di Luca Cignetti* e Simone Fornara**

In un tempo in cui la scuola è sempre più spogliata di autorevolezza (e gli insegnanti di diritti) qualcuno potrà forse rimanere sorpreso, eppure per orientare i giudizi di correttezza linguistica il “potere” delle regole apprese nelle aule scolastiche è ancora oggi molto forte. Per valutare l’accettabilità di una parola o di una frase, sia i ragazzi sia gli adulti ricorrono infatti, spontaneamente, al paradigma normativo interiorizzato durante gli anni della loro formazione: a quella, cioè, che è stata definita come norma sommersa (Serianni 2007). Pur non apparendo in superficie, questa norma gode di una sorprendente vitalità, anche grazie al fatto che “al prestigio della fonte si accompagna l’effetto della sanzione” (Serianni 2007, p. 289), o perlomeno l’onda lunga della sua memoria. Ma da dove proviene questa norma? Ed è sempre adeguata per risolvere i dubbi e le incertezze di chi parla e di chi scrive?

Il modello degli autori

In passato era tutto più semplice: la norma veniva definita dall’uso degli autori. La storia è nota, e fa capo alla “Questione” che a partire dal XVI secolo ha segnato la nostra storia linguistica: Pietro Bembo prima e l’Accademia della Crusca poi promossero un modello linguistico fondato sull’imitazione degli scrittori. Non di tutti, però: solo di quelli del ’300 (in seguito anche del ’500), e solo i toscani. E ad essere accolti furono soltanto i generi “nobili”: la prosa e la poesia, mentre rimasero escluse le scritture professionali. Insomma, si trattava un modello normativo estremamente selettivo, che individuava il proprio canone nel passato, in un ristretto ambito geografico, con tratti fortemente marcati diamesicamente (lo scritto) e diastraticamente (la varietà letteraria illustre). Solo in tempi relativamente recenti l’uso linguistico è stato accolto come termine di confronto, portando così alla consapevolezza che con il mutare della lingua nel tempo se ne ridefiniscono anche i criteri di correttezza e di accettabilità.

Le grammatiche e l’uso

Le fonti tradizionali della norma dell’italiano sono dunque (soprattutto) queste: gli autori, le grammatiche (insieme ai dizionari e ai manuali di scrittura) e l’uso. Oggi, però, in un’età in cui gli autori non hanno più autorità (normativa), la partita sembra tutta giocarsi, almeno nelle aule scolastiche, tra le ultime due, ossia nella dialettica tra le istanze di (auto)conservazione e di ordine delle grammatiche e le spinte all’innovazione promosse, in genere caoticamente, dall’uso (e segnatamente negli ultimi anni da quello “liquido” dell’italiano telematico, o “e-taliano”). Per far fronte a questa situazione, diventano allora fondamentali due condizioni: la buona preparazione linguistica degli insegnanti (che non può trascurare la conoscenza delle varietà linguistiche, comprese quelle “ibride” introdotte dalle nuove tecnologie) e la qualità e l’aggiornamento delle grammatiche e dei manuali di scrittura.

La preparazione linguistica degli insegnanti

Purtroppo, la formazione linguistico-grammaticale dei docenti in passato non è stata adeguatamente sostenuta né favorita. Francesco Sabatini, che non esita a definire la preparazione degli insegnanti italiani “debolissima in linguistica”, ricorda che “nella formazione universitaria culturale e professionale del nostro insegnante di italiano non erano presenti, almeno fino agli avanzati anni Novanta del secolo scorso, obbligatoriamente e in misura significativa, discipline specificamente di «linguistica italiana»” (Sabatini 2014, p. 231). Anche in ragione di questo fatto, la norma della scuola appare sovente poco permeabile alle varietà colloquiali o medie, tendendo piuttosto a “privilegiare forme libresche talvolta estranee all’uso reale” (D’Achille 2010). Da parte loro, però, anche gli insegnanti più attenti si trovano spesso – a ragione – disorientati di fronte ai frenetici mutamenti in corso della lingua italiana. Ecco allora che la disponibilità di manuali affidabili e aggiornati, ma che sappiano anche considerare la gradualità degli apprendimenti, diventa una reale necessità.

Il bisogno di regole e l’assenza di risposte

Se l’editoria dedicata all’alta divulgazione ha già dato alle stampe opere di buona qualità (talvolta ottima, come la recente Grammatica dell’italiano adulto di Vittorio Coletti), le grammatiche scolastiche esitano ancora, non certo per un eccesso di prudenza, a trasferire nell’ambito della didattica i notevoli risultati della ricerca linguistica degli ultimi anni, su tutti quelli relativi alle proprietà testuali e alla punteggiatura. Proprio di fronte a quest’ultima, la punteggiatura, molte grammatiche arrivano ad alzare bandiera bianca, lasciando così terreno fertile al pregiudizio secondo cui l’unica regola valida sarebbe il gusto personale di chi scrive. Ma davvero questo livello linguistico così importante può essere lasciato in balia della più sfrenata soggettività? Dove trovare le risposte? Proviamo a capire meglio come stanno le cose.

La punteggiatura e la norma linguistica

Tra le parti della grammatica, la punteggiatura (Cignetti 2010 e Fornara 2010, Cignetti e Fornara 2014) è sempre stata un luogo privilegiato per l’insorgenza di dubbi, incertezze, indicazioni fuorvianti e luoghi comuni. Tra questi ultimi, uno dei più diffusi vuole appunto che l’uso dei segni di punteggiatura sia il dominio della più totale arbitrarietà, all’interno del quale ci si può muovere un po’ come si vuole. Come dire: nessuno può pretendere di possedere i segni di interpunzione e i principi che ne governano la comparsa sulla pagina, perché gli usi sono talmente oscillanti e sfuggenti che non possono essere “fermati”. Di qui ad arrivare all’idea che l’interpunzione non conosca regole fisse, il passo è breve. Lo sostenevano già alcuni grammatici dell’italiano del passato (per Benedetto Rogacci, nel 1720, la punteggiatura era «materia sì minuta, e sì dipendente dall’arbitrio», p. 342), e lo sostiene anche qualche grammatica di oggi («Per la punteggiatura non è possibile stabilire regole fisse perché il suo uso è molto personale e varia a seconda del messaggio che si vuol dare»), non senza gravi pericoli per il suo lettore, specialmente quando è rivolta agli studenti delle scuole primarie e (come nel caso citato) medie.

Le regole ci sono: basta trovarle

Bisogna infatti dirlo: che la punteggiatura non conosca regole è totalmente falso, ed è anzi facile dimostrare che è vero il contrario. Ad esempio, che si debba marcare la fine di una frase con un segno forte è una regola condivisa da tutti; così come tutti condividiamo il fatto che alla fine di una domanda si mette il punto interrogativo, e alla fine di un’esclamazione il punto esclamativo. Oppure è una regola che gli elementi di un elenco, che possono essere introdotti o meno dai due punti (e la possibilità di scelta tra due alternative è essa stessa una regola), devono essere separati dalle virgole, o dai punti e virgola. Analogamente, è una regola racchiudere tra virgolette (o lineette) il discorso diretto; o che non bisogna mettere la virgola tra soggetto e predicato (uno degli errori più diffusi di oggi). E via dicendo. Insomma, le regole ci sono. E la constatazione che nella scrittura ci imbattiamo spesso nella loro infrazione non è sufficiente a sancirne la non validità: le regole, infatti, si possono infrangere o perché non le si conoscono, come quando si guida senza patente; oppure perché si vuole ottenere un effetto stilistico ben preciso, come quando si è piloti di Formula uno e si azzarda una staccata al limite per sorpassare all’ultima curva.

Verso una didattica “integrata” della lingua scritta

È il caso di scrittori e giornalisti che “movimentano” la pagina con soluzioni testuali sorprendenti, proprio perché inattese e anticonvenzionali: «E giusto. Davvero. Ma comunque.» scrive Alessandro Baricco (2013, p. 190); «Da parecchio tempo. I giovani. Ci parevano invisibili.» risponde Ilvo Diamanti (2004). Ma ciò lo si può ottenere solo se, prima, le regole si conoscono bene: è il confine sottile tra abilità e incompetenza, che si riconosce solo considerando non la singola frase, ma l’intero testo e il progetto che ne sta alla base. E questo percorso, dalla conoscenza delle regole al loro eventuale e consapevole superamento, dovrebbe essere anche la linea direttrice dell’insegnamento del sistema interpuntivo a scuola. La didattica della punteggiatura è infatti un ambito dell’italiano che mette spesso in crisi i docenti (e gli autori di manuali scolastici), propensi a fornire indicazioni standard del tipo “la virgola si mette quando bisogna fare una pausa breve, il punto una pausa lunga, il punto e virgola una pausa a metà”. Indicazioni che non indicano, che non aiutano. Anzi, che rischiano di lasciare segni opposti a quelli desiderati, come il radicarsi della convinzione, anch’essa priva di fondamento scientifico, che la punteggiatura sia nata per indicare le pause del respiro, e a questo solo serva ancora. Un passo in avanti si può fare, a patto di considerare la punteggiatura un sistema strettamente connaturato al testo scritto, integrandola dunque nel più ampio tema dell’insegnamento della composizione scritta (Demartini e Fornara 2013 e Fornara 2012).

Bibliografia

A. Baricco, Oceano mare, Milano, Rizzoli, 1993.

L. Cignetti, [voce] Punteggiatura, in Enciclopedia dell’Italiano, a c. di R. Simone, Istituto dell’Enciclopedia Italiana G. Treccani, 2 Voll., 2010-11.

L. Cignetti e S. Fornara, Il piacere di scrivere. Guida all’italiano del terzo millennio, Roma, Carocci, 2014.

V. Coletti, Grammatica dell’italiano adulto, Bologna, Il Mulino, 2015.

P. D’Achille, [voce] Norma linguistica, in Enciclopedia dell’Italiano. a c. di R. Simone, Istituto dell’Enciclopedia Italiana G. Treccani, 2 Voll., 2010-11.

S. Demartini e S. Fornara, La punteggiatura dei bambini. Uso, apprendimento e didattica, Roma, Carocci, 2013.

I. Diamanti,  Generazione 11 settembre, in «La Repubblica», 14 ottobre 2001 (http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2001/10/14/generazione-11-settembre.html).

S. Fornara, La punteggiatura, Roma, Carocci, 2010.

S. Fornara, Alla scoperta della punteggiatura. Proposte didattiche per riflettere sul testo, Roma, Carocci, 2012.

B. Rogacci, Pratica, e compendiosa istruzzione a’ principianti, Circa l’uso emendato, & elegante della Lingua Italiana, Venezia, Nicolò Pezzana, 1720.

G. Sabatini, Italiano e scuola oggi. La formazione linguistica dei docenti, in Lezioni di italiano. Riflessioni sulla lingua del nuovo millennio, a c. di S. Lubello, Bologna, Il Mulino, 2014, 227-233.

L. Serianni, La norma sommersa, in “Lingua e stile” 42, 2007/2, pp. 283-298.

L. Serianni e G. Benedetti, Scritti sui banchi, Roma, Carocci, 2009.

*Luca Cignetti insegna didattica dell’italiano alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana (SUPSI). È stato ricercatore per il Fondo Nazionale Svizzero all’Università di Losanna e ha insegnato linguistica italiana e storia della lingua all’Università di Basilea. Si è occupato soprattutto di didattica dell'italiano, di linguistica testuale e di grammatica. È membro di numerose società scientifiche, tra cui la Società Linguistica Italiana (SLI), la Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana (SILFI) e il Gruppo di Intervento e Studio nel Campo dell'Educazione Linguistica (GISCEL). È membro del comitato direttivo della Società Dante Alighieri di Lugano e collabora con la pagina culturale del «Corriere del Ticino». Tra le sue pubblicazioni recenti, L’inciso. Natura linguistica e funzioni testuali (Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2011) e Il piacere di scrivere. Guida all’italiano del terzo millennio (Roma, Carocci, 2014), scritto con Simone Fornara.

**Simone Fornara insegna didattica dell’italiano alla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana. Ha insegnato Grammatica italiana presso l’Università degli Studi del Piemonte Orientale e Scrittura tecnica presso il Politecnico di Torino. Si è occupato di formazione dei docenti di italiano di ogni ordine scolastico, presso la SIS del Piemonte e presso l’Alta Scuola Pedagogica di Locarno. È segretario regionale del gruppo ticinese del GISCEL e collabora con la pagina culturale del «Corriere del Ticino». Ha pubblicato scritti di storia della grammatica dell’italiano, manuali scolastici di didattica della letteratura e manuali universitari di didattica dell’italiano. Tra le sue ultime pubblicazioni, Alla scoperta della punteggiatura. Proposte didattiche per riflettere sul testo (Roma, Carocci, 2012), Il piacere di scrivere. Guida all’italiano del terzo millennio (Roma, Carocci, 2014), scritto con Luca Cignetti, e Giocare con le parole (Roma, Carocci, 2015), scritto con Francesco Giudici.