di Paolo Di Giovine*

Le serenissime parole

I rapporti tra la lingua italiana e l’albanese hanno conosciuto vicende alterne. Se ammettiamo - secondo un’opinione largamente accreditata - che alla fine del I millennio i parlanti albanesi fossero pervenuti nelle sedi attuali, lungo la costa, i primi contatti con l’italiano potranno esser datati intorno al XII secolo, quando Venezia insediò stabilimenti commerciali nei porti sull’altra sponda dell’Adriatico, a partire da Durazzo. A quest’epoca, e ai secoli immediatamente successivi, risalgono i primi italianismi dell’albanese, che sono venezianismi del lessico marittimo, del commercio (soprattutto derrate e tessuti), e di altre istituzioni della Serenissima: l’alb. dukát ‘ducato’ è anteriore al 1635, fanéll(ë) ‘[panno di] flanella’ riflette il venez. fanél, kuvertë ‘coperta’ deriva dal venez. coverta, napë ‘stoffa, panno, mussola’ sembra rinviare al venez. napa, e ancora porteg ‘atrio, vestibolo’ (nel Messale di Gjon Buzuku, 1555) risale al venez. portego. Il numero dei venezianismi in albanese oltrepassa la cinquantina, ed è quindi pari a quasi il 10% di tutti i prestiti entrati dall’italiano sino all’inizio del XX secolo. Con i secoli XVI e XVII, specie a partire dalla Controriforma, la capillare opera di diffusione del Cattolicesimo - soprattutto nel Nord, l’area linguistica ghega - si manifesta anche attraverso la traduzione in albanese di testi liturgici e messali in latino o in italiano. Per questa via si diffondono italianismi del lessico religioso, come altár ‘altare’, abát ‘abate’, kambanë ‘campana’, predikój ‘io prèdico’, e vari altri.

La medaglia del patriota

Nei due secoli seguenti, specialmente nell’Ottocento, l’influenza dell’italiano assume connotati diversi: ancora, certo, prestiti appartenenti a un registro alto, ma questa volta introdotti attraverso la pubblicistica o la letteratura risorgimentale e irredentistica, spesso per opera di figure albanesi di grande rilievo, dai grandi scrittori ottocenteschi (a partire dal De Rada) fino a patrioti come Luigj Gurakuqi. In questo senso si comprende l’introduzione di italianismi di registro alto-borghese, quali teatër ‘teatro’, piano / pjanofórt ‘pianoforte’, frazë  ‘frase’, medaje (oggi medalje) ‘medaglia’, tabaqerë ‘tabacchiera’ (non più in uso): voci, queste, tutte attestate per la prima volta in albanese tra il 1870 e il 1880.< /p>

Zog e il fashísm

Con il XX secolo i rapporti tra le due sponde dell’Adriatico si fanno più intensi, ora nel segno della collaborazione, ora del dominio politico (soprattutto nel ventennio), in principio indiretto, sotto il regno di Zog, quindi diretto, con l’occupazione italiana. Il lessico albanese si accresce, dunque, con italianismi certo anche di matrice ideologica (fashísm ‘fascismo’, regjím ‘regime’, korporatíf ‘corporativo’etc.), ma soprattutto riferiti a istituzioni e manufatti importati dall’Italia (karabiniér ‘carabiniere’, banqér ‘banchiere’, automobil(ë) ‘automobile’, portofól ‘portafogli’, kabinë ‘cabina [di nave o telefonica]’). La reazione anti-italiana coincidente con la fine del secondo conflitto mondiale e l’affermazione di un regime comunista particolarmente rigido portano a un rallentamento della corrente di prestiti dall’italiano, per lo meno a livello ufficiale; la penetrazione del lessico italiano, infatti, assume connotati diversi, per un verso carsici - tollerati nell’uso privato -, per altro verso concentrati nel campo tecnico, dove si affermano i cosiddetti “prestiti di necessità”. Gli esempi sono alcune centinaia: si va da faturë ‘fattura’ a fonderí ‘fonderia’ e frigorifer ‘frigorifero’, da infermiér ‘infermiere’ a garzë ‘garza’, da xhenio ‘genio (militare)’ a xhelatinë ‘gelatina’, fino a un termine degli anni ’70 quale fërnet ‘liquore amaro’.

Videocrazia italiana

L’elemento lessicale italiano nell’albanese acquista un peso crescente a partire dal 1985-90, con la formidabile influenza esercitata dalla televisione, in particolare dal primo canale della RAI, captato oltre Adriatico in modo clandestino fino alla caduta del regime: con la diffusione capillare della conoscenza dell’italiano si fanno sempre più frequenti i casi di interferenza lessicale, talora caduca (“prestiti d’occasione”), più spesso duratura. Dal 1990 le vicende spesso tragiche dell’emigrazione albanese in Italia accrescono ulteriormente i rapporti fra le due lingue, rinsaldati dalla diffusione della stampa quotidiana e periodica, spesso di taglio popolare così come nei paesi occidentali. Gli italianismi del periodo contemporaneo sono oltre un migliaio, senza contare i ricordati prestiti d’occasione, e coprono vari campi lessicali, dalla cronaca nera, ad es. mafióz ‘mafioso’, vandal ‘vandalo’, bankarotë ‘bancarotta’, kapobandë ‘capobanda’, trafikánt ‘trafficante’, gomonë ‘gommone’, alla musica, come nel caso di minuét ‘minuetto’, kantautór ‘cantautore’ e molte voci delle più recenti tendenze pop e rap (quando non si tratta di anglicismi diretti), fino all’economia (investitór ‘investitore’, fondación ‘fondazione’, euro ‘euro’), e ancora allo spettacolo (filmik ‘filmico’), alla scienza (epidemiologjí ‘epidemiologia’ etc.), al mondo giovanile (ciklostíl ‘ciclostile’). E il numero degli elementi italiani è in continua espansione, anche al livello di massima integrazione segnalato dai calchi, presenti già in antico (ndërkáq ‘frattanto’, dove ndër vale ‘fra’ e kaq ‘tanto’), ma ancor oggi produttivi (ad es. dygjuhësh ‘bilingue’, da dy ‘2’ e gjuhë ‘lingua’).

Duemilacinquecento

Un calcolo esatto degli elementi italiani in albanese è impossibile, sia perché è difficile valutare i prestiti occasionali, sia perché i criteri formali e semantici non sempre consentono di distinguere un italianismo da un latinismo o - in epoca recente - da un francesismo. La storia dei contatti fra le due lingue registra un costante incremento nel corso del tempo, e se a fine Ottocento si potevano contare 700-800 prestiti italiani in albanese, oggi il numero potrebbe esser triplicato senza timore di sbagliare per eccesso. Ma questa è - nei suoi vari aspetti, nobili e talvolta meno nobili - cronaca quotidiana.

Per un approfondimento

La questione dell’influenza italiana sulla lingua albanese è stata per lungo tempo relegata in secondo piano negli studi, da parte italiana per poca consuetudine con l’albanistica, da parte albanese per ragioni genericamente ideologiche (il forte orgoglio nazionale mal si conciliava con l’interesse per i problemi di interferenza/dipendenza da lingue di prestigio).
La migliore bibliografia è in lingua tedesca, a partire dal fondamentale saggio di A. R. Helbig, Die italienischen Elemente im Albanesischen, Inaugural-Dissertation, Leipzig 1903. Per trovare poi una monografia di dimensioni comparabili - ma non certo di pari livello - bisogna arrivare a G. Lafe, Der italienische Einfluß auf das Albanische, «Ponto-Baltica» VIII-IX (1998-1999): 47-172.
In italiano o in albanese sono apparsi articoli incentrati su aspetti specifici, come quelli di A. Landi (Italianismi nella lingua albanese contemporanea, in L’italiano allo specchio, Atti del I Convegno della SILFI, a cura di L. Coveri, Torino, Rosenberg e Sellier, 1991, II: 93-105; Elementi veneti in albanese, in Studi di linguistica albanese, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1992: 119-138), K. Jorgaqi (quattro articoli in lingua albanese, tra il 1992 e il 1998, su interferenza fonologica, morfologica e lessicale della lingua italiana in albanese), F. Leka (A proposito degli italianismi nell’albanese, in Albanistica novantasette, a cura di I. C. Fortino, Napoli, Istituto Universitario Orientale, 1997: 23-32).
Si segnalano infine due contributi molto recenti: G. Manzelli, Italiano e albanese: affinità e contrasti (in Italiano e lingue immigrate a confronto: riflessioni per la pratica didattica, a cura di Ch. Ghezzi, F. Guerini, P. Molinelli, Perugia, Guerra Edizioni, 2004: 151-196), e la sezione che sarà dedicata agli elementi italiani nella lingua albanese all’interno dell’opera in due tomi sugli Italianismi nel mondo, diretta da Luca Serianni (Torino, UTET): la parte storico-linguistica è curata da chi scrive, quella lessicografica da B. Dashi.

*Paolo Di Giovine è professore ordinario di Glottologia e Linguistica, dal 1991 presso l'Università di Roma “La Sapienza”. Ha pubblicato 4 volumi e vari articoli, in sedi italiane, inglesi, tedesche e polacche, su argomenti di linguistica e filologia indiana e iranica, di albanistica, di germanistica, di lingue classiche, di dialettologia romanza (specie galloitaliana e italiana meridionale). Dal 2001 al 2004 è stato segretario della “Società Italiana di Glottologia”; è socio della “Indogermanische Gesellschaft” e della “Philological Society” (Londra), oltre che di varie Società scientifiche italiane. È Direttore vicario del Dipartimento di Studi Glottoantropologici e Discipline musicali dell´Università di Roma “La Sapienza”, diretto dal 2002 al 2005.