Declinazióne

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declinazione


declinazióne s. f. [dal lat. declinatio -onis, der. di declinare: v. declinare]. – 1. L’azione, l’effetto e il modo del declinare, cioè del volgere verso il basso, in senso proprio e fig. In partic.: a. ant. Pendenza, inclinazione, declivio: la d. della catena montuosa verso la pianura. b. ant. Caduta: dopo la d. dello imperio romano (Machiavelli). c. In astronomia, una delle coordinate equatoriali che serve, insieme con l’ascensione retta, per determinare l’altezza di un astro sulla sfera celeste. d. In geofisica, d. magnetica, angolo che in un determinato punto P della Terra il piano meridiano magnetico forma col piano meridiano geografico; bussola di d. (magnetica), sinon. disusato di declinometro. e. D. di un orologio solare, angolo che il piano verticale dell’orologio forma con il «primo verticale», cioè con il piano verticale passante per i punti est-ovest. 2. In filosofia, il casuale spostamento degli atomi dalla linea verticale di caduta, ammesso da Epicuro per rendere possibile l’urto fra gli atomi, dal quale si generano i corpi; è la traduzione del termine gr. παρέγκλισις, che Lucrezio tradusse in latino (nel De rerum natura) con clinamen. 3. In grammatica, la flessione del nome e delle parti nominali del discorso (aggettivo, pronome), in contrapposizione alla coniugazione, che è la flessione propria del verbo (la denominazione deriva dal fatto che i grammatici antichi consideravano il caso nominativo come norma, rispetto alla quale le forme degli altri casi, dei casi obliqui, erano considerate «deviazione, flessione»); il termine si riferisce soprattutto alle lingue antiche e alle poche moderne nelle quali la flessione ha luogo mediante desinenze che si aggiungono al tema per esprimere il caso, oltre al numero ed eventualmente al genere, e più generalmente alle lingue nelle quali le desinenze sono limitate a distinguere il numero e il genere; ma per estens. si parla di declinazione anche per indicare il mutamento dei rapporti sintattici realizzato mediante l’accoppiamento di una preposizione e del nome (per cui si qualifica talvolta anche in italiano come «genitivo» dell’uomo, come «dativo» all’uomo, e così via). In senso più concr., il sistema chiuso per cui, dato un tema nominale, gli si attribuiscono tutte le desinenze proprie di quel sistema: così le d. in -us e -a del latino, in -ος e -α del greco; nella grammatica normativa, si parla inoltre spesso di 1a, 2a, 3a declinazione, ecc., facendo corrispondere ciascuna di queste a un determinato sistema chiuso. Anche per la lingua italiana si parla talvolta di declinazione in -a, in -o, in -e (o 1a, 2a, 3a d.), spec. con riferimento alla riduzione delle cinque d. latine alle tre d. italiane.