Non ha l’ottimo artista alcun concetto
c’un marmo solo in sé non circonscriva
col suo superchio, e solo a quello arriva
la man che ubbidisce all’intelletto.
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Il mal ch’io fuggo, e ’l ben ch’io mi prometto,
in te, donna leggiadra, altera e diva,
tal si nasconde; e perch’io più non viva,
contraria ho l’arte al disïato effetto.
Amor dunque non ha, né tua beltate
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o durezza o fortuna o gran disdegno,
del mio mal colpa, o mio destino o sorte;
se dentro del tuo cor morte e pietate
porti in un tempo, e che ’l mio basso ingegno
non sappia, ardendo, trarne altro che morte.
L’ottimo scultore non concepisce un’idea che il solo marmo non contenga già in sé, con la parte superflua, e la mano riesce a raggiungerla solo se ubbidisce al pensiero. Il male che io fuggo, e il bene che cerco, si nascondono così in te, donna leggiadra, altera e divina; ma la mia arte non giunge all’effetto desiderato perché io non possa continuare a vivere. Dunque non ne hanno colpa né Amore, né la bellezza, né la durezza (del cuore), né la fortuna né lo sdegno, o il mio destino o la sorte; se nel tuo cuore porti nello stesso tempo la morte e la pietà, e la mia inadeguata capacità non sappia, pur ardendo, trarne che la morte.
Questo sonetto, degli anni 1538-44, è ispirato all’amore per Vittoria Colonna, così come per il diletto amico Tommaso de’ Cavalieri. Le Rime di Michelangelo, da lui definite a torto“cosa sciocca”, sono ispirate più all’austera energia di Dante che alla dolcezza lirica del Petrarca; vi dominano i concetti medicei dell’amore platonico, il contrasto tra amore e morte e i temi del peccato e della salvezza, con una visione sempre più drammatica della condizione umana. Qui l’idea della missione dell’artista, il ‘togliere il superchio’ che circonda l’opera, idealmente già racchiusa nel marmo, già esposta da Plotino, è ripresa dal Ficino; il poeta però si rammarica che la sua arte non riesca a eliminare il male e a raggiungere il bene, nascosti nella bellezza altera dell’ amata. Bene e male coesistono nell’animo umano, ambivalente e inadeguato.
Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli