Descrive l’apparir de l’aurora e de la sua donna

TORQUATO TASSO

       

       Ecco mormorar l’onde
       e tremolar le fronde
       e l’aura mattutina e gli arboscelli,
       e sopra i verdi rami i vaghi augelli
5        cantar soavemente
       e rider l’orïente:
       ecco già l’alba appare
       e si specchia nel mare,
       e rasserena il cielo,
10      e le campagne imperla il dolce gelo,
       e gli alti monti indora.
       O bella e vaga aurora,
       l’aura è tua messaggera, e tu de l’aura
       ch’ogni arso cor restaura.


Parafrasi

Ecco il mormorio delle onde e il fremito delle fronde e l'aria mattutina e gli arboscelli, e sopra i verdi rami gli uccelli cantare dolcemente e l'oriente illuminarsi: ecco, già l'alba appare e si specchia nel mare, e schiarisce il cielo, e la fresca rugiada copre di goccioline simili a perle la campagna e illumina d’oro le cime dei monti. O bella e vaga aurora, l'aria ci annuncia il tuo apparire, e tu quello dell'aria che dà refrigerio a tutti i cuori riarsi (dalla passione d’amore).

Commento

Il madrigale, dalle Rime d’amore, è dedicato a Laura Peperara, la gentildonna mantovana amata negli anni 1563-67. Con ogni probabilità rivisto dopo la liberazione (1586), musicato a 5 voci da Claudio Monteverdi e pubblicato nel suo II libro di madrigali (1590), è uno dei pochi esempi tassiani di cui abbiamo una doppia redazione. In questa seconda versione, in settenari ed endecasillabi a rima baciata, con maggiore libertà dagli schemi petrarcheschi, si sperimentano forme manieriste. Nella contemplazione dell’alba che rasserena i cuori, come può fare l’amata (al cui nome allude il gioco di parole pertrarchesco l’aura/Laura), si realizza la melodiosa armonia dei suoni, delle luci e dei colori.
TORQUATO TASSO

TORQUATO TASSO

Torquato Tasso (Sorrento, Napoli, 1544 - Roma 1595) segue il padre Bernardo nel suo esilio; è alla corte di Urbino (1557-59), a Venezia, all’università di Padova (1560-62), a Bologna (1562-64), a Ferrara, al servizio del cardinale Luigi d’Este (1565) e del duca Alfonso (1572); ha già composto il poema cavalleresco Rinaldo (1562) e i Discorsi dell’arte poetica (1555-56). Del 1573 è l’Aminta, in 5 atti; nel 1575 è terminata la Gerusalemme liberata. Nel 1577, colpito da un grave squilibrio mentale, evade dal convento di San Francesco riparando a Sorrento e poi a Torino. Tornato a Ferrara, dopo una violenta crisi è rinchiuso per sette anni (1779-86) nell’ospedale di Sant’Anna, ove compone la maggior parte dei 26 Dialoghi, l’Apologia e molte delle circa 2000 Rime. Liberato, è a Mantova, ove compie la tragedia Re Torrismondo. Nel 1587 escono i Discorsi del poema eroico. Dal 1588, tra Roma e Napoli, scrive i poemetti Monte Oliveto e Il rogo amoroso. Nel 1590 è a Firenze, nel 1591 a Mantova; tra il 1592 e il 1594, a Napoli e a Roma, scrive il poemetto Le sette giornate del mondo creato, la Gerusalemme conquistata, le Lagrime della beata Vergine e le Lagrime di Cristo.

Scelta, parafrasi, commento e note bio-bibliografiche a cura di Gigi Cavalli