Il passaggio dalla storia moderna a quella contemporanea è stato tutt’altro che stabile – è passato infatti dalla Rivoluzione francese, al Congresso di Vienna, alla metà o alla fine dell’Ottocento, alla prima guerra mondiale – e spesso si stabilisce al tempo della seconda guerra mondiale, ai decenni successivi, o al crollo del muro di Berlino nel 1989. Si è pure parlato per il Novecento di un secolo breve, tra il 1914 e il 1989: una periodizzazione che tiene molto in conto la nascita e il crollo del comunismo e, fra l’altro, mette in evidenza la possibilità di pensare le cesure temporali per problemi, senza andare necessariamente alla ricerca di nodi che possano riassumere le innumerevoli spezzature di storie settoriali. E alcuni storici hanno considerato il periodo fra l’ultimo decennio dell’Ottocento e gli anni Cinquanta o Sessanta del Novecento come un’epoca di transizione che apre il passo alla contemporaneità. Tra le tante possibili, la misura del secolo resta comunque per l’Europa del Novecento una periodizzazione che, nella sua neutralità dichiarata, permette di essere scavalcata in avanti e a ritroso, là dove i diversi temi trattati lo richiedono, e di contenere in sé una pluralità di importanti cesure.