Di’, Maria dolce

GIOVANNI DOMINICI

       

       Di’, Maria dolce, con quanto disio
       miravi ’l tuo figliuol, Cristo mie Dio?
       Quando tu ’l parturisti senza pena,
       la prima cosa, credo, che facesti,
5        tu l’adorasti, o di grazïa piena,
       poi sopra ’l fien nel presepio ’l ponesti;
       in pochi e pover panni lo ’nvolgesti,
       maravigliando e godendo, cred’ io.
       Oh quanto gaudio avevi, oh quanto bene,
10      quando tu lo tenevi nelle braccia!
       Dimi, Maria - ché forse si conviene
       ch’un poco per pietà mi sodisfaccia -,
       baciavil tu allora nella faccia,
       s’i’ ben credo, dicendo: “O figliuol mio!”?
15      Quando figliuol, quando padre e signore,
       e quando Iddio, quando Jesù il chiamavi,
       oh quanto dolze amor sentivi al cuore!
       E quando in gremio il tenevi e lactavi,
       quanti dolci acti e d’amor süavi
20      avesti, essendo col tuo figliuol pio!
       I’ mi credo che tu penavi alquanto
       Quando Jesù la mattina vestivi;
       perché a toccarlo avevi piacer tanto,
       mal volentieri da te el dipartivi;
25      non so come di te tu non uscivi,
       né com’el cuor da te non si partio.
       O quante volte, essendo co’ fanciulli,
       in frecta credo che Jesù chiamasti,
       fra te dicendo: “Tu pur ti trastulli,
30      ma questo non è già quel ch’a me basti!”.
       Allor con tal piacer tu ll’abbracciasti,
       ch’altri che tu cotal mai non sentio.
       Quando un poco talor al dì dormiva,
       e tu, destar volendo ’l paradiso,
35      pian piano andavi, che non ti sentiva,
       poi ’l viso ponevi al santo viso;
       dicevi poi con un materno riso:
       “Non dormir più, ché ti sarebbe rio!”.
       Vanne a Maria, nostra advocata cara,
40      inginocchiata a llei per me la priega,
       che non mi sia del suo figliuolo avara,
       po’ ch’egli a llei nulla negò né niega,
       e dilli poi: “Deh lega, oramai, lega
       costui, che sempre da te si fugìo”.


Parafrasi

Dimmi, dolce Maria, con quanto desiderio guardavi il tuo figliuolo, Cristo, il mio Dio? Quando lo partoristi senza sofferenza, credo che la prima cosa che facesti fu che lo adorasti, oh piena di grazia, poi lo ponesti sul fieno nella mangiatoia, lo avvolgesti in pochi e poveri panni, con meraviglia e con gioia, io credo. Oh quanta allegrezza, quanto bene sentivi quando lo tenevi tra le braccia! Dimmi, Maria - giacché forse è opportuno che tu, con la tua benevolenza, mi soddisfaccia un poco - tu gli baciavi il viso, come credo,dicendo “Oh figlio mio!”? Quando lo chiamavi figliuolo, quando padre e signore, quando Iddio, quando Gesù, oh quanto dolce amore provavi nel cuore! E quando lo tenevi in grembo e lo allattavi, quanti gesti affettuosi e dolcemente amorosi avevi, quand’eri con il tuo santo bambino! Credo che tu abbia avuto qualche difficoltà, quando vestivi Gesù la mattina; poiché avevi così grande piacere a toccarlo, ti dispiaceva staccarti da lui; non so come riuscivi a non separarti da te stessa, né come il tuo cuore non ti abbandonasse! E quante volte, quando era tra i bambini, penso che tu abbia improvvisamente chiamato Gesù, dicendo fra te e te “Tu sta lì a giocare, ma per me questo non è abbastanza!” Allora lo abbracciavi con tale gioia che nessun altro ne ha mai provato una simile. Quando talvolta dormiva un poco durante il giorno, tu, volendo svegliare il paradiso, ti avvicinavi piano piano, in modo che non ti sentisse,e avvicinavi il volto al suo santo viso, dicendo poi con un sorriso materno: “Non dormire più, che potrebbe farti male!”. Va’ (ballata mia) da Maria, la cara avvocata nostra, e, inginocchiata davanti a lei, pregala affinché non mi sia avara del suo figliuolo, dato che lui non le ha mai negato né le nega nulla, e poi dille: “Su, ormai tieni stretto a te quest’uomo, che prima ti stava sempre lontano”.

Commento

La lauda Di’ Maria dolce, una delle più celebri del Quattrocento, è una ballata attribuita, oltre che al beato, anche a Jacopone da Todi - la cui poesia sembra, in realtà, caratterizzata da un più robusto espressionismo - o a un “messer Leonardo” (forse Giustinian). Questa è la sua versione più breve, nell’edizione critica basata sul codice Palatino 331 della Biblioteca Nazionale di Firenze, “il più antico e autorevole”. La tenera descrizione di una giovane madre che allatta, abbraccia e bacia il suo bambino, lo guarda mentre sta giocando con i piccoli amici o si avvicina in punta di piedi al suo lettino, esprime una dolcezza sentimentale tutta domestica e serena, riassunta nella luminosa istantanea di “un materno riso”. Come nella preghiera Salve regina, la Vergine è l’advocata nostra, e a lei, come mediatrice e salvatrice, si rivolge l’invocazione finale della lauda.
GIOVANNI DOMINICI

GIOVANNI DOMINICI

Giovanni Dominici, al secolo Giovanni di Domenico Banchini, o Banchetti (Firenze 1355/6 - Buda 1419), dotto e impetuoso predicatore domenicano a Venezia dal 1391 al 1399 e poi a Firenze, è ambasciatore fiorentino a Roma; nel 1407 viene nominato cardinale di Ragusa da papa Gregorio XII, di cui è consigliere e confessore, e che lo invia al Concilio di Costanza del 1414; è poi inviato in Ungheria in missione contro l’eresia hussita. Viene beatificato nel 1832. Tra le opere sono il Libro d'amor di carità, degli anni 1397-98, la Regola del governo di cura familiare, composta nel 1401-1403 e la Lucula Noctis, in latino, scritta nel 1405, nel corso di una polemica che è tra gli eventi di maggior rilievo nella cultura fiorentina dei primi anni del Quattrocento e nella quale, in favore dei principi dogmatici del cristianesimo, Giovanni confuta decisamente le argomentazioni dell’umanista Coluccio Salutati in favore della poesia e della cultura classica.

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli