«Signor Bianchi, suo figlio scrive come parla». Condanna che si ripete giornalmente nelle scuole di tutta Italia, figlia della nostra tradizione didattica molto analitica e poco sintetica. Le varie analisi, grammaticale, logica, del periodo sono, infatti, operazioni che si limitano a categorizzare alcuni oggetti, mentre trascurano di spiegare quando, come e perché usare quegli oggetti come strumenti per esprimere le proprie idee in modo efficace, nello scritto e nel parlato. Per questo motivo, queste operazioni non incidono sulla competenza comunicativa degli studenti, che rimane affidata al talento dei singoli, al generico consiglio di “leggere di più”, ai più o meno cursori interventi dei professori più attenti.

Capire e intervenire

Vediamo alcune costruzioni, reali (da Ruggiano 2011: 121; 126; 128), che sarebbero probabilmente etichettate come «scritte come si parla». Proporrò una riscrittura degli stralci in uno tra i molti modi possibili adatti al contesto comunicativo (esercitazione scolastica), che impone un certo registro, e al tipo di testo (testo argomentativo), che impone alcune scelte compositive e terminologiche. Ogni riscrittura sarà seguita da alcune notazioni linguistiche.

«Un sacco di tipi»/semplicistico

a. «Un sacco di tipi per essere al centro dell’attenzione e soprattutto di farsi notare dalle ragazze fanno azioni non buone, specialmente alla salute»;

a bis. «Tanti ragazzi, per essere al centro dell’attenzione, e soprattutto per farsi notare dalle ragazze, arrivano a compiere azioni pericolose, illegali, certe volte dannose per la loro stessa salute».

L’errore più evidente è la preposizione “di”, che può introdurre una proposizione finale solo in dipendenza da alcuni verbi o perifrasi (“cercare di”, “con l’intento di”, “al fine di”...). Ho mantenuto le frasi idiomatiche “essere al centro dell’attenzione” e “farsi notare”, perché non abbassano troppo il livello del discorso (più marcata verso il colloquiale, anche se non per forza inaccettabile, sarebbe stata “fare colpo”); proprio perché colloquiale ho sostituito, invece, “tipi” con “ragazzi”. Ho trasformato il semplicistico, un po’ infantile “fanno azioni non buone” con un’espressione più complessa semanticamente e sintatticamente, visto che incorpora il senso dell’eccesso nella perifrasi “arrivano a”, ma anche lessicalmente, con l’introduzione dei termini “illegali” e “dannose”. Ho, così, eliminato la reggenza imprecisa del complemento di svantaggio “non buone... alla salute”.

«Infatti si pensava»/inadatto

b. «Infatti si pensava che [gli dei] gli inviavano ai popoli della Terra fortuna se venivano onorati e offerti sacrifici»;

b bis. «Infatti si pensava che avrebbero inviato ai popoli della Terra fortuna se fossero stati onorati e avessero ottenuto sacrifici».

Qui ci scontriamo con una costruzione sintattica complessa, molto difficile da descrivere e ancora di più da maneggiare: una principale (“Infatti si pensava”) che regge una proposizione soggettiva al condizionale passato (“che avrebbero inviato... fortuna”: il condizionale esprime qui il futuro rispetto al passato della reggente), a sua volta apodosi di un periodo ipotetico del secondo tipo, con due protasi coordinate al congiuntivo trapassato (“se fossero stati onorati e avessero ottenuto sacrifici”: il trapassato qui non indica l’impossibilità, ma esprime la precedenza rispetto al passato della reggente, in questo caso “avrebbero inviato”). Coraggioso lo studente che si è avventurato in questo ginepraio, infilando, però, una serie di scelte inadatte allo scritto o del tutto sbagliate, dall’indicativo imperfetto al posto tanto del condizionale quanto del congiuntivo (tipico del parlato), alla costruzione a metà tra attiva e passiva del verbo “offrire” (agrammaticale); passando per la dislocazione a destra “gli inviavano ai popoli” (del tutto normale nel parlato).

«Nelle scuole sta emergendo»/scollegato

c. «Nelle scuole sta emergendo un fenomeno detto “bullismo” che si verifica soprattutto nei ragazzi, che cercano di imporre delle regole ai loro coetanei. Questi coetanei vengono chiamati “bulli” giovani ragazzi spavaldi, prepotenti, violenti e teppista».

c bis. «Nelle scuole sta emergendo un fenomeno, detto “bullismo”; esso è tipico dei maschi e consiste nel cercare di imporre, spesso con la violenza, delle regole ai propri coetanei. I “bulli” sono ragazzi spavaldi, prepotenti, violenti, dei veri teppisti».

Qui le difficoltà maggiori riguardano la coreferenza, cioè la corrispondenza tra le parole che si riferiscono allo stesso oggetto, e la pianificazione logica del discorso. Il primo problema emerge nell’espressione “Questi coetanei”, riferita logicamente ai bulli, ma testualmente alle vittime, e nel nome “teppista”, riferito logicamente ai bulli, ma testualmente ad un bullo singolare (senza contare che il nome è usato come un aggettivo). Il secondo problema emerge nell’informazione “vengono chiamati bulli”, che, vista la precedente introduzione del termine “bullismo”, può essere data come acquisita o incidentale (“questi ragazzi, che vengono chiamati “bulli,”), e invece viene presentata come nuova; e poi non è collegata efficacemente al resto della frase.

L'insufficiente prospettiva testuale nell'insegnamento

Gli stralci mostrano che la sensazione di “parlato” dello scritto degli studenti deriva soprattutto da difetti testuali: povertà lessicale, coesione imperfetta (a tutti i livelli: dalla reggenza verbale alla punteggiatura, dalla concordanza alla coreferenza, dalla consecutio temporum alla distribuzione delle informazioni), incapacità di tenere separati i registri comunicativi. L’insegnamento grammaticale impartito oggi nelle scuole poco può fare per correggere questi difetti, e a poco giova anche il famigerato tema, feticcio di una didattica che associa lo scritto alla letteratura più che ai meccanismi della convivenza civica. Troppo timidi appaiono i tentativi di molti manuali di grammatica recenti, che affiancano alla grammatica tradizionale alcuni temi di linguistica, come la tipologia testuale, i concetti (solo i concetti) di “coesione”, “coerenza”, “registro”, qualche accenno sociolinguistico. La prospettiva testuale deve entrare con più decisione nella pratica didattica, per avvicinare i ragazzi alle strutture latenti e agli scopi sociali (oltre che cognitivi) della grammatica, della lingua, della comunicazione.

Bibliografia

Ugo Cardinale (a cura di), A scuola d’italiano a 150 anni dall’unità. Più lingua più letteratura più lessico: tre obiettivi per l’italiano d’oggi nella scuola secondaria superiore, il Mulino, Bologna, 2011.

Anna Ciliberti, La grammatica: modelli per l’insegnamento, Roma, Carocci, 2015.

Fabio Ruggiano, L’italiano scritto a scuola. Fenomeni di lingua in elaborati di studenti di scuola secondaria dal primo al terzo anno (Messina 2004-2007), Aracne, Roma, 2011.

Francesco Sabatini, Carmela Camodeca, Cristiana De Santis, Sistema e Testo, Dalla grammatica valenziale all'esperienza dei testi, Torino, Loescher, 2011.

Immagine: Espacio Playful Learning by Lego Education en el Tibidabo

Crediti immagine: Tibidabo Oficial [CC BY-SA 4.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0)]

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata