Scioglie amor da l’amorose
vive rose
di duo labbra vermigliette
parolette, onde ’l mio core
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tocca amore
di soavi favillette.
E ne l’alma amor le scrive
vive vive,
col soave e puro inchiostro
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di quell’ostro, ond’a bei detti
vezzosetti,
apre amor di perle un chiostro.
Care note pellegrine,
porporine,
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deh chi tanto il cor mi cela,
che non svela i vostri onori,
tra gli ardori,
onde l’alma avvampa o gela?
Ahi che voci così care,
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così rare
moverian gli altrui desiri
a sospiri, onde repente
la mia mente
toccherian novi martiri.
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Taccia dunque il cor geloso,
timoroso,
qualor Livia, un dolce detto
leggiadretto al cor mandando
sospirando,
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dice “Caro il mio caretto”.
Amore fa liberamente uscire, dalle amorose rose vive di due labbra vermiglie, parole con le quali Amore tocca il mio cuore con dolci fiammelle. E Amore le scrive nell’anima, piene di vita, con l’inchiostro purpureo, dolce e puro, con il quale Amore apre una chiostra di denti di perla alle leggiadre parole. Care parole vaganti, purpuree, chi mi nasconde il suo cuore tanto da non svelare le vostre qualità, tra i sentimenti pieni d’ardore che fanno avvampare o gelare la mia anima? Ahimé, forse parole così care, così rare, potrebbero indurre a sospirare anche i desideri di qualcun altro, e da qui deriverebbero per il mio animo nuovi tormenti (di gelosia). Ma no, il cuore geloso e timoroso taccia, quando Lidia, mandando al cuore con un sospiro una parola dolce e leggiadra, dice: “Caro, il mio piccolo caro”.
Nelle Rime di Ansaldo Cebà si avvertono la sua fedele amicizia con Gabriello Chiabrera, con il quale scambia alcune composizioni, e la conoscenza della sua affinità sia con la poesia greca, sia con quella della Pléiade francese. In questa canzonetta, più che il tema, pur trattato con grazia delicata, della gelosia (con il velato timore che le parole affettuose dell’amata possano accendere le attenzioni altrui), si apprezza il ritmo rapido, leggero, rimato e ritmato. Il metro riecheggia quello di Belle rose porporine del Chiabrera; le cinque strofe di ottonari e quadrisillabi sono arricchite da rime interne e da numerosi diminutivi e vezzeggiativi, da far quasi pensare a delicati colpetti di un piumino da cipria.
Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli