Dal Mare Amoroso

dal MARE AMOROSO

       

       Adunque com’ farag[g]io, amor mio bello,
       se voi non m’aleg[g]iate anzi ch’i’ cag[g]ia?
       Consiglio prenderag[g]io di follia,
       poi ch’ag[g]io messo il senno in ubrianza,
5        sì com’ lo struzzolo che lascia l’uovo,
       poi che l’ha fatto, istare entro l’arena;
       ch’io voglio far la dritta somiglianza
       de l’albero che per troppo incarcare
       scavezza e perde foglie e fiori e frutto,
10      e poi si secca infino a le radici:
       così mi voglio d’amoroso afanno
       e di pensier carcar tanto ch’i’ mora,
       poi che voi non mi fate se non male.
       E non saccio per che cagion si sia:
15      che se vi spiace ch’io vi deg[g]ia amare,
       gittate via la vostra gran beltade,
       che mi fa forsenar, quando vi miro,
       sì come il parpaglion che fere al foco
       veg[g]endo il gran splendor de la lumiera;
20      e la valenza, laove sta il meo core
       in foco disioso notte e dia,
       tanto che mi par esser salamandra.
       E se no’l fate, non me’n rimarrag[g]io,
       avegnamene ciò che può avenire:
25      ch’io penso, se Narcisso fosse vivo,
       sì ‘ntendereb[b]e in voi, a mia credenza,
       e non in sé medesmo come fece.
       Ché li cavelli vostri son più biondi
       che fila d’auro o che fior d’aulentino,
30      e son le funi che•m tegnon ’lacciato;
       igli occhi, belli come di girfalco,
       ma son di bavalischio, per sembianza,
       che saetta il veleno collo sguardo;
       i cigli bruni e sottili avolti in forma d’arco
35      mi saettano al cor d’una saetta;
       la bocca, piccioletta e colorita,
       vermiglia come rosa di giardino,
       piagente ed amorosa per basciare.


Parafrasi

Dunque come farò, amore mio bello, se voi non mi alleggerite prima che io cada? Finirò per cedere alla follia, perché ho posto in oblio la saggezza, come lo struzzo che lascia il suo uovo nella sabbia, dopo averlo fatto; e voglio seguire l’esempio stesso dell’albero che, troppo carico, si schianta e perde foglie, fiori e frutti, e poi si secca fino alle radici: così mi voglio sovraccaricare di pene amorose e di pensieri tanto da morire, dato che voi non mi fate altro che male. E non ne so il perché: infatti, se non volete che io vi debba amare, gettate via la vostra grande bellezza, che mi fa impazzire, quando vi guardo, come la farfalla che sbatte nella fiamma vedendo il barbaglio della luce; e le vostre qualità, su cui il mio cuore si concentra in un fuoco di desiderio notte e giorno, tanto che mi par d’essere una salamandra. E se non lo fate, non desisterò, succeda ciò che deve: penso che se Narciso fosse vivo s’innamorerebbe di voi, ne sono certo, e non di se stesso, come fece. Ché i vostri capelli sono più biondi dei fili d’oro e del fiore d’aulentino, e sono le funi che mi legano; gli occhi, belli come quelli d’un falco, paiono quelli di un basilisco che manda con lo sguardo frecce avvelenate; le ciglia brune e sottili, arcuate, mi scagliano un dardo verso il cuore; la bocca, piccola e rossa, vermiglia come una rosa, attraente e amorosa per i baci.

Commento

Nei 300 versi del poemetto l’autore dà libero corso alle proprie tendenze enciclopediche, all’amplificazione retorica e al tema dell’amore non corrisposto per una dama bellissima e di eccezionale valenza. In questi pochi versi - simili a tutto il resto della composizione come possono esserlo i pezzi di una focaccia - l’autore si paragona a uno struzzo, a un albero sovraccarico di frutti, a una farfalla che si brucia le ali, a una salamandra, ed enumera le bellezze dell’amata, dai capelli simili a fili d’oro profumati, dagli sguardi che hanno la bellezza di quelli di falco e la forza di quelli di serpente mortifero e dalla boccuccia vermiglia come una rosa di giardino che attira i baci.

dal MARE AMOROSO

Fra i componimenti ‘didattici’ dell’Italia Centrale, tra il 1270 e il 1280, il Mare amoroso (da alcuni attribuito, ma senza alcuna certezza, a Brunetto Latini o a Chiaro Davanzati, e probabilmente di area lucchese o fiorentina) rappresenta sin dal titolo le intenzioni dell’autore: una vasta raccolta (un mare) di ‘esempi’ - tratti dal repertorio delle descrizioni del mondo animale, vegetale e minerale e da un elenco dei personaggi storici, mitici o letterari - volta a sostenere un discorso amoroso, sull’esempio dei bestiari della letteratura francese e provenzale, e in particolare del Bestiaire d’Amours di Richart de Fournival (in prosa, verso il 1250), che rinnova il genere reinterpretandone in chiave amorosa gli insegnamenti morali. Il fatto notevole è che qui si tratta di endecasillabi sciolti, non rimati, regolari (salvo qualche eccezione, dovuta forse all’intervento del copista): forma che compare, forse, per la prima volta nella letteratura italiana.

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli