di Erminia Attaianese*

I rapidi mutamenti innescati dai processi di innovazione tecnologica hanno condotto, negli ultimi decenni, ad una sorta di progressiva evoluzione della natura delle attività di lavoro. Da una prevalenza di attività manuali, connotate da fatica fisica e sforzo muscolare protratto e ripetuto, tipiche del lavoro che connota la prima industrializzazione, si è reso necessario, con l’incremento dell’automazione e della meccanizzazione, il coinvolgimento crescente di azioni di controllo, condotte per la gestione di macchine e processi, che di fatto hanno ridotto la necessità di ricorrere  ad elevati carichi muscolari nell’esecuzione delle attività di lavoro, a favore di un crescente impegno percettivo degli addetti, ai quali si richiede di rilevare ed interpretare un consistente numero e una notevole varietà di informazioni e dati.

Il valore relazionale

Inoltre, più di recente, il marcato incremento dei processi di terziarizzazione e mondializzazione, ha fatto emergere, in molti settori lavorativi, l’importanza del valore relazionale delle attività di lavoro, in un momento in cui una condizione di crisi generalizzata ha reso indispensabile assicurare la sostenibilità dei processi, anche attraverso il ricorso e la valorizzazione di quel “serbatoio” potenziale d'intelligenza e di capacità innovativa rappresentato dalle risorse umane. Prevalgono, in questa ottica, le azioni volte all’interazione, non solo dei soggetti con le cose, gli strumenti, le attrezzature, le procedure, ma anche e soprattutto con gli altri soggetti, con le organizzazioni, con i media, con i simboli e i valori di differenti culture e gruppi sociali.

Gli scambi comunicativi

Diventa importante la considerazione delle relazioni interpersonali, dei rapporti e dei processi di comunicazione che si istaurano tra le varie figure di un’organizzazione, processi che si strutturano attraverso sequenze dinamiche e mutevoli di scambi comunicativi fra individui o gruppi, che modificano le proprie azioni e reazioni a seconda delle azioni dei soggetti con cui interagiscono, modificando i propri comportamenti in rapporto a quelli degli altri, anticipandoli o rispondendovi. Questi scambi sono condizionati da fattori personali e ambientali, che possono complicare o favorire notevolmente la prevedibilità dei comportamenti, ampliando la gamma di possibilità sia qualitative che quantitative delle interazioni.

Luoghi adeguati all’interazione sociale

Pertanto se da un lato l’evoluzione della natura delle attività ha di fatto modificato le modalità con cui si svolgono i compiti lavorativi consentendo, per esempio, grazie alle nuove tecnologie, di gestire, archiviare o trasferire elevate quantità di informazione senza la necessità di supporti materiali, riducendo così la necessità di pesi, superfici e volumi, dall’altro, in molti contesti produttivi, ha reso necessario il poter disporre di ambienti, luoghi fisici, adeguati all’interazione sociale.

Il gruppo più che il singolo

Queste esigenze sono particolarmente evidenti nel lavoro d’ufficio. L’ufficio si configura come un luogo organizzato in cui si ricevono e si elaborano informazioni e, nell’ambito del quale si espletano attività prevalentemente di tipo cognitivo-decisionale. Tradizionalmente inteso come spazio individuale, rappresentazione stabile di un status nell’ambito delle gerarchie di un’organizzazione, oggi lo spazio di lavoro tipico del terziario è chiamato ad adeguarsi alle esigenze imposte delle condizioni di flessibilità e mobilità richieste dal mercato, riducendo la necessità di personalizzazione a favore di modelli di organizzazione dello spazio che incoraggino il lavoro di gruppo rispetto alle attività singole, e che privilegino schemi multifunzionali rispetto a logiche di separazione e compartimentazione.

Senza compromettere la privacy

Persone, ruoli e funzioni diverse si trovano così a dover convivere in spazi spesso unitari, open space, che non possono essere chiamati semplicemente a contenerli, quanto piuttosto essere in grado di favorirne gli scopi, individuali e di gruppo, migliorando la produttività.

Gli studi di ergonomia e prossemica forniscono strumenti utili alla progettazione di spazi di lavoro supportivi delle attività degli addetti, la prima attraverso la capacità di analizzare il contesto operativo delle attività per determinare l'adattamento delle interfacce fisiche e cognitive alle caratteristiche antropometriche, biomeccaniche, fisiologiche, psicologiche e culturali degli operatori; la seconda per comprendere più specificatamente i comportamenti d’uso dello spazio e dell’ambiente da parte dei diversi soggetti, gli elementi e il modo in cui se ne influenza la comunicazione, le condizioni in cui se ne favorisce l’interazione, senza compromettere le possibilità di privacy.

Dall’arredo al tavolo riunione

Un concetto chiave della prossemica è quello di Spazio Personale, che attiene al processo comportamentale di aggiustamento degli elementi spaziali di una relazione tra almeno due soggetti, attivato in modo più o meno consapevole mediante variazioni di prossimità, orientamento fisico, strategie posturali, cinesiche, verbali e non verbali, convenzionali e non convenzionali. Si configurano così una serie di distanze fisse che regolano la prossimità dei diversi soggetti (intima, personale, sociale, pubblica) e che determinano variazioni nello spazio personale influenzate da molteplici fattori, individuali (caratteristiche fisiche, psicologiche, demografiche), relazionali (durata del rapporto, contenuto del rapporto, finalità), contestuali (ambiente, densità di popolazione, situazione) e culturali (gruppo sociale, identità culturale, cultura aziendale). Seduta, postazione di lavoro e ufficio individuale possono essere considerati come estensione dello Spazio Personale, anche se le ricadute progettuali della sua analisi riguardano il layout complessivo dello spazio di lavoro, in rapporto alla distribuzione degli arredi, alle distanze tra postazioni, alla distribuzione delle diverse zone di lavoro, all’assetto dei percorsi, nonché alle potenzialità di interazione associate agli spazi sia in rapporto ai processi comunicativi che al movimento. Anche la scelta dell’arredo può influenzare la qualità dell’interazione tra i soggetti. La forma del tavolo riunione, per esempio, incide sulle dinamiche di gruppo, poiché influenza la disposizione dei posti a sedere, determinando di fatto rapporti di differente reciprocità tra i componenti del gruppo, che finiscono col ricadere sulla efficacia della comunicazione e sull’efficienza dell’attività da svolgere.

*Erminia Attaianese,architetto, PhD, ergonomo professionista certificato (EurErg) ed esperto di fattori umani (D.M. 8 luglio 2005_), ricercatore universitario, è responsabile del Leas, Laboratorio di ergonomia applicata e sperimentale, presso il Dipartimento di Configurazione e Attuazione dell’Architettura dell’Università di Napoli Federico II. È inoltre Presidente del Comitato di certificazione della Società italiana di ergonomia (Sie), di cui è rappresentante presso il Cree (Centro di registrazione dell’ergonomo europeo), membro del gruppo di lavoro Principi generali della Commissione Ergonomia dell’Uni e membro dell’Iso_ ad hoc group Ergonomics for elderly and people with disabilities.

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