dal Detto della “bona çilosia”

ANONIMO DELLA “BONA ÇILOSIA”

       

       Çamai penser no vose avere
       se non com se poés plaxere
       et el a lei et ela a lui.
       Çilusi i g’era entranbidui;
5        mai no miga de rea creença;
       entrambi era d’una sentença,
       k’i se portava tanto amore
       k’i g’era entrambi d’un sol core.
       Et volse ço k’ela volea
10      et ela ço k’a lui plasea.
       No ave mai tençon né ira,
       ké ben tegnis da terça a sera.
       Questa fo bona çilosia,
       k’el fino amor la guarda e guia;
15      e questa vol lo pelegrino
       aver de sera e da maitino,
       e an’ no i ave desplaxere
       s’ella volese ancora avere
       enverso lui ... [ella]
20      k’ancora un poco li revella.
       Ma el ha sì ferma sperança,
       k’el cre complir la soa entendança
       e far sì k’ela l’amarà
       e fé lial li porterà.
25      Ella li sta col viso claro
       quan’ li favela; mai de raro
       i aven quela rica aventura:
       k’el’ è sì alta per natura
       ke, quando el è da lei appresso,
30      de dir parole sta confesso.
       e sta contento en lo guardare:
       altro no i aolsa demandare.
       E sì i avravel ben que dire!
       Querir mercé, mercé querire
35      mille fiae e plu ancora,
       s’el li bastas’e tempo e ora.
       E ki credì vu k’ella sia?
       Ela è de tal beltae complia,
       k’el no è miga meraveia
40      s’el pelegrin per lei s’esveia.
       An’ no devravel mai dormire,
       mai pur a lei mercé querire,
       mercé l’ella el degnasse amare,
       ke malamentre el fa penare.
45      Mai el non osa el pelegrino:
       tutora sta col cavo enclino;
       mercé no quere, mai sta muto,
       sospira el core e arde tuto.


Parafrasi

Non vollero mai avere pensieri se non tali che lui potesse piacere a lei e lei a lui. Erano entrambi gelosi, ma non per vile sospetto: erano entrambi della stessa opinione, e provavano tanto amore (reciproco) che avevano entrambi un solo cuore. Lui voleva quello che voleva lei, e lei ciò che piaceva a lui. Non ebbero mai litigio o rancore che durasse dalle nove del mattino (l’ora terza) alla sera. Si trattava della gelosia buona, che il vero amore custodisce e guida; quella che il pellegrino vuole la sera (come) la mattina, e anzi non gli dispiacerebbe se lei volesse anche avere verso di lui (lacuna nel testo) che gli faccia un po’ di resistenza. Ma lui ha una speranza tanto salda da essere certo di portare al pieno successo il proprio amore, e di far sì che lei lo amerà e gli sarà lealmente fedele. Lei rimane con il volto luminoso quando lui le parla, benché questa preziosa occasione gli si presenti raramente; ché lei è di natura tanto elevata che lui, quando le è vicino, rimane incapace di parlare, e si accontenta di guardarla; non osa rivolgerle alcuna domanda. Eppure avrebbe molto da dire! Chiedere pietà, chiedere indulgenza mille volte e anche di più, se ne avesse il tempo in quel momento. E come credete che sia, lei? Lei è piena di tale bellezza che non c’è alcuna meraviglia se il pellegrino è sempre sveglio pensando a lei. Anzi non dovrebbe mai dormire, ma continuamente chiederle d’essere ricambiato, che si degnasse di amarlo, lei che tanto aspramente lo fa soffrire. Ma lui, il pellegrino, non osa: se ne sta lì a capo chino, non chiede pietà, ma rimane in silenzio, sospira nel cuore e arde tutto.

Commento

Il frammento di 108 versi in dialetto padovano, in quartine di novenari baciati, presenta - come aspirazione di un timido amante (il “pellegrino” che compare nella parte finale) non ancora deciso a dichiarare il proprio amore e in preda a una dolce malinconia tipica della giovinezza - il ritratto di due giovani sposi innamorati e separati dalla guerra: lui crociato in Terrasanta, lei sola en camarela, a guardare verso il mare. Il tema della “buona gelosia” (caratterizzata da reciproca fiducia amorosa, in contrapposizione a una gelosia cattiva, fatta di egoismo e diffidenza) è ispirato alla visione cortese dell’amore; vi si trovano accenti di affettuosa simpatia nella descrizione della giovane coppia, unita da un sentimento forte e delicato. Dopo essersi rivolta, parlando della propria attesa solitaria e preoccupata, ad altre donne che vorrebbero vederla più lieta, la sposa riceve i loro elogi per il suo saggio comportamento. Il poeta descrive con fine delicatezza i sentimenti coniugali, mostrando anche il riserbo d’un ragazzo innamorato di una donna nobile (sì alta per natura) e bellissima (de tal beltae complia).

ANONIMO DELLA “BONA ÇILOSIA”

Il cosiddetto Frammento Papafava, conservato sul retro di una carta notarile padovana del 1277, è chiamato Detto della “bona çilosia” o Lamento della sposa padovana. Si tratta di un testo anonimo di tipo giullaresco, forse facente parte di un poemetto di genere cortigiano, probabilmente imitato dal francese. Secondo il veneziano Diego Valeri la protagonista non è padovana, ma veneziana - giacché da Padova non si vede il mare - e si tratta di una sorta di monologo teatrale; secondo altri la parlata è trevigiana. In reltà in questo momento della storia linguistica del Veneto, in testi spesso tramandati oralmente, non è facile discernere una parlata dall’altra.

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli