O luci del mio cor

CHIARA MATRAINI

       

       O luci del mio cor fidate e care,
       come da gli occhi miei vi dipartiste
       tacite, e nell’occaso vi copriste
       eternamente, senza mai tornare!
5        Già non ponno veder più fosche, amare
       notti quest’occhi, o sconsolate e triste,
       di queste, ahi lassa, ch’al mio core apriste,
       turbando l’ore mie serene e chiare.
       Ben conobbi il mio duolo e ’l vostro caso
10      (o speranze qui prese a’ nostri danni)
       ma chi può andar contr’al mortal suo corso?
       Piangete, occhi infelici, che rimaso
       altro non v’è che lagrime ed affanni,
       privi del vostro dolce, almo soccorso.


Parafrasi

O fedeli e cari sguardi del mio cuore, come ve ne siete andati dai miei occhi, in silenzio, e nel vostro tramonto (nella morte) vi siete chiusi per sempre, senza mai (speranza di) ritorno! Ormai questi occhi non possono vedere notti più buie, amare, sconsolate e piene di tristezza di queste, ahimè infelice, che avete aperto nel mio cuore, rendendo tristi le mie giornate (che erano) serene e tranquille. Ora mi rendo pienamente conto del mio dolore e della vostra caduta, o speranze qui coltivate (solo) per farmi soffrire: ma chi può contrastare il proprio destino mortale? Piangete, occhi infelici, poiché non vi è rimasto altro che lacrime e dolori, (ormai) privi del vostro dolce e vivificante aiuto.

Commento

Petrarchista ortodossa, Chiara Matraini intreccia nelle sue scorrevoli rime una serie di citazioni dal Canzoniere del suo grande modello. Qui ne troviamo cinque, in media più di una ogni tre versi: vi dipartiste (v. 2) da per lo suo dipartire in pianto è volta (CCLXVIII, 10); l’ore mie serene (v. 8) da poche ore serene (CCCXIX, 3); al mortal suo corso (v. 11) da ’l mortal corso (LXXI, 50); Piangete, occhi (v. 12) da Occhi, piangete (LXXXIV, 1); dolce, almo soccorso (v. 14) da lo mio dolce soccorso (CXXV, 39). Quanto agli occhi, qui compaiono ben tre volte (quattro con le luci), contro le ‘sole’ 62 delle 366 composizioni del Canzoniere petrarchesco. Il sonetto della Matraini si riferisce probabilmente alla morte del poeta Bartolomeo Graziani, da lei amato - non senza un certo scandalo, essendo lui sposato con un’altra - e assassinato da sconosciuti nel 1554. L’atmosfera, però, non è tragica, bensì quasi rassegnata a un ineluttabile destino, e la voce, modulata in una dolce malinconia, ha un tono solenne e patetico.
CHIARA MATRAINI

CHIARA MATRAINI

Chiara Matraini (Lucca 1515-1604), di ricca famiglia di fabbricanti di tessuti, attivi nelle lotte politiche che travagliano la repubblica lucchese, va sposa a sedici anni e rimane vedova venticinque anni dopo. Donna di grande cultura, spirito volitivo e trasgressivo, femminista avanti lettera, dopo la morte del marito frequenta i cenacoli letterari. Restano di lei ben tre edizioni delle proprie Rime (1555, 1595 e 1597), sempre arricchite e ampiamente rielaborate dall’autrice ormai ottantatreenne. In età avanzata si dedica a temi religiosi, con le Meditazioni spirituali (1581), le Considerazioni sopra i sette salmi penitenziali (1586), il Breve discorso sulla Madonna (1590) e i Dialoghi spirituali (1602, ma composti vari anni prima).

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli