Ci sono molte buone ragioni per definire il Settecento un secolo rivoluzionario. Gli storici vi hanno infatti individuato una moltitudine di “rivoluzioni”: una rivoluzione demografica, una agricola, una industriale, una intellettuale e culturale – l’Illuminismo – oltre naturalmente le due classiche rivoluzioni politiche, quella americana e quella francese. Come vedremo, l’opportunità di utilizzare il termine ‘rivoluzione’ per descrivere i mutamenti avvenuti in questi diversi ambiti è stata ed è materia di controversie. Molto dipende ovviamente da cosa si intende per “rivoluzione”. Quanto radicale e rapido deve essere un cambiamento per meritare di essere definito “rivoluzionario”? Una rivoluzione che si dispiega nel corso di decenni – come può avvenire per le rivoluzioni economiche o culturali – può essere ancora chiamata tale? Ma quale che sia la valutazione che possiamo dare delle varie discontinuità “rivoluzionarie” del Settecento, rimane un buon motivo per conservare al secolo questa etichetta. Ed è il fatto che il Settecento ha saputo di essere, e in larga misura ha voluto essere, un secolo rivoluzionario.