La spigolatrice di Sapri

LUIGI MERCANTINI

       

       Eran trecento, eran giovani e forti,
       e sono morti.
       Me ne andava al mattino a spigolare
       quando ho visto una barca in mezzo al mare:
5        era una barca che andava a vapore,
       e alzava una bandiera tricolore.
       All’isola di Ponza si è fermata,
       è stata un poco e poi si è ritornata;
       s’è ritornata ed è venuta a terra;
10      sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra.
       Eran trecento …
       Sceser con l’armi e a noi non fecer guerra,
       ma s’inchinaron per baciar la terra.
       Ad uno ad uno li guardai nel viso:
15      tutti aveano una lagrima e un sorriso.
       Li disser ladri usciti dalle tane,
       ma non portaron via nemmeno un pane;
       e li sentii mandare un solo grido:
       “Siam venuti a morir pel nostro lido”.
20      Eran trecento …
       Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro
       un giovin camminava innanzi a loro.
       Mi feci ardita, e, presol per la mano,
       gli chiesi: “Dove vai, bel capitano?”
25      Guardommi, e mi rispose: “O mia sorella,
       Vado a morir per la mia patria bella”.
       Io mi sentii tremare tutto il core,
       né potei dirgli: “V’aiuti il Signore!”
       Eran trecento …
30      Quel giorno mi scordai di spigolare,
       e dietro a loro mi misi ad andare:
       due volte si scontrâr con li gendarmi,
       e l’una e l’altra li spogliâr dell’armi:
       ma quando fûr della Certosa ai muri,
35      s’udirono a suonar trombe e tamburi;
       e tra ’l fumo e gli spari e le scintille
       piombaron loro addosso più di mille.
       Eran trecento …
       Eran trecento e non voller fuggire,
40      parean tre mila e vollero morire;
       ma vollero morir col ferro in mano,
       e avanti a loro correa sangue il piano:
       fin che pugnar vid’io per lor pregai,
       ma a un tratto venni men, né più guardai:
45      io non vedea più fra mezzo a loro
       quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro.
       Eran trecento …


Parafrasi

3 spigolare: raccogliere le spighe di grano rimaste sul campo, dopo la mietitura.
7 Ponza: Carlo Pisacane e i suoi sbarcano a Ponza il 15 giugno 1857 per poi raggiungere Sapri e suscitare un’insurrezione popolare, poi fallita e conclusa con la cattura o la morte dei patrioti.
31 Certosa: la Certosa di San Lorenzo, a Padula.
37 ferro: la spada.

Commento

Delicata e insieme popolaresca, opera di uno tra i più noti rappresentanti della lirica patriottica risorgimentale, questa ballata, di atmosfera tardoromantica, rivela l’ispirazione più sincera e spontanea di Luigi Mercantini. La vicenda è quella, tragica, della spedizione di Carlo Pisacane e dei suoi compagni che, illudendosi di suscitare una rivolta popolare – come tre anni dopo riuscirà invece a Garibaldi – vanno incontro a una catastrofe dovuta, più che alle soldatesche borboniche, all’ignoranza feroce delle masse contadine; ferito e sconfitto, Pisacane si toglierà la vita. Le cinque strofe di quattro distici di endecasillabi in rima baciata sono introdotte e concluse da un ritornello universalmente noto, composto da un endecasillabo e un quinario anch’essi a rima baciata, che ne sottolineano la cadenza epica e funebre.

LUIGI MERCANTINI

Luigi Mercantini (Ripatransone, Ascoli Piceno, 1821 - Palermo 1872), impegnato attivamente nei moti risorgimentali, nel 1849 partecipa alla difesa di Ancona e aderisce alla Repubblica Romana; è perciò costretto all’esilio nelle Isole Ionie, a Corfù e a Zante, dove conosce Daniele Manin e Niccolò Tommaseo. Rientrato in Italia nel 1852, nel 1854 diviene a Torino docente di letteratura italiana in un Collegio femminile; nel 1856 dirige il periodico femminile La Donna. Nel 1858 conosce Giuseppe Garibaldi, per il quale compone nel 1859 la Canzone Italiana, musicata da Alessio Olivieri, nota come Inno di Garibaldi (‘Si scopron le tombe, si levano i morti’). Nel 1860 fonda il quotidiano Corriere delle Marche (l’odierno Corriere Adriatico) ed è nominato docente di letteratura e storia all’Accademia delle Belle Arti di Bologna e di storia moderna in questa università. Dal 1865 insegna letteratura italiana presso l’università di Palermo, città dove fonda il giornale La Luce e risiede fino alla morte. I suoi Canti sono pubblicati, postumi, nel 1885.

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli