis?,APSA Conference, Perth, 30 September 2013.
Campus Donatella, L’antipolitica al governo. De Gaulle, Reagan, Berlusconi, Il Mulino, Bologna, 2006.
Sarubbi Andrea, La Lega qualunque. Dal populismo di Giannini a quello di Bossi, Armando editore, Roma, 1995.
Tarchi Marco, L’Italia populista. Dal qualunquismo ai girotondi, Il Mulino, Bologna, 2003.
 
Sugli sviluppi recenti del linguaggio dei politici italiani:
Bolasco Sergio, Galli de’ Paratesi Nora e Giuliano Luca, Parole in Libertà, Manifestolibri, Roma, 2006.
Dell’Anna Maria Vittoria e Lala Pierpaolo, Mi consenta un girotondo. Lingua e lessico nella seconda repubblica, Congedo, Galatina, 2004.
 
* Stefano Ondelli è professore associato di Linguistica italiana presso il Dipartimento di studi giuridici, del linguaggio, dell’interpretazione e della traduzione dell’Università di Trieste. Si è occupato di didattica dell’italiano per stranieri, di italiano giuridico, dell’italiano di traduttori e interpreti, dell’italiano dei giornali e della moda. Tra le pubblicazioni principali: La lingua del diritto: proposta di classificazione di una varietà dell'italiano, Roma, Aracne editrice, 2007; La sentenza penale tra azione e narrazione, Padova CLEUP, 2012; Realizzazioni testuali ibride in contesto europeo. Lingue dell’UE e lingue nazionali a confronto, Trieste, EUT 2013.

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