02 dicembre 2015

L’analisi del periodo: un gioco da ragazzi?

 

Nel percorso spiraliforme che accompagna lo studio scolastico della grammatica, il primo incontro con l’analisi del periodo è spesso molto (troppo) precoce. Gli insegnanti, adusi all’idea che la conquista delle competenze di lettura (comprensione) e scrittura (corretta, non solo ortograficamente) sia indissolubile dall’esercizio tassonomico dell’ analisi grammaticale e logica – e in assenza di un curricolo verticale nei programmi ministeriali, che proponga una gradualità di contenuti coerente con lo sviluppo cognitivo degli apprendenti – non esitano a spingersi oltre il limite della frase semplice (già in sé ricca di complessità) per affrontare la sintassi della frase complessa o periodo.

Come accade per l’analisi logica, a ispirare la riflessione scolastica sul periodo (etimologicamente: unità ciclica, completa nella forma e compiuta nel significato) non è un modello scientifico di riferimento, ma il desiderio di esaurire un elenco di “tipi” di frasi tramandato dalla tradizione: coordinate, principali e subordinate, e poi tutti i tipi di subordinate, messe sullo stesso piano e classificate sulla base del contenuto.

Questo tipo di percorso si basa su alcuni presupposti:

-          che si debba partire dal piccolo per arrivare al grande, come nel gioco delle costruzioni (sintassi vuol dire in effetti “costruzione”, ma i parlanti sono già in grado di costruire frasi e periodi prima di imparare ad analizzarli)

-          che i pezzi vadano considerati per il loro contenuto prima che per la forma (come se non fosse la combinazione di forme a creare contenuti)

-          che l’analisi dei pezzi singoli porti in modo automatico all’assemblaggio, e quindi al risultato finale (dimenticando la frustrazione del bambino che apre la scatola dei lego)

-          che tutte le frasi e i periodi che produciamo assomiglino agli esempi del libro di grammatica (come la costruzione all’immagine sulla scatola), e come tali vadano analizzati.

 

Cambiamo gioco: dalla costruzione alla decostruzione

 

Si poterebbe proporre un percorso più modesto e sensato, ispirato ancora a un gioco da bambini (e bambine), ma che guardi alle regole e insieme alle scelte? Proviamo.

Il periodo è una frase “complessa”, i cui costituenti sono altre frasi semplici (cioè costruite intorno a un verbo singolo, saturato dai suoi argomenti ), ribattezzate all’uopo “proposizioni”. Si tratta dunque di una strategia di collegamento finalizzata al trasporto di contenuti “pesanti”. Contenuti che vengono ripartiti tra le frasi o in modo paritario (coordinazione) o in modo gerarchico (subordinazione). Tra le frasi che formano il periodo è comunque presente una frase di testa, chiamata principale , che funziona da motore e traina le altre.

Lasciando da parte per il momento la coordinazione per concentrarci sulla struttura reggente-subordinate, se proviamo a osservare i periodi come se fossero dei modellini di camion, possiamo subito introdurre una distinzione: c’è il periodo-autocarro, il periodo-autotreno e il periodo-autoarticolato.

L’autocarro è un mezzo di trasporto singolo, con una cabina motore e un cassone di carico integrati tra di loro. Funzionano allo stesso modo i periodi in cui una prima frase costruita intorno a un verbo (come sembrare, credere, pensare ecc.) regge una seconda frase che lo completa (chiamata perciò “ completiva ”, soggettiva o oggettiva), senza la quale la prima frase non starebbe in piedi.

L’autotreno, con una cabina autonoma che traina uno o più rimorchi, corrisponde a un periodo con una frase principale cui si collegano una o più frasi subordinate (chiamate nello specifico “avverbiali” o “circostanziali”) dai contenuti più vari (strumento, causa, motivo e fine dell’azione; circostanze spaziali e temporali che fanno da cornice all’evento espresso dal verbo della principale), che si aggiungono liberamente alla sovraordinata.

Nell’autoarticolato, infine, abbiamo una cabina con un semirimorchio snodabile: funzionano in questo modo il periodo ipotetico (in cui la premessa, introdotta dal se..., deve necessariamente portare al rimorchio una conseguenza), ma anche il periodo che contiene una frase comparativa (in cui, per esempio, a un tanto… segue un quanto…) o una frase consecutiva (talmenteche…), caratterizzate da un rapporto di interdipendenza con la principale.

 

Questo tipo di riflessione sul periodo potrà essere successivamente ampliata prendendo in esame le diverse forme delle frasi (in particolare il modo verbale: indicativo e congiuntivo nella forma "esplicita", cioè con un soggetto espresso e indipendente; infinito e gerundio nella forma "implicita", con soggetto non espresso controllato dalla principale) e il diverso tipo di “gancio” ( congiunzioni come che, perché ecc. nella forma esplicita; preposizioni come di, a, da, per... nella forma implicita ). Ma il primo, imprescindibile dato da mettere a fuoco è il tipo di legame sintattico (che, come abbiamo visto, può essere di completamento, di aggiunta o di correlazione) e quindi la rilevanza di ciascuna frase nella struttura complessiva (le completive e le “interdipendenti” sono necessarie alla completezza del periodo, le avverbiali sono facoltative).

Andrà poi distinto e isolato un tipo di frasi, le relative, che funzionano in modo particolare: sono introdotte da un pronome (come che) che, all’interno di una frase semplice, si attacca al nome antecedente e lo espande: non un vero e proprio rimorchio, dunque, ma una specie di baule che si monta sul tetto di un’auto.

Questo tipo di riflessione, basata sulla struttura, permette tra l’altro di dare indicazioni precise sull’uso della punteggiatura: mai tra una principale e una completiva (come neppure tra soggetto e verbo, o verbo e oggetto); sì tra una principale e una subordinata avverbiale, o tra due avverbiali; prima di una relativa solo se attributiva e non restrittiva (che funziona cioè come un aggettivo che attribuisce qualità e non restringe la portata del nome).

 

Dalla classificazione alla trasformazione

 

Un altro tipo di riflessione, alternativa alla classificazione, è basata sul concetto di trasformazione. Di fatto, la frase complessa costituisce uno sviluppo della frase semplice: tutte le posizioni sintattiche (soggetto, oggetto, espansioni di vario genere) possono essere occupate, anziché da un'espressione nominale (o un pronome), da una frase. Come i robot che si mutano in macchine, così possiamo provare a trasformare un “complemento” in una frase:

 

1a) Ho dimenticato l’appuntamento .

1b) Ho dimenticato che avevo un appuntamento .

 

2a) Ho dimenticato l’appuntamento per distrazione .

2b) Ho dimenticato l’appuntamento perché sono distratto .

 

Questo tipo di approccio ha il vantaggio di abituare a riconoscere e manipolare la struttura della frase, e a riflettere sulle alternative a disposizione del parlante quando si tratta di saturare una valenza del verbo (es. 1) o di collegare due fatti, come una conseguenza alla sua causa (es. 2).

 

Nei livelli superiori di scuola si potrà poi riflettere sulla possibilità di scegliere tra diversi tipi di “ganci” (connettivi), più o meno articolati, più o meno capaci di mettere in rilievo il contenuto trasportato. Invece di per, volendo rendere esplicita la causa, potrei usare la locuzione a causa di:

 

2c) Ho dimenticato l’appuntamento a causa della mia distrazione .

 

Per mettere in primo piano la causa rispetto all’effetto nella prospettiva del periodo, sceglierò siccome, anziché perché:

 

2d) Siccome sono distratto , ho dimenticato l’appuntamento.

 

Se invece voglio concatenare due fatti lasciando all’interlocutore il compito di stabilire il rapporto di causa-effetto, mi limiterò a disporli in sequenza, uniti da una congiunzione coordinante (e), o separati (nello scritto) da un segno di punteggiatura, con l’eventuale rinforzo di un elemento anaforico (così, perciò) :

 

2e) Sono distratto e (così) ho dimenticato l’appuntamento.

2f) Sono distratto: (perciò) ho dimenticato l’appuntamento.

 

Nel primo caso abbiamo fatto ricorso alla coordinazione, nel secondo caso alla giustapposizione, chiamata “ asindeto” e trattata come un’anomalia nella grammatica tradizionale, ma frequentissima nella comunicazione parlata.

 

Tra scritto e parlato

 

Scritto e parlato hanno strategie di costruzione sintattica diversa, legate al diverso grado di pianificazione, sulle quali sarà bene riflettere, anche per non banalizzare (bollandole come scorrette) fenomeni in atto nell’italiano contemporaneo, come la semplificazione delle relative (col ricorso al cosiddetto " che polivalente ": non c'è niente che ho bisogno, come canta Jovanotti), del periodo ipotetico e delle completive (col ricorso all' indicativo pro congiuntivo ).

Analogamente, testi scritti di tipo diverso presentano un diverso grado di complessità sintattica, legato a fattori come: lunghezza media degli enunciati, maggiore o minore ricorso all’ipotassi vs paratassi, livelli di incassatura delle subordinate (di primo, secondo, terzo grado ecc.), scelta e dosaggio dei tempi verbali (consecutio temporum).

L’analisi del periodo, del resto, può essere utilmente fatta anche nel triennio delle superiori a partire dall’osservazione delle scelte d’autore: dal grande al piccolo, dunque, dal testo alla grammatica. Si potrà per esempio guardare da vicino la costruzione dell’orazion picciola di Ulisse nel canto XXVI dell’Inferno, con il suo sapiente dosaggio di coordinazione, subordinazione e giustapposizione (altrove integrate dal ricorso a una strategia tipica dell’italiano antico: la paraipotassi). Per farsi un’idea di come è cambiata la sintassi nella storia dell’italiano, invece, basterà confrontare un periodo del Decameron con uno dei Promessi Sposi.

 

Letture consigliate

Adriano Colombo, La coordinazione, “Grammatica tradizionale e linguistica moderna” (serie diretta da G. Graffi”), Carocci, Roma, 2012.

Giorgio Graffi, La frase: l’analisi logica, “Grammatica tradizionale e linguistica moderna” (serie diretta da G. Graffi”), Carocci, Roma, 2012.

Michele Prandi, L’analisi del periodo, “Grammatica tradizionale e linguistica moderna” (serie diretta da G. Graffi”), Carocci, Roma, 2013.

Michele Prandi, Cristiana De Santis, Le regole e le scelte. Manuale di linguistica e di grammatica italiana, seconda edizione, utet , Torino, 2011.

Francesco Sabatini, Carmela Camodeca, Cristiana De Santis, Sistema e testo. Dalla grammatica valenziale all’esperienza dei testi, Loescher, Torino, 2011.

Gianpaolo Salvi, Le parti del discorso, “Grammatica tradizionale e linguistica moderna” (serie diretta da G. Graffi”), Carocci, Roma 2013.

Stefano Telve, L’italiano: frasi e testo, Carocci, Roma, 2008.

Laura Vanelli, Grammatiche dell’italiano e linguistica moderna, Unipress, Padova, 2010.

 

 

Immagine: Mattoncini di Lego

 

Crediti immagine: Ralf Roletschek [GFDL 1.2 (http://www.gnu.org/licenses/old-licenses/fdl-1.2.html)]


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