Lasso di far più verso

PANUCCIO DEL BAGNO

       

       Lasso di far più verso
       son, poi veggi’ ogn’om manco
       d’amor[e] far tuttor del dritto inverso:
       ché, qual ten om più franco
5        di lealtate, perso
       tosto fa, se veder se pò, del bianco.
       Ché donna né converso
       non so ’l cor aggia stanco
       di ciò pensare e fare, und’è ben perso:
10      sicché “Vertù non branco”
       pò dire, “ansi l’avverso”,
       leal om, sì l’ha preso per lo fianco
       islealtat’ e inganno, ch’ognor monta
       e lo mondo governa
15      sì, c’a quella lanterna
       vol gire ogn’omo e in ciò far si ponta;
       tanto c’obbriat’ hano la superna
       membransa dove l’onta
       e ’l ben d’ogn’om si conta,
20      e di ciascuno han merto in sempiterna.


Parafrasi

Io sono stanco di continuare a scrivere versi, perché vedo che tutte le persone prive d’amore fanno continuamente diventare storte le cose diritte: difatti anche chi è considerato la persona più leale fa, per quanto è possibile, che il bianco diventi nero. Giacché non so se la donna o l’uomo abbiano il cuore stanco di pensare e di fare questo, e quindi il bene va perduto; sicché un uomo leale può dire “Non abbraccio la virtù, anzi la contrasto”, tanto l’hanno afferrato la slealtà e l’inganno, che aumentano sempre e governano il mondo, sicché ognuno vuole seguire quella luce, e fa di tutto per riuscirci; tanto che tutti hanno dimenticato il ricordo del Cielo, nel quale si tien conto delle azioni vergognose e di quelle buone fatte da ciascun uomo, e per ognuna (di queste ultime) si ottiene un’eterna ricompensa.
Nota. La canzone di Peire Vidal inizia così: “A per pauc de chantar no•m lais, / quar vei mort jovent e valor / e pretz, que non trob’on s’apais, / c’usquecs l’enpeinh e•l gieta por; / e vei tant renhar malvestat / que•l segl’a vencut e sobrat, / si qu’apenas truep nulh paes / que•l cap non aj’a son latz pres”. (‘Quasi quasi mi stanco di cantare, perché vedo morti gioventù e valore e pregio, che non trova dove nutrirsi, perché ognuno lo respinge e lo getta via; e vedo a tal punto regnare la malvagità che ha vinto e soggiogato il mondo, che a stento trovo un paese di cui essa non abbia preso la testa al laccio?').

Commento

Tra i poeti pisani appartenenti alla cerchia dei cosiddetti “siculo- toscani” Panuccio del Bagno è il più prolifico seguace di Guittone d’Arezzo. Il suo discorso è dottamente artificioso, raziocinante, alquanto involuto, anche se in composizioni come questa - una stanza di canzone - appare ben articolato nel lessico e nella struttura metrica. Qui il suo aristocratico pessimismo è rivolto alla condanna del dilagare della slealtà e dell’inganno dei suoi simili, derivante secondo lui dalla mancanza d’amore (“manco d’amor”) che governa il mondo, e tale da fargli addirittura passare la voglia di scrivere i propri versi. Il tema sembra ripreso da quello di una canzone di Peire Vidal, A per pauc de chantar nom lais.

PANUCCIO DEL BAGNO

Panuccio del Bagno di Bartolomeo di Panculo di Pericciolo del Bagno (Pisa 1230 circa - prima del 1276), di nobile famiglia, nel 1256 è citato tra i consiglieri del Comune. I suoi ventidue componimenti (tra i quali dodici canzoni) sono un piccolo e organico canzoniere, di stampo guittoniano e spesso ispirato alla poesia provenzale.

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli