Ci¹

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ci1


ci1 pron. e avv. [lat. tardo hīce per hīc «qui»]. – 1. pron. pers. Si considera vera particella pronominale solo quando concorre alla declinazione del pron. pers. noi, come compl. oggetto (egli ci chiama = chiama noi) o come compl. di termine (ci sembra = sembra a noi); è indispensabile nella coniugazione dei verbi riflessivi o comunque pronominali, sia nella 1a pers. pl. (per es.: ci vestiamo, ci annoieremo, ci vogliamo bene), sia nella forma indefinita adoperata con valore di 1a pers. pl. (ci si veste, ci si annoierà, ecc.). In tutti gli altri casi, anche quando sostituisce un pron. dimostrativo, ci conserva la sua natura di avverbio. 2. avv. di luogo: a. Nel sign. originario, qui, in questo luogo, lì, in quel luogo, con verbi di stato o di moto: finalmente ci siamo; conosco bene il posto perché ci vado spesso; stampando loro in viso de’ bacioni, che ci lasciavano il bianco per qualche tempo (Manzoni); non di rado è pleonastico: non pensavo che in questo paese ci si stesse così bene; mi ci son trovato anch’io in questa situazione. Con valore locativo, è molto spesso unito al verbo essere, per significare l’esistenza di persone o cose o il trovarsi di queste in un determinato ambiente: ci sono moltissime specie di animali e di piante; c’è qualcuno in casa?; spero che ci sia pane per tutti; c’è ancora tempo; in locuz. particolari: c’è modo e modo; non c’è verso di fargli intendere ragione; c’è caso che non risponda; e in forme impersonali: prego, non c’è di che; c’è da prendersi un malanno; c’era da rompersi il collo. b. Da questo, da quel luogo (non com.): come farà ad uscirci?; Trasseci l’ombra del primo parente (Dante). c. Per questo, per quel luogo: ci passo spesso; ci corre sopra la ferrovia (dove peraltro l’idea del passaggio, dell’attraversamento risiede nel verbo, non nell’avverbio ci). 3. In locuz. verbali, con valore indeterminato: ci vuole, occorre: ci vuol altro!; mi ci vorrebbe un sacco di soldi; ci corre, passa differenza: ci corre da lui a te!; starci, essere d’accordo nel prender parte comune in un’impresa: io ci sto, credo che ci stia anche lui; è pleonastico invece in espressioni quali vederci, sentirci: non ci vedo bene; non ci sente da quell’orecchio. Largamente usato nel linguaggio fam. e colloquiale, in unione col verbo avere, con semplice valore rafforzativo, o quasi del tutto desemantizzato: che ci hai che non parli?; non ci abbiamo più un soldo; ci ho gusto; ci ho fame; ce l’hai l’ombrello? 4. Con funzione di pron. dimostrativo, riferito a cosa, equivale a ciò, quello, preceduto da preposizione: «di ciò»: ci avrei molto piacere; «a ciò»: non ci credo; non ci posso far nulla; «su ciò»: ci puoi contare; «da ciò»: quanto conti di guadagnarci?; e spec., conservando ancora il suo valore fondamentale, «in ciò»: non ci capisco nulla; io ci rimetto; che c’entro io?; non ci vedo chiaro. Riferito a persona, quando non mantiene in qualche modo il suo valore di avverbio locativo (come per es. nelle frasi: da loro io non ci vado volentieri; da quel ragazzo non ci si ricava nulla di buono), è corretto solo per significare «con lui, con lei, con loro», quando questi pronomi (o il nome della persona) sono già espressi o si possono facilmente sottintendere: con lui è tanto tempo che non ci vado più; ci discorreva già da un anno quando si sono fidanzati. È invece dialettale l’uso del ci nel senso di «a lui, a lei, a loro» (per es.: ci dissi, ci diedi, ci apro subito). ◆ Nella sua doppia funzione di pronome e di avverbio, ci è sempre atono, proclitico al verbo (come negli esempî già citati), o posposto come enclitico a ecco (eccoci) e ai verbi di modo infinito (che vengono troncati: sentirci, entrarci), participio (toltoci), gerundio (avendoci), imperativo (raccontaci); si antepone però di regola nell’imperativo negativo: non ci seccare, non ci andate. Unendosi a forme verbali tronche o monosillabe, subisce il rafforzamento sintattico: mostrocci (Dante, Inf. XII, 118), ridacci, stacci, vacci. Quando forma gruppo con altri pronomi atoni, si pospone a mi, ti, gli (mi ci metto, ti ci vuole, gli ci vorrebbe) e si antepone a si, se ne (ci si vede, non ci s’entra, noi ci se ne lava le mani). Davanti a lo, la, le, li, ne assume la forma ce: ce lo vedo, ce ne occorre; ce lo disse; mandatecelo; che ce ne importa?