Coro da Il pastor fido, atto IV
BATTISTA GUARINI
Oh bella età de l’oro,
quand’era cibo il latte
del pargoletto mondo e culla il bosco;
e i cari parti loro
5 godean le greggi intatte,
né temea il mondo ancor ferro né tosco!
Pensier torbido e fosco
allor non facea velo
al sol di luce eterna.
10 Or la ragion, che verna
tra le nubi del senso, ha chiuso il cielo,
ond’è che il peregrino
va l’altrui terra, e ’l mar turbando il pino.
Quel suon fastoso e vano,
15 quell’inutil soggetto
di lusinghe, di titoli e d’inganno,
ch’“onor” dal volgo insano
indegnamente è detto,
non era ancor degli animi tiranno.
20 Ma sostener affanno
per le vere dolcezze;
tra i boschi e tra le gregge
la fede aver per legge,
fu di quell’alme, al ben oprar avvezze,
25 cura d’onor felice,
cui dettava Onestà: “Piaccia, se lice”.
Allor tra prati e linfe
gli scherzi, e le carole,
di legittimo amor furon le faci.
30 Avean pastori e ninfe
il cor ne le parole;
dava lor Imeneo le gioie e i baci
più dolci e più tenaci.
Un sol godeva ignude
35 d’Amor le vive rose;
furtivo amante ascose
le trovò sempre, ed aspre voglie e crude,
o in antro o in selva o in lago,
ed era un nome sol marito e vago.
40 Secol rio, che velasti
co’ tuoi sozzi diletti
il bel de l’alma, ed a nudrir la sete
dei desiri insegnasti
co’ sembianti ristretti,
45 sfrenando poi l’impurità segrete!
Così, qual tesa rete
tra fiori e fronde sparte,
celi pensier lascivi
con atti santi e schivi;
50 bontà stimi il parer, la vita un’arte;
né curi, e parti onore,
che furto sia, pur che s’asconda, amore.
Ma tu, deh! spirti egregi
forma ne’ petti nostri,
55 verace Onor, de le grand’alme donno.
O regnator de’ regi,
deh! torna in questi chiostri,
che senza te beati esser non ponno.
Dèstin dal mortal sonno
60 tuoi stimoli potenti
chi per indegna e bassa
voglia, seguir te lassa,
e lassa il pregio de l’antiche genti.
Speriam, ché ’l mal fa tregua
65 talor, se speme in noi non si dilegua.
Speriam, ché ’l sol cadente anco rinasce,
e ’l ciel, quando men luce,
l’aspettato seren spesso n’adduce.
Parafrasi
Commento
BATTISTA GUARINI
Battista Guarini (Ferrara 1538 - Venezia 1612) studia a Padova, dove poi insegna retorica e poetica; nel 1564 fa parte dell’Accademia degli Eterei; nel 1567 torna a Ferrara alla corte del duca Alfonso II d’Este, professore di retorica e abile diplomatico (in particolare a Venezia, a Torino e in Polonia), amico e antagonista di Torquato Tasso. Nel 1581 è iscritto all’Accademia degli Innominati a Parma; nel 1588 tronca i rapporti col duca Alfonso ma non riesce a trovare una sistemazione né a Firenze né a Torino; nel 1599 è eletto arciconsolo dell’Accademia della Crusca e nel 1611 principe di quella romana degli Umoristi. È autore di numerose rime petrarchesche, orazioni latine, un Discorso delle cose di Polonia (1575), la commedia L'idropica (1584) e altre opere tra cui la maggiore è la tragicommedia Il pastor fido, composta dal 1580 - mentre il Tasso scrive l’Aminta - e pubblicata nel 1589, opera che per oltre un secolo conosce grande fortuna, benché contrastata da molte polemiche per la mescolanza di commedia e tragedia, non contemplata dalle regole aristoteliche.Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli