Stella maggior

MELCHIORRE CESAROTTI

       

       Stella maggior della cadente notte,
       deh come bella in occidente splendi!
       e come bella la chiomata fronte
       mostri fuor delle nubi, e maestosa
5        poggi sopra il tuo colle! E che mai guati
       nella pianura? I tempestosi venti
       di già son cheti, e ’l rapido torrente
       s’ode soltanto strepitar da lungi,
       che con l’onde sonanti ascende e copre
10      lontane rupi: già i notturni insetti
       sospesi stanno in su le debili ale,
       e di grato susurro empiono i campi.
       E che mai guati, o graziosa stella?
       Ma tu parti e sorridi; ad incontrarti
15      corron l’onde festose, e bagnan liete
       la tua chioma lucente. Addio, soave
       tacito raggio: ah disfavilli omai
       nell’alma d’Ossian la serena luce!


Parafrasi

1 Stella maggior: Espero.
5 guati: vedi.
12 grato susurro: piacevole brusio, come il canto dei grilli.
14 parti: ti allontani.
17 disfavilli omai: risplenda ormai.
18 la serena luce: della luna.

Commento

In questo passo dei Canti di Selma (che con il poema epico Fingal e il poemetto Temora fanno parte delle Poesie di Ossian antico poeta celtico, pubblicate per la prima volta nel 1763) alla tranquilla descrizione della sera, con il brillare silenzioso di Espero, il pianeta Venere, cui subentra la serena luce della luna, si accompagna una doppia colonna sonora: il ‘sonante’ rumoreggiare di un torrente impetuoso e il piacevole sussurro degli insetti notturni. Gli endecasillabi sciolti, di classica e fluente compostezza, preannunciano quello che quasi sessant’anni dopo sarà il linguaggio dei primi “idilli” di Giacomo Leopardi; l’atmosfera è già quella preromantica, nella sua aura di misteriosa malinconia serale e quasi notturna che rivela la natura fantastico-sentimentale della poesia.
MELCHIORRE CESAROTTI

MELCHIORRE CESAROTTI

Melchiorre Cesarotti (Padova 1730 - Selvazzano, Padova, 1808), di famiglia nobile ma non ricca, sacerdote, insegna greco ed ebraico a Padova. Protetto da Napoleone, cui dedicerà il poema Pronea (1807), scrittore molto fecondo, cura egli stesso l’edizione delle proprie opere in 40 volumi (1800-1813). Traduce dal greco (l’Iliade, 1786-1794) e dalle lingue moderne. Scrive di letteratura (Sopra il diletto della tragedia e Sopra l'origine e i progressi dell'arte poetica, 1762; Corso ragionato di letteratura greca, 1781), di politica (Il patriottismo illuminato, 1797), di filologia (il Saggio sulla filosofia del gusto e il notevole Saggio sulla filosofia delle lingue, entrambi pubblicati nel 1785. I versi che, oltre a quest’ultima, gli danno maggiore fama, diffondendo rapidamente la moda di un mondo sentimentale nuovo, barbarico e aggraziato insieme, sono le Poesie di Ossian antico poeta celtico (2 volumi, 1763, e 4 volumi, 1772 e 1801); in realtà si tratta della versione di componimenti scritti dal 1760 dallo scozzese James Macpherson (1736-1796) rielaborando testimonianze di antichi canti popolari e spacciati per testi di un bardo gaelico del III sec. d.C.

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli