di Georgia Sanna*

Il parlato trasmesso

A partire dalla fine degli anni ’70, contemporaneamente all’ascesa della radiofonia privata nel panorama nazionale, cresce l’interesse linguistico per la specificità della lingua veicolata dalla radio. Uno dei primi studiosi ad occuparsi della lingua radiofonica è stato Francesco Sabatini1, che l’ha definita con l’attributo di lingua trasmessa: una definizione che trae il suo valore dall’opposizione con la lingua scritta e la lingua parlata. Oltre che dalla peculiarità legata al mezzo, il parlato radiofonico è attraversato però da altre dimensioni di variazione, che chiamano in causa la componente geografica, la funzione d’uso e persino la strutturazione interna del programma: si va dal parlato letto dei notiziari, al parlato recitato dei radiodrammi, al parlato propriamente conversazionale dei programmi di intrattenimento. Considerando come ambito di indagine questi ultimi, in cui il parlato radiofonico è più spontaneo, si nota che la lingua non sempre è adoperata per fini informativi; essa può anche fungere da mero riempitivo tra una brano musicale e l’altro. Riferendosi a casi del genere Massimo Moneglia2 ha parlato di un vero e proprio «stile dee-jay» diffuso su scala internazionale, caratterizzato da un insieme di schemi fissi di presentazione, di suoni e di rumori estremamente vincolato, che crea un amalgama tra parlato e flusso musicale.

Dall’analisi sintattica e testuale di un corpus di registrazioni di parlato radiofonico italiano e inglese3 è emerso che alcuni tratti linguistici ricorrono in entrambe le lingue e manifestano un’unitarietà di ricorrenza strettamente correlata al mezzo di comunicazione. Nella trascrizione degli esempi che seguono, tratti dal corpus selezionato, le parentesi tonde contenenti un trattino singolo (-) o raddoppiato (--) indicano rispettivamente una pausa breve e lunga.

La sintassi della segmentazione

A livello sintattico la lingua radiofonica privilegia la trasmissione dell’informazione rispetto alle strutture logico-argomentative su cui si basa lo scritto. La sintassi del parlato radiofonico, se paragonata a quella dello scritto standard, presenta infatti un modesto livello di articolazione interna, da cui deriva la sua configurazione come una sintassi della segmentazione. I principali tratti individuabili al suo interno sono le dislocazioni, le inversioni, le concordanze ad sensum, le ellissi, i fenomeni di ridondanza e di economia (troncamenti e contrazioni). Questi elementi, presenti sia nell’inglese che nell’italiano trasmesso, possono essere considerati tratti comuni del parlato radiofonico. La loro ricorrenza dipende dal mezzo su cui la lingua viaggia, dalle esigenze comunicative a cui essa deve rispondere e dalle difficoltà con cui lo speaker tenta di pianificare in anticipo il suo atto comunicativo. Non sempre i tratti della segmentazione sintattica producono, da un punto di vista pragmatico, effetti di marcatezza, così come dimostrano gli esempi che seguono; in entrambi i casi la funzione di soggetto è assegnata a un nome generico (’sta cosa) che anche attraverso l’uso del dimostrativo rinvia anaforicamente al contesto verbale:

1)      Però mi fa un po’ paura ’sta cosa;

2)       Mi ha colpito ’sta cosa;

Un maggior livello di marcatezza è riscontrabile invece in presenza di particolari costrutti sintattici, denominati dislocazioni, caratterizzati dalla presenza di un particolare legame sintattico e semantico tra un pronome e il costituente a cui esso si riferisce. La posizione reciproca del pronome e del suo referente permette di distinguere tra dislocazione a destra e dislocazione a sinistra. In (3) l’espressione «for it our movie of the month Troy» costituisce un classico esempio di dislocazione a destra in lingua inglese con climax semantica:

3)      And you can see it (-) first and for free (-) before it comes out nation-wide (--) so check out Radio One online to apply for your free tickets (-) for it (-) our movie of the month (-) Troy;

In questo esempio il legame pronome-referente, inserito all’interno di una dislocazione a sinistra, si estende su diversi turni conversazionali, coinvolgendo la coppia di parlanti:

4)      Tom: che non sceglievo la mia colonna sonora

Giu: e già qua sei falso perché lo mettevano sempre il tuo disco

Tom: no (-) non è vero (-) _l’_avran messo due volte il disco

Giu: e no (-) e no (-) _l’_han messo più di due volte.

La lingua trasmessa obbedisce a criteri pratici di brevità che spesso spingono lo speaker ad adoperare strategie di contrazione di parola non sempre convenzionalmente accettate nella lingua scritta. La pronuncia veloce e trascurata e l’intenzione colloquiale possono produrre la caduta di materiale fonico all’inizio della parola, come nel tipico ’sto per questo e simili («Eh sì: (-) son bravi a fare ’ste musiche»).

I fenomeni di contrazione più comuni nella lingua inglese riguardano i verbi ausiliari nelle forme affermative e negative; sebbene siano sconsigliati nei contesti formali, sono ormai entrati a far parte dello scritto standard. Oltre a questi il parlato radiofonico inglese può presentare però anche tipologie di contrazione tipiche di contesti comunicativi informali.

In (5) si noterà la presenza di gotta per got to e kinda per kind of:

5)      Ah yeah eh (-) gotta talk you about that whole Jay-Z issue (-) kinda thing (-) sort of (-) after this Coldplay next.

La strutturazione testuale

A livello testuale nel parlato radiofonico si riscontra la presenza di alcune tipiche costruzioni dell’interazione faccia a faccia, di cui i meccanismi deittici, l’avvicendamento dei turni comunicativi, la cooperazione tra parlanti costituiscono un chiaro esempio. In opposizione all’economia e alla semplificazione riscontrata a livello sintattico, si nota nella strutturazione testuale della lingua radiofonica una forte tendenza alla ridondanza lessicale e informativa. Questa caratteristica è strettamente correlata al mezzo radiofonico; infatti gli speaker, consapevoli che il livello d’attenzione da parte degli ascoltatori non è in genere molto elevato, ripetono con chiarezza le informazioni principali. In (6) assistiamo al fenomeno della ripetizione per commento con funzione riassuntiva del sintagma the next week. L’intento è di rimarcare l’appuntamento per la settimana successiva:

6)      Ja: so Orlando Bloom from the Cannes Film Festival (-) the star of Troy (-) he’ll be on this show the next week

Jo: oh fun (-) the next week (-) fantastic.

Nel parlato radiofonico si riscontra infine il frequente ricorso a segnali discorsivi, dispositivi linguistici che svolgono un ruolo fondamentale nel processo di interazione comunicativa e nell’avvicendarsi dei turni di parola. Le espressioni linguistiche maggiormente adoperate, ad esempio, nel meccanismo della presa di turno sono e, e poi, anche, ma, allora, cioè, scusa, insomma, vabbè nell’italiano radiofonico e and, okay, ah, also, just, well nell’inglese.

Il lessico della quotidianità

La lingua adoperata nelle radio a diffusione nazionale deve configurarsi come una lingua neutra, così da poter essere compresa da tutti. Per questo motivo a livello lessicale risulta poco presente l’apertura a termini ed espressioni regionali e a forestierismi. In alcuni casi lo speaker può però prediligere alcune forme regionali non tanto per il loro valore semantico, quanto per quello espressivo, come si può ricavare da questi due esempi:

7)      cioè non volevo menarla tanto che sono dee-jay;

8)      il tempo è magna magna.

Il parlato radiofonico è inoltre ricco di lessemi dal significato molto generico come cosa, fare, roba, tizio in italiano e thing, to do, kind of, stuff in inglese che contribuiscono ancora una volta a rendere colloquiale la comunicazione. In apparente contraddizione con la sua spontaneità, infine, la lingua radiofonica ricorre spesso a cliché e a formule del tutto tradizionali: nella segnalazione della diretta, per esempio, o nella messa in onda delle canzoni.

Note al testo

1. Prove per l’italiano “trasmesso” (e auspici di un parlato serio semplice) in A.A. V.V., Gli italiani parlati. Sondaggi sopra la lingua di oggi, Firenze, Accademia della Crusca, 1987.

2. La lingua delle radio locali giovanili in A.A. V.V., Gli italiani parlati. Sondaggi sopra la lingua di oggi, Firenze, Accademia della Crusca, 1987.

3. Georgia Sanna, La lingua in onda. Il parlato radiofonico italiano e inglese a confronto, in Lingua Italiana d’Oggi vol. 3, Roma, Bulzoni, 2006.

*Georgia Sanna si laurea in Lingue e linguaggi per la comunicazione multimediale e il giornalismo presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università di Cagliari. Nel 2006 pubblica La lingua in onda. Il parlato radiofonico italiano e inglese a confronto_, in «Lingua Italiana d’Oggi», vol. 3-2006, Bulzoni, Roma. Attualmente collabora come copywriter con diverse redazioni web._