Ira, invidia, lussuria e sodomia

PIETRO ARETINO

       

       Ira, invidia, lussuria e sodomia,
       accidia, gola, superbia e furore,
       avarizia, discordia, odio e rancore,
       vanagloria, sciocchezza e simonia,
5        malignità, rapina, ipocresia,
       tirannia, tradimento con timore,
       bugia, assassinamento, arte e favore,
       falsità, boria, errore e bareria,
       la voluntà e la disperazione,
10      la malinconia fredda più d’un sasso,
       adulazione, affanno e passione,
       infido viso, il mirar torto e basso,
       sono in contrasto rinchiusi in prigione
       per creare un fattore a Satanasso.
15      Va ciascuno in conquasso
       per esser lui, né posson fare accordo,
       tanto è ciascun di quel boccone ingordo.
       E io do per ricordo,
       che al fin di loro il più tristo sie fatto
20      e darà a chi non crede scacco matto.


Parafrasi

Ira, invidia, lussuria e sodomia, accidia, gola, superbia e furore, avarizia, discordia, odio e rancore, vanagloria, stupidità e simonia, malignità, rapacità, ipocrisia, tirannia, tradimento e intimidazione, bugia, assassinio, trucco e favoritismo, falsità, boria, colpa e imbroglio, la (mala)voglia e la disperazione, il malumore più freddo di una pietra, adulazione, preoccupazione e bramosia, aspetto subdolo, sguardo obliquo e occhi bassi, sono in lotta fra loro chiusi in una prigione (il conclave) per eleggere un creatore a Satana. Ciascuno è disposto a rovinarsi per essere il prescelto, e non possono mettersi d’accordo, tanto ognuno è avido di tale boccone. E io faccio questa previsione, che alla fine sarà eletto il più malvagio di loro, e sconfiggerà chiunque non gli dia retta.

Commento

L’elenco dei vizi più gravi è riferito ai cardinali che il 9 gennaio 1522 eleggeranno papa Adriano VI, già precettore dell’imperatore Carlo V. Sarà costretto a lasciare Roma il suo grande detrattore, Pietro Aretino, che lo definisce 'la tedesca tigna' e che compone contro la corte e il collegio cardinalizio le sue 'pasquinate': sonetti violentemente polemici, affissi al collo di una statua dal popolo chiamata Pasquino (in realtà il frammento di un’opera in stile ellenistico, risalente probabilmente al III secolo a.C.), che per vari secoli accoglie le satire anonime contro i potenti della città. In questa invettiva, spietata ma priva di reale efficacia, spicca il piglio ‘naturale’ dei versi corposi di un ‘libero pensatore’ del Rinascimento.
PIETRO ARETINO

PIETRO ARETINO

Pietro Aretino (Arezzo 1492 - Venezia 1556), di umili origini, dapprima pittore, è poi cortigiano, scrittore e polemista, solo apparentemente istintivo e volgare, in realtà acutamente anticlassicista. Vive dal 1517 al 1522 a Roma alla corte di Leone X, poi vi fa ritorno nel 1523 e lascia definitivamente la città nel 1525. Dal 1526 al 1527 è a Mantova, al servizio di Giovanni dalle Bande Nere e poi di Federico Gonzaga. Dal 1527 vive a Venezia, agiato e famoso, amico del Bembo e di Tiziano e protetto da Francesco I e Carlo V. Tra le opere, oltre alle Pasquinate, sono i Sonetti lussuriosi (1524), il Ragionamento della Nanna e dell’Antonia (1534) e il Dialogo nel quale la Nanna insegna a la Pippa (1536, tra prostitute), apertamente osceni e mordaci, le commedie Farza (1525), La cortigiana (1525 e 1534), Il Marescalco (1527-30), Talanta e Ipocrito (1542), Il Filosofo (1546), la tragedia in versi Orazia (1546, considerata la migliore del secolo), poemi narrativi, prose religiose e Vite di santi, infine un ricchissimo epistolario (sei libri di Lettere, 1538 - 57), forse la sua opera maggiore per la modernità e vivacità della scrittura e l’acutezza nell’osservazione del vero.

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli