Affare

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affare


s. m. [da a fare, modellato sul fr. affaire, provenz. afar]. – 1. Cosa da farsi, faccenda, briga, cura (anche di cose di molta importanza): un a. urgente, importante, difficile, semplice; a. pubblici, privati; a. di stato (fig., anche di cose a cui si dà o si vuol dare eccessiva importanza: è inutile farne un a. di stato); a. interni, relativi all’andamento interno di uno stato, contrapposti agli a. esteri (anche assol.: gli esteri, gli interni; quindi, ministro degli A. esteri o degli Esteri); a. ecclesiastici, riguardanti le relazioni della Chiesa con i varî stati; e in senso più ampio: gli a. del cielo si reggono con leggi affatto dissimili da quelle che reggono gli a. umani (Beccaria). 2. Operazione economica, che comporta acquisto, perdita o trasformazione di ricchezza: a. in proprio, operazione commerciale o finanziaria compiuta con proprî mezzi e a proprio utile e rischio; a. in commissione, quella eseguita con mezzi e rischio altrui, e con diritto a provvigione; a. in partecipazione, operazione commerciale o finanziaria il cui risultato economico viene ripartito per convenzione fra due o più soggetti; movimento degli a., sinon. di attività economica; cicli degli a., cicli economici o fluttuazioni ricorrenti dell’attività economica; tasse sugli a., imposte indirette sugli a., ecc. In diritto, gestione di affari, assunzione spontanea di un affare patrimoniale da parte di un terzo, che agisce in sostituzione del titolare il quale si trova nell’impossibilità di provvedervi da solo. Nel linguaggio com.: trattare, concludere un a.; uomo d’affari; dedicarsi agli a., ritirarsi dagli a.; una bottega che fa affari, grandi a., buoni a., molti a., o che non fa affari, che fa pochi a.; un cattivo a., un’operazione svantaggiosa, e al contr. un buon a. (in questo secondo sign. anche assol.: è un a., hai fatto un affare). Gli a. sono a., vanno avanti a tutto, in quanto, dove si tratta d’interessi, i sentimenti e le altre considerazioni non hanno più importanza; è frase largamente proverbiale, spesso citata nella forma francese les affaires sont les affaires (che è anche titolo di una commedia di O. Mirbeau, del 1903, la quale causticamente ritraeva, nella figura di un uomo d’affari, la decadenza della società moderna, per la quale gli interessi pratici contano assai più che le ragioni del cuore). 3. a. Nella pratica giudiziaria, procedimento su cui il giudice deve portare il suo esame: ruolo generale degli a. contenziosi civili, degli a. civili non contenziosi, ecc. b. Sull’esempio del fr. affaire (v.), indica talora avvenimenti o casi giudiziarî o politici di grande risonanza: l’a. Dreyfus; l’a. Bruneri-Canella; l’a. Moro. 4. fam. Cosa, faccenda in genere: riuscire a convincerlo è un a. da poco, da nulla; sarà a. di poco, sarà cosa breve; se non torna nemmeno oggi è un a. serio; non è a. mio, non è cosa che mi riguardi; questo è affar tuo, è questione che devi risolvere da te; farsi gli a. proprî, badare a sé e non impicciarsi dei fatti degli altri; e in frasi esclamative, per accennare a difficoltà, impicci e sim.: affare serio!; è un a. di nulla!; un brutto a.! (iron. bell’a.!), di cosa che va o si prevede che andrà a finir male. Anche per indicare oggetti concreti, di cui non si ricordi lì per lì o non si voglia dire il nome: dammi quell’a.; posa quell’affare. 5. In locuz. oggi disus., condizione, stato: persona di alto a. o di grande a., di alta condizione sociale; donna d’alto a. con uomo di picciola condizione o per lo contrario uomo gentile con donna ignobile non ben si posson sotto il giogo del matrimonio accompagnare (T. Tasso); poco distante da quel paesetto, villeggiava una coppia d’alto a.: don Ferrante e donna Prassede (Manzoni); casa di mal a., gente di mal a., donna di mal a., v. malaffare. ◆ Dim. affarétto, affarino; spreg. affarùccio, affarettùccio, affarùcolo; accr. affaróne, affare assai vantaggioso, indovinato; soprattutto frequente il pegg. affaràccio, situazione incresciosa, faccenda seria, difficile, di esito assai dubbio: è un affaraccio; è stato (o sarà) un affaraccio convincerlo.

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