Una casa frappata uso abitare

BERNARDO BELLINCIONI

       

       Una casa frappata uso abitare,
       che a farvi pure uno starnuto drento
       diresti allora: un gran tremoto i’ sento,
       sì forte per un’ora usa tremare.
5        Ogni volta che v’ entro, m’ ho a segnare,
       e porto sempre a lato de l’unguento;
       la trema come foglia ad ogni vento,
       ché dove nacque Cristo è meglio stare.
       D’ape e di ragni casa usa parere,
10      alla spagnola ancora un bel giuppone;
       con quattro rape si fare’ cadere.
       El tetto aperto par proprio un mellone,
       quando è piovuto: un palco è da temere,
       che mi par porre i piè su n’ un cannone.
15      Abbi compassione:
       la promessa calcina or fa che abbia,
       che muri, e possa uscir di questa gabbia.


Parafrasi

Mi sono abituato a stare in una casa striata di crepe, che solo a starnutire ti sembra un terremoto, tanto trema tutta per un’ora. Ogni volta che entro devo farmi il segno della croce, e porto con me un unguento (per le contusioni); trema come una foglia a ogni vento, e sarebbe meglio stare dove nacque Cristo (in una grotta). Sembra una casa per api e per ragni, e un giubbone alla spagnola (traforato); la si potrebbe buttar giù gettandole contro quattro rape. Il tetto, scoperchiato, dopo la pioggia sembra proprio un melone; il tavolato è pericolante, e mi sembra di appoggiare il piede su una grondaia. Abbi compassione, mandami la calcina che mi hai promesso, affinché io possa farmi una casa, e uscire da questa gabbia.

Commento

Nei suoi Sonetti faceti il Bellincioni non dimentica i vecchi e ormai convenzionali argomenti della poesia burlesca, come quello della casa scalcinata e cadente, caro soprattutto al Burchiello (Io sono in un palazzo sgangherato / ond’entra il freddo da tutte le bande / e s’io fo fuoco il fumo me ne mande, / così me ne vo a letto mal cenato), ma anche a Matteo Franco (Sono alla Pieve strana e maledetta; I’ mi sto, Poggio mio, ’n una casaccia, a Iacopo Poggi), ad Antonio Cammelli detto il Pistoia (Signor, i’ dormo in un letto a vettura; La casa mia somiglia un gallina; Vedendo di cambiar l’antico straccio; Dell’arca di Noè dir non bisogna; Io vidi entrando in casa una maitina) e a Francesco Berni (La casa che Melampo in profezia; Signor, i’ ho trovato una badia). Il Bellincioni è autore di rime burlesche, in genere di maniera, e di inni e canzoni laudatorie piuttosto retoriche; però di tanto in tanto, come in questo sonetto caudato in cui ricorda al suo mecenate la promessa di fornirgli i mezzi per costruirsi una vera casa, ritrova la vivacità ironica e iperbolica della tradizione giocosa toscana.

BERNARDO BELLINCIONI

Bernardo Bellincioni (Firenze 1452 - Milano 1492), protetto da Lorenzo il Magnifico (con un piccolo alloggio nel palazzo di via Larga) e amico di Luigi Pulci, passa nel 1482 al seguito del cardinale Francesco Gonzaga, poi alla corte mantovana di Federico Gonzaga e infine, nel 1485, a Milano, alla corte di Ludovico il Moro, ove trascorre gli anni migliori. Gli si deve una feconda produzione di Sonetti, canzoni, capitoli (1493).

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli