di Mattia Bernardini*

In Italia, la legislazione sul diritto d’autore protegge «le elaborazioni di carattere creativo» di un’opera e tra queste cita esplicitamente «le traduzioni in altra lingua» (legge 22 aprile 1941, n. 633, art. 4). Il traduttore è pertanto considerato autore di una rivisitazione originale dell’opera originaria, al pari di uno sceneggiatore che volesse trarre da un romanzo il soggetto per un film.

Nell’ambito delle traduzioni, tuttavia, questa riconosciuta originalità risulta più difficile da cogliere. Questo perché se da un lato è riconosciuta al traduttore, di diritto, una propria creatività, dall’altro ci si aspetta che una traduzione sia quanto più possibile “fedele” all’opera tradotta. Come in un doppiaggio magistralmente condotto, il traduttore presta la propria voce all’autore straniero e, nel farlo, cerca di modularla in modo che il lettore possa sentire, in quelle sue parole, la vera voce dell’autore originario.

Dall’esigenza di fedeltà consegue un inevitabile grado di somiglianza tra le diverse traduzioni di una stessa opera originaria. Questa “vicinanza attesa” è innegabile e, finché essa rimane imponderabile, il traduttore che volesse difendere il proprio diritto d’autore si trova di fronte a un’ardua impresa. Eppure, quella medesima vicinanza attesa si può rivelare la chiave di volta per dirimere questo genere di controversie. Da diversi anni si studiano, infatti, degli strumenti in grado di dare una qualche misura oggettiva di questa percepibile vicinanza.

Primo fattore: la distanza intertestuale

Particolarmente efficace in questo senso si è rivelata la distanza intertestuale, un indice statistico messo a punto da Labbé e Labbé (2001) al fine di ottenere un valore numerico in grado di dare un’indicazione quantitativa del grado di somiglianza di due testi. In breve, l’indice risulta pari a 0 quando metto a confronto due testi del tutto identici, mentre potrebbe arrivare a 1, il valore di distanza massima, per due testi che fossero composti di parole tutte diverse (il che è virtualmente impossibile, perché l’indice tiene conto di tutte le parole, incluse le congiunzioni, gli articoli e le preposizioni, per cui ci sarà sempre un certo grado di affinità tra due testi anche lontanissimi tra loro per stile e contenuto).

Le caratteristiche del testo in grado di far variare tale parametro sono state individuate da Muller e Brunet (1988). Attraverso l’analisi statistica di più testi, essi hanno potuto determinare quali aspetti fossero più rilevanti ai fini della misura della distanza intertestuale. In ordine di influenza, queste variabili sono: il genere letterario, l’epoca, l’autore e il tema dell’opera.

Nel caso di testi in traduzione, oltre a queste variabili vanno considerati anche il traduttore, l’epoca della traduzione, la lingua di partenza e, ovviamente, l’opera originaria - primo motore della prevedibile vicinanza tra le diverse traduzioni.

Uno studio condotto dall’autore del presente articolo su 48 testi diversi, traduzioni in italiano di 16 celebri romanzi (4 per ciascuna lingua tra inglese, tedesco, francese e spagnolo) ha permesso di trarre alcune interessanti conclusioni.

Innanzitutto, l’opera originaria ha un peso preponderante nel determinare la distanza intertestuale, tale da superare di molto l’effetto di qualunque altra variabile presa in considerazione. Se (e solo se) due testi sono traduzioni di una stessa opera, la distanza intertestuale sarà piccola. Se essi traducono opere diverse, la distanza risulta considerevolmente più grande.

Secondo fattore: l'intervallo di confidenza

In secondo luogo, e questo è un dato di fondamentale rilevanza, questa distanza si attesta all’interno di un intervallo ben definito. Questo significa che, indipendentemente dall’opera originaria scelta, prese due qualsiasi traduzioni dello stesso romanzo, la distanza che le separa è più o meno sempre la stessa. La vicinanza non è soltanto attesa, ma prevedibile con un certo intervallo di confidenza.

Il secondo ordine di differenziazione è ancora legato alla natura dell’opera originaria. Prese due opere diverse, la distanza tra una qualsiasi traduzione della prima opera e una qualsiasi traduzione della seconda varia di poco (come se confrontassimo la distanza tra case ubicate a Roma, da un lato, e case ubicate a Napoli, dall’altro: la distanza è sempre simile a quella tra il centro di Roma e il centro di Napoli). Si è ipotizzato che tale distanza media possa dipendere da aspetti legati al tema, o allo stile degli autori originari.

Terzo fattore: la voce del traduttore

La voce del traduttore emerge solamente come terzo fattore. Se in due raggruppamenti distinti (traduzioni di una prima opera da un lato e traduzioni di una seconda opera dall’altro) si trovano due testi scritti dallo stesso traduttore, questi due testi saranno i più vicini dei due gruppi. Ciononostante, è sempre il gruppo a cui appartiene la traduzione a influire maggiormente sulla distanza.

Anche la lingua di partenza ha un proprio peso, ma solamente per quanto concerne le traduzioni di una stessa opera originaria. Lingue più “vicine” all’italiano, come il francese o lo spagnolo, tendono a dare traduzioni con una distanza intertestuale leggermente minore, rispetto a una lingua genealogicamente più “lontana” come il tedesco. Le differenze, seppur misurabili, sono tuttavia piccole.

In traduzione, l’epoca delle opere originarie non risulta influenzare le distanze intertestuali.

Analisi dei segmenti ripetuti

Un altro strumento utile al confronto tra due testi diversi (al fine di determinare il grado di somiglianza) è l’analisi dei segmenti ripetuti. Si tratta di individuare quei segmenti di testo (sequenze di parole successive) che si ripetono identici tra i due testi. Più lunghi e numerosi sono i segmenti ripetuti, più è probabile che questa parziale sovrapponibilità dei testi non sia imputabile al caso. Analizzando i segmenti di cinque parole, ad esempio, le ripetizioni sono assai frequenti, ma poco significative: qui troviamo per lo più sequenze che costituiscono delle espressioni di uso comune, come per l’amor di Dio o un giorno o l’altro. Orientativamente, quando la lunghezza dei segmenti supera la decina di parole, vale la pena analizzare le singole occorrenze per stabilire quali possano essere le cause di tanta vicinanza.

Quello che si osserva è che le traduzioni di originali francesi, ad esempio, portano più frequentemente i diversi traduttori ad adottare soluzioni identiche per tradurre uno stesso passaggio. A tale proposito, si riporta qui di seguito un significativo estratto da Il rosso e il nero, di Stendhal, nella versione originale e poi in due diverse traduzioni (il neretto evidenzia le poche differenze – il segmento ripetuto più lungo è di ben 25 parole):

…tomba sur une chaise, presque évanouie de douleur. Il va humilier Julien, et par ma faute! Elle eut horreur de son mari et se cacha la figure avec les mains. Elle se promit bien de ne jamais faire de confidences.

…si lasciò cadere su una sedia, semisvenuta per il dolore. «Umilierà Julien, e per colpa mia!» Ebbe orrore di suo marito e si nascose il volto tra le mani. Si ripromise con fermezza di non confidarsi mai con nessuno.

…si lasciò cadere su una sedia, semisvenuta per il dolore. «Umilierà Julien, e per colpa mia!» Ebbe orrore di suo marito**,** e si nascose il viso fra le mani. Si ripromise con decisione di non confidarsi mai più.

Nelle traduzioni dal tedesco, invece, accade più di rado che uno stesso passaggio venga reso in modo esattamente identico da traduttori diversi: i segmenti ripetuti sono pertanto più brevi e meno frequenti.

La presenza di un elevato numero di lunghi segmenti ripetuti (diciamo oltre le 20 parole) è tipicamente indice di una eccessiva vicinanza delle due traduzioni. I risultati dell’analisi dei segmenti ripetuti, infatti, tendono a confermare i risultati prodotti dall’analisi delle distanze intertestuali.

Conclusioni: validità degli indici statistici

La traduzione di un testo è un’elaborazione originale in cui la creatività si pone al servizio della fedeltà al testo originario. A partire da uno stesso testo originario, la “prossimità” delle sue traduzioni risulta non soltanto inequivocabilmente rilevabile attraverso l’uso di indici statistici adeguati, ma anche e soprattutto prevedibile, entro certi intervalli di confidenza. Tanto più la distanza intertestuale si riduce, allontanandosi da questi valori di riferimento, tanto più si riduce la probabilità che questo eccesso di somiglianza sia frutto del caso.

Bibliografia essenziale

Labbé Dominique, 2007, Experiments on authorship attribution by intertextual distance in English, in «Journal of Quantitative Linguistics» 14(1), pp. 33-80.

Labbé Cyril e Labbé Dominique, 2001, Inter_-Textual Distance and Authorship Attribution Corneille and Molière_, in «Journal of Quantitative Linguistics» 8(3), pp. 213-231.

Labbé Cyril e Labbé Dominique, 2006, A Tool for Literary Studies: Intertextual Distance and Tree Classification, in «Lit Linguist Computing» 21(3), pp. 311-326 first.

Merriam Thomas, 2002, Intertextual distances between Shakespeare plays, with special reference to Henry V (verse), in «Journal of Quantitative Linguistics» 9, pp. 260-273.

Merriam Thomas, 2003a, An application of authorship attribution by intertextual distance in English, in «Corpus» 2, pp. 167-182.

Muller Charles e Brunet Etienne, 1988, La statistique résout-elle les problèmes d’attribution?, in «Strumenti Critici» settembre 1988, pp. 367-387.

*Mattia Bernardini è laureato magistrale in Lingue Letterature e Culture Straniere presso l’Università degli Studi di Padova, con una tesi sulla distanza intertestuale nelle traduzioni. Dal 2000 insegna presso vari istituti superiori della provincia di Padova e dal 2005 è impegnato nella pubblicazione di opere di saggistica in veste di traduttore e revisore.