Se la Fortuna o ’l mondo
FRATE STOPPA DE' BOSTICHI
Se la Fortuna o ’l mondo
mi vuol pur contastare,
non me ne vo’ turbare,
anzi ringrazio il mio Signor giocondo.
5 Rallegromi pensando
che creato non fui brutto animale,
e non vo mareggiando,
né detto mi è “te’, te’ ”, né batto l’ale:
questa m’è grazia tale,
10 che tuttor chiamo osanna,
sì mi par dolce manna
ciò che mi dona e in allegrezza abondo.
L’uom nasce al mondo ignudo:
dunque ha d’avanzo ciò che poi acquista:
15 però non mi par crudo
se Fortuna mi batte o m’allista;
chi nel mondo s’ha lista
non si de’ conturbare,
però che ’l torre o ’l dare
20 tutto riserba al suo voler profondo.
Deh, quanta somma gloria
fu quella ch’ebbe Roma triunfante!
E già la sua memoria
ha spenta la Fortuna novercante.
25 Dunque che ci è costante?
ché Cesare e Pompeo,
Scipion, che rifeo
Roma, con gli altri, tutti sono al fondo.
Il possente Assuero
30 signor del mondo fu quant’altrui piacque;
e Alessandro altero
signoreggiò la terra, l’aria e l’acque,
e annullossi e tacque,
po’ che Fortuna volse
35 e la vita gli tolse
quella che tutte cose mena a tondo.
Dov’è Nembrot il grande,
che fece l’alta torre di Babelle?
Le braccia più non spande
40 per voler prender l’alto Manuelle.
Deh, quant’è amaro il melle
che ’l mondo dà e porge!
Deh, quante nuove forge
vegg’io mutare, ond’io sì mi confondo!
45 E infra gli altri assai
dov’è il cortese e ricco Saladino,
che non tornò già mai
poscia che Morte l’ebbe in suo dimino?
Così lungo cammino
50 fa ciaschedun che nasce,
sì che, folle!, erba pasce
chi di fermezza dice: “Qui mi fondo”.
Tristano e Lancilotto
sono iti, benché ancor lor fama vale.
55 Gli altri di Camelotto
per la Fortuna feciono altrettale.
Scende ciascun che sale
de la rota volgente
e non li vale niente
60 a dir “Fortuna, da te mi nascondo”.
O buon re Carlo Magno,
che per la fede nostra combattesti
e a sì gran guadagno
Orlando e Ulivier teco volesti,
65 or non par che si desti
il glorioso nome
che tenne alte le chiome
e si fece sentir per tutto il mondo.
Or dove son coloro
70 che ’l mondo alluminar con lor sapere,
Platone e Almansoro,
Ipocràs e Galieno e ’l lor potere?
Dov’è l’antivedere
d’Aristotil sovrano,
75 di Vergilio e Lucano?
Dove si sieno, a ciò non ti rispondo.
Dov’è la gran fortezza
ch’ebber le dure braccia di Sansone?
Dovè la gran bellezza
80 di Ginevra, d’Isotta e d’Ansalone?
Dov’è l’ardir che fone
in Ettorre e in Achille?
Dove son le gran ville
Troia e Gerusalem? Disperse al fondo.
85 Salamone il più saggio
dice ch’è vana ogni cosa terrena:
dunque è di vil coraggio
chi nell’avversità sua vita allena.
Questa parola affrena
90 ognun che ben la ’ntende,
sì che poco gli offende
dardo d’aversità o altro pondo.
Ben è saggio colui
ch’al sommo Giove l’animo dirizza
95 e sempre serve a lui
e per aversità già non s’adizza
e a torto non guizza
nel ben mondan ch’è nulla,
ma sempre si trastulla
100 a Dio servir con l’animo giocondo.
Parafrasi
Commento
FRATE STOPPA DE' BOSTICHI
Ben poco si sa della vita di frate Stoppa de’ Bostichi (forse lucchese della metà del Trecento, forse morto in Spagna), discepolo del beato Tommasuccio da Foligno, converso degli Eremitani: vive a Lucca dal 1315 al 1328 durante la signoria di Castruccio degli Interminelli. È noto quasi esclusivamente per questa ballata, che ci è stata conservata da molti manoscritti.Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli