da Per la rotta di Montecatini

ANONIMO

       

       Deh, avrestù veduto messer Piero,
       poi che fu ’ nostro campo sbaraltato?
       Tuo viso mostra pur che vi sie stato.
       Deh non celare il vero all’angosciosa
5        e desolata sua madre che fie
       fin al suo stremo die
       nuda d’ogni allegrezza e di conforto;
       ch'io ’l veggio alla tua faccia paurosa;
       ma temi di recar novelle rie
10      e d’apportar bugie,
       cioè che vogli dir vivo del morto.
       Se fosse vivo, tu ’l diresti scorto
       (come tu di’ del prence infortunato),
       ma palpi sì ch’io l’ho per isbrigato.”
15      “Poi che mia faccia turba t’ha scoverto
       il tuo cordoglio, dicerotti il vero.
       Io vidi messer Piero
       gagliardo fra’ nemici alla battaglia,
       vidi Carlotto un paladin per certo,
20      e seco il buon Caroccio cavaliero,
       don Brasco ardito e fero
       ricever colpi e darne di rigaglia,
       ma poscia che rimasa fu la taglia,
       Carlotto e chi ’l seguia vidi spezzato;
25      Pier non si trova morto né scampato.”
       “Dunque, tapina, ov’è questo mio figlio?
       ov’è il mio giglio e la mia rosa e ’l fiore?
       ov’è quel dio d’amore
       nel qual non par ch'errasse la natura?
30      Chi biasma s’i’ mi straccio e mi scapiglio?
       che ’l sol dovea celar lo suo splendore
       lo dì che tal signore
       pervenne a morte far cotanto oscura,
       pianger le pietre e ogni creatura
35      dovrebbe di quell’agnolo incarnato:
       piacesse a Dio ch’e’ non fosse mai nato!”
       “Reina, in sulle grandi avversitadi
       lo senno uman si prova e paragona,
       secondo uom ragiona,
40      e non quand’egli ha pur cosa che i piaccia.
       Così di guerra van le novitadi
       e cotai son le gioie che ci dona
       il mondo, e non perdona
       Morte a null’uom ch’al suo ’mpero soggiaccia.
45      Non pianger né percuoter più tua faccia.
       Accorda il re Ruberto col cognato,
       se vuoi che ’l sangue tuo sia vendicato.”


Parafrasi

“Ti prego, avresti forse visto messer Piero, dopo che il nostro esercito è stato sbaragliato? Il tuo volto fa capire che tu eri presente. Non nascondere, ti prego, la verità a una madre angosciata e disperata che rimarrà priva di ogni gioia e consolazione fino alla fine dei suoi giorni; ché io lo vedo dalla tua faccia spaventata; ma hai paura di portare brutte notizie e di dover dire bugie, e cioè di far passare per vivo un morto. Se fosse vivo, tu lo diresti chiaramente, come dici del principe sfortunato (il nipote Carlo); ma tremi (‘palpiti’) in modo tale che io lo considero spacciato.” “Dal momento che la mia faccia turbata ti ha rivelato il mio dolore, ti dirò la verità. Ho visto messer Piero battersi gagliardamente in mezzo ai nemici nella battaglia, ho visto Carlotto davvero valoroso, e con lui il valente cavaliere Caroccio, e don Brasco ardimentoso e scatenato, ricevere colpi e darne in soprannumero; ma quando lo scontro si è concluso, ho visto abbattuto Carlotto e chi lo seguiva; Piero non si trova né tra i caduti né tra i superstiti.” “Dunque, me infelice, dov’è mio figlio? dov’è il mio giglio, la mia rosa e il (mio) fiore? Dov’è quel dio dell’amore nel quale la natura non mostrava d’aver commesso nessuno sbaglio? Chi può biasimarmi se mi straccio (le vesti) e mi scompiglio i capelli? giacché il sole dovrebbe nascondere il proprio splendore il giorno in cui un tale personaggio doveva giungere a una morte così triste, dovrebbero piangere le pietre e ogni creatura per quell’angelo fatto uomo: volesse Iddio che non fosse mai nato!” “Regina, il senno umano è messo alla prova e deve confrontarsi con le grandi avversità, come si suol dire, e non quando accadono cose piacevoli. Così avviene per gli avvenimenti della guerra, e sono queste le gioie che il mondo ci offre, e la Morte non concede a nessuno di sottrarsi al suo dominio. Non piangere, cessa di batterti il viso. Fa’ sì che re Roberto e il suo cognato (Federico, che contende a Roberto il regno dell’isola) trovino un accordo, se vuoi che il tuo sangue possa essere vendicato.

Commento

Nella prima parte della composizione Per la rotta di Montecatini la regina Maria d’Ungheria, ormai convinta in cuor suo della morte del figlio Piero, principe di grande bellezza e prode cavaliere, chiede notizie al messaggero scampato alla strage, il quale le espone con sincerità le ferali notizie, esaltando il valore dei caduti ed esortandola a cercare la pace, sia con se stessa, sia con il nemico. La scena, quasi un testo teatrale, è articolata con geometrica precisione e con una sicura caratterizzazione dei due personaggi. Nel seguito del testo la regina rimane indomita e bramosa di vendetta, mentre il guerriero la esorta alla rassegnazione e alla speranza. La “ballatuzza di lamento”, come è definita nell’ultima strofa, è composta da un verseggiatore anonimo che fa parte degli sconfitti nella battaglia avvenuta il 29 agosto 1315 tra le città di Pisa e Lucca e una coalizione di città guidate da Firenze, con l’appoggio degli Angioini di Napoli. Contro ogni pronostico, vista la grande disparità delle forze in campo, la vittoria arride all'esercito pisano. Vi perdono la vita alcuni nobili principi angioini, tra i quali il ventitreenne Piero, detto il Tempesta, fratello di re Roberto, forse annegato con altri compagni nel padule di Fucecchio; il nipote della regina, Carlo (Carlotto); molti valorosi uomini d’arme, tra i quali Caroccio (Caroccione) e Brasco da Raona. Il testo dialogato, di 124 versi, si articola in undici strofe (in cinque delle quali parla la regina e in altre cinque, alternativamente, un superstite della battaglia); queste comprendono a loro volta undici versi (nove endecasillabi e due settenari che rimano con il verso precedente), sono precedute da una terzina (ABB) e hanno lo schema metrico ACcDEFfDDBB, in cui la rima BB è ripetuta alla fine di ciascuna strofa, a confermare la struttura matematica della composizione.

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli